
Fin dove arriva la sovranità in materia economica dei Paesi membri dell’Unione europea? La domanda è più che legittima all’indomani dell’arrivo a Roma della missiva della Direzione generale Competition con la quale, tramite la formula dubitativa e apparentemente neutra de “il decreto sul Golden power può violare le regole”, in realtà viene messo in discussione il potere di uno Stato sovrano di tutelare il proprio interesse nazionale. Nella fattispecie, la serie di richieste vincolanti che il governo ha posto a Unicredit in relazione alla offerta pubblica di scambio su Banco BpM.
Il problema alle radici di questa, a nostro avviso, invasione di campo della tecnocrazia europea – longa manus di una Commissione la cui presidente gode della fiducia di appena la metà esatta dell’Europarlamento – è un’Unione pasticciata. Esiste una Unione monetaria senza che ci sia una Unione dei mercati bancari e dei capitali né del fisco. Attualmente però il diritto comunitario prevede spazi di sovranità economica nazionale in caso di interessi strategici in ballo. Quali il governo italiano vede nel caso l’operazione andasse in porto. Di conseguenza, quali sono le carte in mano alla Dg Competition? Al di là delle motivazioni politiche esiste una motivazione tecnica che indubbiamente mostra la correttezza delle richieste governative. Le banche rivestono un ruolo strategico in quanto svolgono funzioni di pubblica utilità, a cominciare dalla tutela del risparmio e dalla erogazione del credito. E godono per queste due funzioni della garanzia pubblica, quindi dello Stato attraverso il governo, alla fonte della fiducia di cittadini e imprese.
Un’operazione bancaria straordinaria mette senza dubbio in discussione questo assetto. E non può essere interpretata come arbitraria una richiesta che tenda a fare chiarezza e a evitare sorprese. Senza una marcia indietro rispetto all’assurdità di uno stop all’iter del Golden power, l’Ue rischia di brutto in un momento nel quale la fiducia nelle istituzioni europee (con le quali l’Europa unita ha poco o punto a che fare) è già ai minimi termini perfino all’interno della espressione massima della volontà popolare continentale, l’Europarlamento. Tanto più se dovesse guadagnare terreno (e già tanto ne ha guadagnato) l’idea che Bruxelles abbia parlato a nuora perché suocera intenda. Vale a dire, si sia mossa a favore di una grande istituzione finanziaria (e contro un legittimo governo) per intimorire altri Paesi che volessero tutelare i propri spazi di sovranità nei confronti di soggetti appartenenti a mondi, come quello della finanza, che si credono insindacabili. E che tali, forse, sono ritenuti anche dai tecnocrati alla guida effettiva della Ue.
Aggiornato il 16 luglio 2025 alle ore 10:36