
Le scaramucce giudiziarie tra Matteo Renzi e Alessandro Maiorano sono diventate per i fiorentini una sorta di canovaccio teatrale, da raccontare in salotto come ai turisti: un po’ come le storie di Don Camillo e Peppone contese da una decina di Comuni tra Parma e Reggio Emilia, come un vino Doc che già sui confini ferraresi e modenesi non ha più ragione d’esistere. Soltanto che Firenze potrà un domani certificare che di Maiorano e Renzi c’è certezza storica, politica e giudiziaria, tutto quello che si racconta s’è davvero consumato all’ombra di Palazzo Vecchio. Mentre i vari Comuni del polesine emiliano ai confini col Veneto continueranno a contendersi la potestà sulle vicende di Don Camillo e Peppone: ci sarà sempre chi dirà si tratti del prete cattolico Don Camillo Valota, chi di Don Ottorino Davighi che da parroco anticomunista del Polesine parmense rivelava a Guareschi le santabarbare rosse, altri con certezza e sicumera indicheranno Don Giovanni Bernini parroco di Mezzano Inferiore che dell’inondazione del Po’ diede vari particolari allo scrittore di Fontanelle di Roccabianca. Non mancherà mai il rebus emiliano sul sindaco comunista, che con Renzi non ha nulla in comune: quel Peppone forse sarà stato davvero Giovanni Faraboli? Quello che da socialista sposava dopo il ‘45 la falce e martello, e a ogni nascita nel suo paesello s’augurava: “È nato un nuovo compagno!”. Sta di fatto che, come per i personaggi di Guareschi, anche gli scontri tra Matteo Renzi e Alessandro Maiorano hanno incuriosito editori e produttori cinematografici: così dopo vari libri, fumetti e racconti è arrivato il produttore televisivo Enrico Ciampalini a farne un docufilm. Chissà se Renzi presterà il suo volto per futuri episodi o dovranno ricorrere ad attori che vagamente vi somiglino. Intanto Maiorano rivendica la paternità dell’opera letteraria: “Tutto merito di oltre una dozzina di miei libri e fumetti, dal ‘Il Bandito di Firenze’ agli ‘Amici miei di Firenze’ fino a tutti i miei racconti su Palazzo Vecchio”.
Intanto il professor Carlo Taormina tira una boccata di sospiro: “Finalmente è finita…Alessandro Maiorano e Matteo Renzi hanno fatto pace”. Nel frattempo, leggiamo sulle agenzie che l’ex premier (Matteo Renzi) ha lasciato Piemme di Mondadori in polemica con Pier Silvio Berlusconi. Mentre il Foglio titola “Un’opposizione c’è. Si chiama Matteo Renzi”, mentre il Riformista scrive che tra “Calenda e Renzi torna il dialogo, il Terzo Polo è almeno all’8 per cento (ma per Meloni può valere il doppio)… Calenda smentisce l’asse con FdI e invita Renzi a un suo evento”.
Taormina non nutre dubbi e afferma: “Alessandro Maiorano ha fatto pace con Renzi nel momento più propizio…il leader di Italia Viva non è assolutamente morto politicamente, sta aspettando il momento buono per tornare a fare l’ago della bilancia…è un vero politico e non s’asterrà mai dai giochi”.
Le scaramucce giudiziarie tra Alessandro Maiorana e Matteo Renzi hanno di fatto impregnato i muri della città di Firenze, che di duelli per le sue strade ne ha visti davvero tanti. Parlando con la gente di strada emerge che tutti sanno, soprattutto senza aver mai letto ma tutto orecchiato. Qualcuno ci gioca pure sopra ridacchiando: “Maiorana e Renzi sono fatti come una volta…hanno la fissa della Topa Leopolda”. Ma raccontala giusta, irrompe la nerboruta moglie d’un bottegaio: “La Leopolda è un convegno politico ideato da Matteo Renzi che si svolge ogni anno in autunno a Firenze alla stazione Leopolda… non ci meraviglieremmo se quest’anno venisse invitato anche Alessandro Maiorana”. Tra Renzi e Maiorana corrono dodici anni di differenza, ma chi li conosce giura che appartengano mentalmente alla stessa generazione. Ma chi sono per lei Matteo Renzi e Alessandro Maiorano? Il dantesco bottegaio ribatte senza tentennamento alcuno: “Il primo è un de’ Medici redivivo, il secondo è il suo parente bandito Giovanni delle Bande Nere, anche lui un de’ Medici…i due non si sono capiti per tempo”. Ma Alessandro Maiorano è davvero un bandito? Renato Vallanzasca è stato il più lucido cultore dell’arte banditesca che, secondo lui, si rappresentava in tutta la sua purezza nella “ligera milanese”, e sottolineava: “Al bandito non interessano solo soldi o le ricchezze, amare belle donne e fare la bella vita… il bandito vuole innanzitutto la rivalsa in pubblico, dimostrare alla comunità che ha umiliato chi un tempo lo offendeva”. Maiorana aveva condensato questi strali su Matteo Renzi, contro il consenso borghese di cui godeva Matteo Renzi, incarnava tutto ciò che più detestava.
