Overtourism e manipolazione di massa

Sono anni che l’Agenda 2030, con una narrazione mediatica i cui schemi sono ormai consolidati, ci impone chi votare, come pensare, che auto usare, che casa avere, come pagare, come curarci. A questa lista di restrizioni alle libertà individuali si è aggiunto il come muoverci e come viaggiare. I big che ci comandano hanno già pianificato il nostro futuro, naturalmente avendo a cuore il nostro bene. Sul banco degli imputati? Il turismo: ha infatti tutti gli ingredienti per andare di traverso ai globalisti/comunisti: inquina, quindi turba la lotta al cambiamento climatico, mette in contatto persone di culture diverse, quando sappiamo che loro ci vogliono a casa a subire l’indottrinamento mediatico, con libera uscita di 15’ nelle smart city eco-bio-green sostenibili, ma, soprattutto, arricchisce i privati e i piccoli imprenditori.

E questo no, il progressista non lo può proprio tollerare. Il privato che non vuole stare zitto e resiliente, ma si ingegna, alza la testa e crea nuove attività (gestione di casa vacanze, ristorazione e servizi per i turisti) va contrastato, additato come immorale: non a caso si comincia a parlare di turismo etico. Questi nuovi imprenditori portano a compimento la lezione di Adam Smith, per cui non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio e del fornaio che ci aspettiamo il nostro desinare, ma dalla considerazione del loro interesse personale. Ma intanto i grandi della finanza alzano l’asticella: non è più tourism, ma overtourism. Da mesi è partita una campagna incessante secondo la quale le città italiane e europee sarebbero invase da orde di turisti, dipinti spesso come rozzi e vandali, con un impatto tale da minare l’identità dei centri storici e essere causa del caro affitti.

Ovviamente c’è un fondo di verità: non siamo più negli anni Ottanta, quando a viaggiare erano solo italiani, francesi, americani e giapponesi: si sono aperti nuovi mercati, in primis est Europa e Asia, grazie anche alle compagnie aeree low cost. Che la campagna sia ideologica, pretestuosa e parte del programma di indebolimento del ceto medio, lo si evince da quattro palesi contraddizioni:

1) Chi condanna la presunta overdose di turismo di massa , ritenuto di bassa qualità, è proprio quella sinistra chic che dovrebbe essere contenta che più viaggiatori di fascia bassa possano visitare il mondo, usufruendo dei bassi prezzi delle case vacanze e delle compagnie aeree;

2) La stessa sinistra articola la narrazione su due piani: da un lato evidenzia l’invivibilità delle località vacanziere travolte da quei cattivoni dei turisti, dipinti come barbari, quando invece andrebbero accolti perché vengono a ammirare il nostro Paese e non rapinati con l’imposta di soggiorno. Dall’altro rileva che le città sono vuote e che gli italiani non viaggiano più perché senza soldi. Un corto circuito propagandistico costruito per attaccare l’attuale governo Meloni;

3) I maggiori responsabili del degrado e della perdita di identità dei nostri centri storici non sono i turisti ma quegli immigrati che, ad esempio, a Roma, in zone centrali vicino alla stazione deturpano quartieri storici, tra l’amarezza dei proprietari di bed and breakfast, costretti a abbassare i prezzi e subire le lamentele dei turisti stessi, tra rapine e degrado. Di questo però i progressisti non parlano;

4) L’ipotesi di centri a numero chiuso potrebbe valere per Venezia, vista la sua unicità: ma gli squadroni antiturismo hanno già imposto un labirinto di leggi, tra cui l’istituzione del famigerato codice Cin, che vietano di affittare a turisti per più di due notti in tante città italiane, anche a basso impatto turistico.

In conclusione, saremmo tentati di accettare che, se il comune ti impedisce di fare locazioni brevi a turisti dovrebbe compensarti con uno stop all’Imu e a altre tasse, ma i liberali classici non si accontentano di questo. La proprietà privata è un diritto naturale, ognuno a casa propria affitta a che ritiene giusto, e la libertà di movimento e di circolazione è sacra: tanto semplice, tanto democratico, tanto osteggiato da quel sovra-Stato pianificatore chiamato Unione europea. Non conta più il mercato con la legge della domanda/offerta, il turismo non s’ha da fare, così decisero Don Abbondio da Bruxelles e i bravi di Davos.

Aggiornato il 25 agosto 2025 alle ore 10:39