
L’inchiesta milanese su urbanistica e appalti che coinvolge il sindaco Giuseppe Sala trascende la dimensione giudiziaria per aprire una riflessione più ampia sui limiti strutturali della gestione pubblica e politica nelle democrazie liberali contemporanee.
Come osserva acutamente Serena Sileoni nel suo articolo su La Stampa “Giustizia, sviluppo e troppa burocrazia”, l’Italia è un Paese ingessato dalla moltitudine di norme e dalla complessità burocratica che paralizza l’azione pubblica e privata. In questo dedalo normativo, l’innovazione e la semplificazione diventano pratiche ad alto rischio penale.
In un post su X, Marco Cantamessa ha sintetizzato efficacemente questo paradosso: un operatore economico può violare il diritto penale semplicemente aprendo un dialogo con l’amministrazione per ottenere un “via libera” amministrativo dopo un iniziale diniego.
A questo riguardo, il dibattito teorico trova un punto di riferimento nell’analisi di Hans-Hermann Hoppe. Come hanno illustrato Raimondo Cubeddu e Carlo Lottieri durante la presentazione del libro “Democrazia: il Dio che ha fallito” organizzata dall’associazione Lodi Liberale, la democrazia liberale ha tradito – almeno parzialmente – la sua promessa fondativa di espansione della libertà individuale, imbrigliando cittadini, imprenditori e amministratori della res publica in una rete sempre più fitta di lacciuoli amministrativi, cortocircuiti burocratici e regolamentazioni eccessive.
Durante la stessa presentazione, Andrea Venanzoni ha identificato una connessione teorica significativa tra la critica paleo-libertaria del discepolo di Murray Rothbard – Hoppe – e le teorie accelerazioniste sviluppate da pensatori come Nick Land e abbracciate da figure come Elon Musk, Peter Thiel, Marc Andreessen e Alex Karp, tra gli altri. Entrambe le correnti convergono in una diagnosi radicale: le forme politiche democratiche attuali sono strutturalmente inadeguate alle dinamiche della complessità contemporanea.
L’accelerazionismo potrebbe offrire una strategia di uscita dalla paralisi democratica attraverso l’innovazione tecnologica e istituzionale che “bypassa”, piuttosto che riformare, le strutture burocratiche esistenti che si rifanno ancora a logiche novecentesche. Nel labirinto kafkiano dove la burocrazia democratica tradizionale si trasforma sovente in un freno allo sviluppo, all’innovazione e all’iniziativa personale, l’accelerazionismo rifugge dal proporre riforme incrementali che “semplicemente” aggiungerebbero complessità alla complessità.
Le sfide per trasformare un sistema che ha perso la capacità di adattarsi alla velocità del cambiamento contemporaneo sono molteplici e vanno dallo sviluppo di forme di governance che sappiano coniugare accountability democratica e efficienza decisionale alla costruzione di spazi di sperimentazione istituzionale dove l'innovazione possa dispiegarsi agilmente.
Aggiornato il 21 luglio 2025 alle ore 10:46