
La recente inchiesta della magistratura che sta terremotando Palazzo Marino, al di là degli aspetti giudiziari e posto che il principio di presunzione d’innocenza vada ripetuto (soprattutto in Italia) più volte al giorno a mo’ di mantra, pone un interrogativo sul “modello Milano” di ordine politico, culturale e civile. In tal senso, l’azione intrapresa dalla procura potrebbe essere l’occasione (al netto delle polemiche) per dare vita a una riflessione critica sui percorsi di modernizzazione seguiti fin qui da una città moderna, veloce, aperta all’Europa. Non vi è dubbio alcuno che per mezzo di tali processi si è affermata una realtà dinamica proiettata nel mondo e in grado di attrarre capitali stranieri in una dimensione mai registrata in passato. Tuttavia, qualcosa non funziona.
La verità è che accanto a una città presentata come una vetrina luccicante, vi sono nascoste, ma visibili a un occhio meno distratto, non poche opacità. Infatti, negli ultimi anni interi quartieri sono stati sottoposti a una vera e propria rigenerazione, seguendo logiche di mera valorizzazione immobiliare a discapito della coesione sociale e del diritto di abitare. Un approccio che ha privilegiato le rendite e gli investimenti speculativi, mentre venivano espulse fasce crescenti di popolazione dal mercato abitativo. Nel migliore dei casi ci si è trovati confinati ai margini della vita urbana. Non si vuole qui mettere in discussione la necessità di attrarre nuovi capitali e risorse indispensabili in un sistema di mercato aperto.
Il vero nodo, come ripeteva un grande architetto finlandese, Alvar Aalto, riguarda il “come si cresce, per chi si cresce e a quale prezzo per la democrazia”. Il rischio che oggi corre Milano è quello di diventare il paradigma di uno sviluppo urbano che alimenti intollerabili diseguaglianze e che promuova un sistema poco trasparente, per non dire illegale, nelle relazioni fra politica, affari e Amministrazione comunale. La città che storicamente fu il centro del socialismo umanitario non può permettersi di dimenticare che lo sviluppo e l’efficienza sono due scatole vuote, se non vengono accompagnate dal rispetto sia delle leggi che degli equilibri sociali di una comunità.
Aggiornato il 18 luglio 2025 alle ore 10:30