
Con la contrarietà di tutte le opposizioni, è stato adottato il testo sul fine vita. Il disegno di legge, proposto ieri dai relatori di maggioranza, è stato scelto come testo base da cui partirà l’esame al Senato, dopo mesi di soste e ripartenze. Messo ai voti delle commissioni Giustizia e Sanità, ha avuto il disco verde del centrodestra. Le commissioni hanno anche stabilito che entro l’8 luglio si potranno presentare emendamenti al testo. Il provvedimento è atteso in aula il 17 luglio. Il testo adottato è formato da quattro articoli. Nel primo si ribadisce la centralità del diritto alla vita e la sua tutela “senza distinzioni” di età, salute e condizioni sociali. Un passaggio che la maggioranza ha fortemente voluto per ribadire che la legge non intende aprire la strada al suicidio o alla libertà di suicidarsi come e quando si vuole. Rispetto alla bozza precedente, è stata però cancellata un’espressione in cui si ribadiva la tutela della vita “dal concepimento alla morte naturale”, che le opposizioni avevano contestato temendo una norma anti aborto. L’articolo 2 modifica il Codice penale garantendo la non punibilità di chi aiuta una persona che chiede l’accesso al fine vita. Quindi cita le condizioni, già indicate dalla sentenza della Consulta del 2019, sui requisiti necessari per il trattamento: ossia che la persona sia “maggiorenne, inserita nel percorso di cure palliative, tenuta in vita da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili, ma pienamente capace di intendere e di volere”.
Le opposizioni puntano il dito contro il passaggio sull’inserimento nel percorso delle cure palliative che – sostengono – manca nella pronuncia della Corte costituzionale e comunque andrebbe chiarito. Sulle terapie anti dolore, l’orientamento della maggioranza è renderle disponibili concretamente, senza obbligarle. Altro nodo centrale del Ddl è l’esclusione del trattamento dal servizio sanitario nazionale, su cui si preannuncia una battaglia accesa con il centrosinistra. Per la maggioranza, “il personale in servizio, le strumentazioni e i famaci, di cui dispone a qualsiasi titolo il sistema sanitario nazionale, non possono essere impiegati” per il fine vita. Le minoranze temono, invece, che ciò porti a una “privatizzazione” del trattamento, negandone l’uniformità e la parità di accesso. Il testo disciplina anche il ruolo del Comitato nazionale di valutazione, formato da sette componenti nominati con Decreto del presidente del Consiglio dei ministri, che dovrà dare risposte ai malati entro 90 giorni (60, più altri 30) mentre dopo sei mesi si potrà avere una seconda chance, se la prima richiesta è stata bocciata.
Secondo il senatore Alfredo Bazoli, vicepresidente del gruppo dem, “il testo base su fine vita approvato oggi dalle commissioni è insoddisfacente. Sono molti i punti critici, dalla stretta ai criteri di accesso rispetto a quelli stabiliti dalla Corte, al Comitato nazionale troppo esiguo e composto da figure che non danno garanzie di autorevolezza, fino alla totale esclusione di un ruolo al servizio sanitario nazionale, che apre la strada a una privatizzazione del fine vita, con buona pace dell’uniformità di trattamento e della parità di accesso. Sono punti qualificanti, sui quali proveremo a intervenire con i nostri emendamenti, nella speranza di migliorare un testo che, così com’è, rischia di essere addirittura peggiorativo dello status quo”.
Aggiornato il 02 luglio 2025 alle ore 11:50