Opposizione o ossessione?

Un conto è fare opposizione e un altro è essere dominati da un’ossessione, un incubo. Il Partito democratico sembra più vicino alla seconda posizione che non alla prima. Esso è preda di una sorta di riflesso per il quale, di fronte a qualsivoglia iniziativa dell’insopportabile Governo di centrodestra, invece di valutarne con razionalità il contenuto, accede inesorabilmente al rifiuto e, eventualmente, a proposte radicalmente opposte per partito preso. Ma c’è, o dovrebbe esservi, un limite a questa condotta di chiusura totale perché, a forza di no, persino il cervello finisce per assumere un comportamento anomalo e diviene incapace di riconoscere la soglia oltre la quale si cade nel grottesco per non dire nella stupidità. Un buon esempio è dato dalla proposta del Pd di procedere al sostegno finanziario della Croce rossa invece che spendere denaro per irrobustire le nostre forze armate. Naturalmente l’idea di migliorare l’organizzazione della Croce rossa non può che trovare d’accordo tutti trattandosi di un nobilissimo ente che, da 150 anni, lavora instancabilmente per soccorrere popolazioni colpite da calamità di varia natura.

Ciò che sfugge, a prima vista, è però la connessione fra questa proposta e la necessità di rendere più efficaci ed efficienti il nostro esercito, la nostra marina e la nostra aeronautica. Ma in realtà la connessione è chiara ed è costituita dalla solita manfrina: noi siamo per la pace, il Governo e l’Europa sono per la guerra dunque noi siamo i migliori. È però sul piano logico che la cosa non regge: poiché la Croce rossa interviene per salvare vite umane durate un conflitto bellico, rafforzarla a scapito dei nostri mezzi di difesa sarebbe come, dovendo fare qualcosa per una nave piuttosto malandata, si decida di aumentare la quantità delle sue scialuppe di salvataggio e dei suoi salvagente invece che procedere alla sua più attenta riparazione. In altre parole: che senso ha rinunciare a ottimizzare la nostra difesa preferendovi il potenziamento della Croce rossa, dando quasi per scontato che, di fronte ad un attacco militare, non vi sarebbe altro da fare se non salvare il salvabile?

È questa la “politica” di cui un possibile ministro della Difesa di sinistra si prenderebbe la responsabilità, magari sfoderando brillanti e potenti armi diplomatiche basate sul dialogo non si sa con chi? Intendiamoci: costruire rifugi, moltiplicare le organizzazioni sanitarie, finanziare enti volontaristici e istituire prassi di prevenzione contro eventuali attacchi atomici o batteriologici sono tutte iniziative assai importanti perseguite in vari Paesi del mondo. Ma in nessun Paese del mondo si fa tutto questo al posto di provvedere alla propria difesa. Già: la difesa. E in cosa può consistere la difesa di un Paese se non nella predisposizione di apparati di varia natura capaci di respingere un attacco o di dissuadere il potenziale aggressore? A questo punto i saggi fanno notare che, tutto questo, non fa che arricchire le imprese industriali degli armamenti. Ma chi dovrebbe costruire gli apparati di cui sopra una volta che si capisse che sono indispensabili se non imprese che lo sappiano fare, siano esse private o pubbliche come in ogni Paese del mondo? Ciò che a sinistra non si capisce, o si fa finta di non capire, è che la pace, come ogni altra cosa, costa perché l’aggressività umana, nelle sue varie forme individuali o istituzionali, è ricorrente lungo la storia così come lo è la necessità di difenderci. Dalle chiavi di casa ai jet militari.

Aggiornato il 23 giugno 2025 alle ore 12:51