L’ACCUSATORE ACCUSATO
In ben più d’un decennio, Maiorano s’è trasformato nel caso Renzi da accusatore a “sorvegliato speciale”. Maiorano, che dal 1979 al 2017 aveva lavorato al protocollo d’un importante ente fiorentino, è stato per qualche decennio al centro delle indagini di varie Procure italiane, spesso considerato dalla stampa l’uomo più temuto da Matteo Renzi. I detrattori di Maiorana, perbenisti d’estrazione e renziani per caso e al momento, si domandavano come mai il Comune di Firenze avesse al suo interno Maiorana, e mai come Renzi avesse scalato il potere. Maiorano ne soffriva non poco, e confessa nei suoi scritti d’aver subito queste offese fin da bambino. Un po’ come Totò che asseriva: “Iil caporale ha sempre la stessa faccia”. Alessandro è un ragazzino nato a San Casciano in Val di Pesa, cresciuto timido ed impacciato per le difficoltà economiche dei genitori, ma aiutato dalle “ziette benefattrici” e sempre vicino a sua madre Graziella. Alessandro nasce in pieno boom economico degli anni ‘60, allora l’Italia era anche quel paese provinciale dove necessitava ostentare ricchezza per godere della considerazione sociale. È in tenera età che l’uomo forgia il carattere che sarà, portandosi dietro le mai lenite cicatrici dell’anima. Si rischia così di venire al mondo umiliati e offesi, come nel romanzo di Dostoevskij che descriveva la decadenza di tutto il suo tempo: la stessa accusa che l’umiliato Maiorano lancia contro la decadente classe dirigente italiana, contro la corruttela del salotto bene. Perché la storia del ragazzetto biondo di San Casciano in Val di Pesa sembra davvero sortire da un violento romanzo romantico francese o da una novella di Dickens. Anche Alessandro cresce come Vanja di “Umiliati e Offesi”, figlio adottivo delle sue ziette. Le vicissitudini di Alessandro, come per un personaggio di Dostoevskij, culminano in un devastante processo: conseguenze imperdonabili per il rigore morale, per quel senso dell’onore che caratterizza la figura del “bandito”. Maiorano è di fatto, fin da piccino, umiliato e offeso dagli avvenimenti della vita, dalle persone che lo hanno ferito nei sentimenti e nell’orgoglio. Un personaggio semplice che, causa i tanti ostacoli, s’è incamminato nella vita in una non precisa direzione, a volte barcollando come tanti umiliati nell’esistenza. La crudeltà in chiaroscuro fa spesso capolino nella memoria di Maiorano, quando ripensa a sua madre che non aveva i soldi per comprargli un cappottino.
TESTIMONIANZE FIORENTINE
“Maiorano non lo definirei un bandito, piuttosto un ribelle. Era arrabbiato con Renzi perché il golden boy di Italia Viva era sorridente con la gente importante − esclama un fiorentino che conosce bene entrambi −. Alessandro ha ancora rancore verso la bella gente. Io lo ricordo bimbo, timido e impacciato, sempre per mano alla sua bella mamma Graziella. La donna aveva amore smisurato per quel bimbetto. Il padre e la madre guadagnavano poco con i loro impieghi, e se non ci fossero state le ziette ad aiutarli per loro sarebbe stato tanto difficile. Alla gente arrogante e con i soldi ha sempre dato gusto offendere il prossimo in difficoltà − sottolinea il fiorentino −. Io lo dicevo ai bottegai di non offendere i genitori di Alessandro: ma quelli niente, ridevano usando termini brutti. Il bimbo notava tutto da dietro i suoi occhialetti a fondo di bottiglia. Un bel giorno disse alla madre piangente che l’avrebbe fatta pagare a quei bischeri con le botteghe. Mi ricordo come fosse ieri quel giugno del 1981, sembrava di vivere un film − continua il fiorentino − Alessandro si presentava in piazza con una Porche Targa gialla vestito come un boss: a tutta velocità l’andava ad inchiodare sulle ginocchia del ricco commerciante, quasi a metterlo sotto. L’uomo s’andava subito a rintanare dentro al suo negozio. E Maiorano dietro, a gran voce gli ricordava d’aver umiliato la sua mamma, dicendole che non aveva i soldi. Una furia! Arrivarono lesti i Carabinieri che bloccarono Alessandro. Da lì una sorta d’ascesa criminale: denunce, fermi di polizia, processi, perquisizioni, accuse di reati vari”.
