Riarmo e infantilismo politico

Ad ascoltare la politica e lo schieramento della grande comunicazione sul riarmo europeo (il più delle volte perfino divertente, tra strateghi, esperti di geopolitica più di politicume che di geo, militaristi laici, storici, se fosse possibile, più del futuro che del passato) abbiamo l’impressione di sedere ad un tavolo di Risiko. Se poi si aggiungono generali e ambasciatori esperti di tanti comandi, di tutti i quadranti e di svariate dormienti Ambasciate, si ha la certezza di un ampio settore dopolavoristico impegnato e convinto di un politicamente corretto, biunivocamente corrisposto con l’area della politica, non per i foscoliani amorosi sensi, ma per un’interessata retorica e stimolanti futuri privati. Tralasciando il faceto, proviamo a insistere sul politicamente scorretto, su uno scenario che non parte dal ridicolo, che ne è solo terra di mezzo, ma muove da un profondo mutamento e, purtroppo, può rischiare di evolversi in tragedia. L’estremismo, scriveva Lenin nel 1920, è malattia infantile del comunismo, oggi potremmo dire che l’irresponsabilità è la malattia infantile di un inconcludente europeismo e dell’estesa dirigenza continentale. Ma come siamo arrivati a questo? Ma come è potuto succedere che, trascorso il tempo dei significativi leader europei del primo ma anche del secondo dopoguerra, una sonnolenta politica dall’inizio del secolo abbia partorito una dirigenza europea portata alla favella, anche non collimante, con l’inesistente concretezza di parte dello scenario planetario? L’interesse per la politica estera, negli ultimi decenni, tra un chiacchiericcio e l’altro si è risolto a somma zero.

La Francia, ad esempio, con l’indipendenza di una quindicina di Paesi africani nel 1960 e quella algerina nel 1962, ha vissuto il tramonto del suo impero coloniale, in ricordo di una modesta e passata grandeur, ha cercato di mantenere una presenza, anche militare, in alcune zone del Sahel dal Mali al Niger, al Burkina Faso, impegno del tutto fallito nell’ultimo triennio, con il ritiro di altri contingenti tra cui quello italiano. Un esito che gli attuali strateghi europei, pronti ad inviare truppe in Ucraina, farebbero bene a considerare. Francia Gran Bretagnapoi, non sono stati estranei al caos che tuttora sussiste nella regione dei Grandi Laghi. Questo dovrebbe indurci a valutare i due imperi coloniali per le loro strategie complessive. Evidenziamo che le Nazioni non offrono sempre i Winston Churchill gli Charles de Gaulle e il ministro Guido Crosetto non è il generale Armando Diaz, Giorgia Meloni non è Alcide De Gasperila segretaria del Pd non è e non conosce Antonio Gramsci. E allora il riarmo. Intanto è bene ricordare che la spinta verso un incremento delle potenzialità militari nasce in sede Nato immediatamente dopo l’inglorioso abbandono dell’Afghanistan nel 2021. Una coalizione di fatto allo sbando! da qualche anno andavamo raccontando la ridondanza d’immagine di un organismo a cui non corrispondevano chiarezza di missione e lucidità strategica; per una volta, eravamo d’accordo con il lesto Emmanuel Macron che sentenziò “lo stato di morte cerebrale” dell’Alleanza. Bisognava, allora, praticare una respirazione polmonare, intervento che si realizzò nel giugno 2022 nel vertice Nato a Madrid, in cui fu approvato il documento Strategic Concept sul futuro della coalizione, in cui la Russia, nella versione dello stesso tipo di documento nel 2010 riconosciuta come “partner strategico”, venne classificata come “la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza e alla pace degli Alleati e alla stabilità dell’area euro-atlantica”. La Cina, neppure menzionata nel 2010, nel documento di Madrid viene citata “per le sue politiche ambiziose, rappresenta “una sfida ai nostri interessi, alla nostra sicurezza”.

Al di là del potenziamento di armamenti e risorse umane da dispiegare sui confini orientali, la costituzione di reparti di allerta rapida con 300mila uomini e tant’altro fu l’aspetto principe per una nuova connotazione della stessa Alleanza Atlantica. Lasciamo la parola al bellicoso Stoltenberg: La Nato non si amplierà nell’indopacifico ma di certo farà di più in quell’area, sempre più cruciale per le sorti del mondo”. In altre parole significa che la Nato, alleanza non più solo difensiva dello scacchiere occidentale, potrà essere coinvolta in una futura contrapposizione globale. Non un primo ministro, non un ministro degli Esteri o della Difesa avvertì il mutamento della stessa natura dell’Alleanza, figuriamoci, l’Italia rappresentata da Mario Draghi, Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini – superfluo il commento. L’informazione di qualsiasi parrocchia, praticamente assente. Dopo 73 anni, la Nato cambia missione e nessuno l’avverte, visioni politiche inesistenti, la situazione del pianeta ai posteri. Che strano quest’Occidente, misericordioso, proteso verso il bisogno, afflitto per il sole che scotta, preoccupato per tutti e tutto ma non per l’Umano in un Pianeta in armi. Allora, il canto a Giorgio Gaber: “Com’è bello occuparsi dei dolori di tanta, tanta gente dal momento che in fondo non ce ne frega niente”.

