Riflessioni sul 4 luglio

“Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità”. A rileggere queste parole, dopo quasi due secoli e mezzo dalla loro epifania, si rimane colpiti dalla chiarezza concettuale, nonché dalla purezza stilistica, di un documento che avrebbe cambiato le sorti dell’umanità intera e non solo di quella confinata negli spazi immensi delle 13 Colonie originarie degli Stati Uniti. Si, perché in fondo il liberalismo è davvero una cosa semplice: parafrasando SantAgostino, il liberale è uso porre al centro di ogni cosa l’individuo – si badi bene: la più piccola tra tutte le minoranze – per poi agire di conseguenza. Non si tratta nel modo più assoluto di un’ideologia, poiché ad esso si confà il pragmatismo ed il buon senso, lo stesso praticato da giganti del pensiero quali Immanuel Kant e, per arrivare a tempi più recenti, Sir Roger Scruton.

Il pensiero liberale è una sorta di scudo a tutela del singolo e delle sue prerogative più intime: la vita, la libertà, il diritto di ricercare il modello di realizzazione personale più congeniale per i gusti individuali. D’altronde rivendicare il diritto alla ricerca della felicità non è la stessa cosa che pretendere la felicità tout-court. Il crinale tra queste due concezioni separa una visione sana dell’esistenza da uno schema totalitario dove un ente statuale, plasmato nelle sue molteplici declinazioni istituzionali, si arroga la pretesa di stabilire un unico modello di felicità che possa essere compatibile con milioni di vocazioni, talenti, inclinazioni e desideri distanti e, a volte, molto distanti tra loro. Ecco perché la libertà non è un’idea astratta o un’impalcatura dottrinale totalmente trascendente dalla realtà, tipo un’utopia poco aderente al contingente, bensì un qualcosa di assai concreto, oserei dire perfino ontologico.

Thomas Jefferson era pienamente cosciente di tale impostazione, tant’è che fu lui stesso a ricordare come la mano dei morti non avrebbe mai potuto tracciare la strada dei vivi. Come a dire: questa dichiarazione può essere assimilata alle radici di un albero, dopodiché il fogliame cambia a ogni passaggio generazionale ed è giusto tenerlo a mente. Lo spontaneismo umano non può essere ingessato a causa di gabbie ideologiche immuni allo scorrere del tempo. Lo diceva bene Antonio Martino: a seconda delle necessità il liberale (liberista, libertario, eccetera.) deve farsi reazionario, conservatore o rivoluzionario a seconda se le libertà d’interesse sono da recuperare, tutelare o conquistare.

Ora e sempre. God bless America. (Sono agnostico ma vale lo stesso.)

Aggiornato il 07 luglio 2025 alle ore 10:41