Mentre Maiorano cercava rabbiosamente la rivalsa sociale, Matteo Renzi veniva dal babbo portato per mano in Azione cattolica e quindi a fare lo scout per poi risultare il più giovane tesserato nella storia della Democrazia Cristiana. “Me lo ricordo, ne parlavamo nei bar: dicevamo ‘ma guarda quel ragazzetto, con ancora i pantaloni corti tira fuori dalla tasca la tessera Diccì come fosse una licenza di caccia’…ha dimostrato avere le idee chiare” chiosa il fiorentino. E i due vivono diversamente anche episodi cruciali della loro città. Il 10 febbraio del 1986, l’allora sindaco di Firenze Lando Conti viene barbaramente ucciso da un commando delle Brigate Rosse. Si racconta che la famiglia Renzi sia tutta andata al funerale a fianco dei maggiorenti dell’allora Scudo Crociato. Ma circa tre anni dopo, a luglio 1989, gli uomini della Digos fermavano il giovane Alessandro Maiorano all’uscita dal lavoro, presso l’economato del Comune di Firenze, nei pressi del Piazzale del Re di Parco delle Cascine. Erano più di venti uomini, e puntavano i mitra verso Maiorano, perquisivano nel dettaglio la sua Renault 5 Turbo. Trattenevano quel ragazzo dal volto di puttino mentre entravano negli uffici dell’Economato di Palazzo Vecchio, presentando al dottor Ferrati (il dirigente) un mandato di perquisizione dell’interna struttura pubblica. L’accusa contro Alessandro era terrorismo. Il giorno dopo gli stessi uomini si recavano a Prato, in via Strozzi 68, dove Maiorano risiedeva con la giovane moglie e il figlio Alberto di tre anni, per l’ennesima perquisizione. Portavano via Maiorano in arresto, mentre l’anziana vicina si premurava di badare al piccolo Alberto. Maiorano veniva accusato d’aver fornito informazioni sugli spostamenti di Lando Conti al commando delle Brigate Rosse. È un incubo, qualcuno aveva volutamente calunniato Alessandro. È anche l’inizio della storia dell’uomo più perquisito di Firenze negli ultimi quarant’anni. Un ragazzo con la faccia d’angioletto che i pubblici ministeri consideravano il classico bandito insospettabile.
Ma i guai Maiorano se li cerca o li attira? “Non lo so, non so come rispondere” ribatte il professor Taormina. Per un po’ di tempo tutto sembrerebbe scorrere tranquillo, ma un fiorentino conosce bene quelle acque e ci dice che dell’Arno non c’è da fidarsi, che di punto in bianco fa mulinelli o diventa tumultuoso. Infatti, con l’ascesa di Matteo Renzi iniziano nuovi guai per Maiorano. “Il ragazzo non sa farsi politicamente i fatti propri”, commenta l’anziano bottegaio. Riprendo con più forza perquisizioni a carico del dipendente comunale, e con più di cento poliziotti impegnati solo per lui. Matteo Renzi sta assurgendo ad astro della politica italiana, saltando dal Comune al vertice del Pd e poi del Governo italiano. Maiorano viene etichettato dalla Digos tra le minacce alla sicurezza di Renzi, e dal carcere Renato Vallanzasca applaude “Alessandro Maiorano è uno di noi…è un amico”. Più gli davano la caccia e più lui si divertiva: chilometri di intercettazioni telefoniche solo per Alessandro, un eroe, un sorvegliato speciale: Ma a contenerlo provvedeva l’avvocato Carlo Taormina: “In quasi sessant’anni di carriera mai nessuno come lui…ha la passione per finire bei guai”. Sta di fatto che, in capo ad Alessandro Maiorano, sono state scritte sei mila pagine di provvedimenti giudiziari, alcune indagini sono state addirittura coperte dal segreto di Stato, e in tre occasioni gli è stato riservato lo stesso trattamento dei sospettati di terrorismo o di crimini inverecondi. Va detto che le anomalie della giustizia italiana non sono nuove a creare mostri dal nulla. Così c’è chi ha cavalcato Maiorano come principale accusatore di Renzi e chi, usando il potere giudiziario, ha ritenuto di dover difendere l’ex Presidente del Consiglio dalla documentazione diffusa dal dipendente del Comune. Controversie che vedono intrecciarsi vicende di natura privata ed atti pubblici. Con la Guardia Di Finanza a caccia di eventuali “spese pazze” a Palazzo Vecchio, come d’intrighi del cosiddetto “Giglio Magico fiorentino”. I libri e i fumetti (come “Il Diavolo e l’Acqua Santa”) di Maiorano hanno preoccupato magistrati e Firenze bene, ognuno ha cercato di leggere tra le righe temendo di riconoscersi. Oggi sia Renzi che Maiorano sono liberi e raccontano, si agitano, e le loro vicissitudini sono entrate nella memoria collettiva fiorentina come Don Camillo e Peppone.
Aggiornato il 16 luglio 2025 alle ore 10:54