Nel luglio del 2022 scrivevamo che la strategia Nato non era rapportabile solo al conflitto russo-ucraino del tutto secondario rispetto all’obiettivo principe dell’Amministrazione democratica Usa. “La Cina e il suo rapporto con la Russia rappresenta la sfida del futuro: non occorre essere veggente per comprendere verso quale futuro si avvia il mondo. L’infantilismo della politica non è stato appannaggio solo del comunismo, è anche il frutto della non comprensione degli Stati Uniti della loro stessa politica estera. Il riarmo e la strategia delle alleanze, naturalmente, non sono solo di pertinenza occidentale, altrimenti la pericolosità non sarebbe a questi livelli, la Cina e i suoi alleati muovono velocemente verso un riequilibrio di forze, e quindi verso una disputa per la leadership planetaria”. Riportandoci all’oggi, successione di un indicativo passato prossimo, non ci occuperemo dei costi del riarmo, non è il nocciolo del nostro ragionamento, anche se avessimo qualche centinaio di miliardi per soddisfare, ricordando Hannah Arendt, la banalità del nostro male, il nostro pensare rimarrebbe ciò che è da pensarsi. In tutti i casi, a far quadrare i conti del nostro impegno finanziario siamo nelle mani della politica che, con il suo bizantinismo, sarà in grado di addebitare al riarmo il costo per l’Operazione strade sicure prorogato fino al 2027 con l’impiego di 6.635 militari in Servizio permanente effettivo (fatto di chiacchiericcio, interrotto dal passaggio di qualche interessante signora).

Per credere, osservare una loro postazione per 15-20 minuti. Anche la costruzione del ponte di Messina, si dice, potrebbe rientrare nel budget del riarmo e quindi necessario per la difesa da possibili invasioni. Perché tanti politici strateghi? A parte casi patologici quale quello dell’estone Kaja Kallas, alta rappresentante dell’Ue per gli affari esteri, che continuamente ci ricorda che siamo già in guerra con la Russia. Il ritorno di Donald Trump per l’Europa ha significato una diversa strategia nei confronti della Russia, anche se l’Amministrazione democratica e quella repubblicana in comune hanno chiaro che in un prossimo futuro, a cominciare dal problema Taiwanil nodo cinese verrà al pettine. I democratici avevano avviato il percorso puntando su un potente indebolimento russo a seguito del conflitto ucraino, in piena concordia con gli ambienti globalisti, con la finanza internazionale d’ispirazione fabianacon potentati alla George Soros che da decenni predica e si adopera per lo smembramento della Russia in quanto società chiusa e Vladimir Putin, personaggio distopico. La visione trumpiana, invece, mira ad affievolire il rapporto Russia-Cina a favore di relazioni, almeno, di buon vicinato con i primi: impostazione questa che indebolendo il fronte ucraino ha prodotto una crisi profonda, in quanto esistenziale, dell’Europeismo e del futuro dei suoi leader, sostanzialmente in sintonia con i democratici statunitensi.

Una sensazione scioccante si è diffusa a Bruxelles e nelle cancellerie europee, in effetti il padre non è più, gli orfani per riprendersi dal lutto necessitano che il progetto, cioè il loro operare, continui. Allora il sollecito Macron si autoinveste coordinatore di un europeismo militante supportato da Keir Starmer e Friedrich Merz. Scavalcata Ursula von der Leyen, progettano l’invio in Ucraina di volenterosi, non combattenti, in brigate anglo-francesi. Summit e riunioni continue con svariati tentativi d’inserimento nel triangolo Donald Trump, Vladimir Putin, Volodymyr Zelensky per sedere al tavolo delle trattative per la Pace. Insuccesso su tutto il fronte, il tutto rientra. Trump, in compenso, ha ottenuto che la spesa per la difesa degli alleati Nato sia il 5 per cento del Pil, obiettivo da raggiungere entro il 2035. Ancora un’iniziativa dell’uomo del clan Rothschild, con una telefonata a Putin, dopo tre anni di silenzio riapre, inaspettatamente per i suoi alleati, il rapporto con il Cremlino. Sindrome dell’escluso? Certamente, unita alla convinzione che un incontenibile attivismo sia propedeutico ad una leadership continentale nel 2027, termine del suo mandato presidenziale, in vista del rinnovo delle cariche europee nel 1929.

Questo il prossimo cammino del francese, parallelo a quelli di alcuni primi ministri che aspirano a poter credere ad un’Europa protetta dallo scudo Nato, rinforzata militarmente, dignitosa diplomaticamente, temuta politicamente. Infantili ingenuità, qualsiasi riarmo non è certezza per queste aspettative e dell’arrivo del Signor Godot. Andiamo, gli Usa e in minor misura la Germania beneficeranno degli acquisti degli armamenti degli sprovveduti europeisti. Trump ha spinto agli acquisti per la difesa, per difenderci da chi? Non certo dalla Russia, per il tempo prossimo suo buon interlocutore, a meno di credere che Putin, prima o poi, invaderà l’Europa. I professionisti di questi racconti dovrebbero anche spiegare il perché, a quale scopo, per soddisfare quali interessi? È Storia, una politica di basso tono è portata a credere che gli avversari difettano sempre e comunque di capacità intellettive. In effetti, la strategia di Trump sulla Russia e l’Europa ricalca, con maggiore lucidità, la visione dei democratici Usa.

Potenziare l’apparato militare europeista in funzione dello scacchiere asiatico, scomponendo l’alleanza Cina-Russia, con la differenza, rispetto ai democratici, di non dover spingersi fino alla frantumazione dell’ex impero sovietico. Gli europeisti? Fuori causa, presi dal dover essere Entità politica, militare e diplomatica, predisposti a non dover e voler ricordare che nel cammino dell’umanità Imperi, alleanze e coalizioni hanno sempre imboccato il viale dell’oblio. Passi per il mondo che fu comunista, per le visioni centriste, per il niente degli arrivati in politica negli ultimi decenni, per identitari senza identità, come sostenitori del liberalismo, per molti aspetti avariato dagli stessi liberali, continuiamo a credere che la libertà è perenne ricerca di verità.

(*) Direttore di Società Libera   

Aggiornato il 08 luglio 2025 alle ore 10:48