
In un mercatino, ho comprato un libro scritto dal compianto Giulio Andreotti dal titolo Onorevole, stia zitto pubblicato nel lontano dicembre 1987 dalla Rizzoli. Il defunto statista, ebbe a confezionare il libro riportando fedelmente stralci di scontri verbali in Parlamento tra i grandi protagonisti della politica italiana della cosiddetta Prima Repubblica. I battibecchi parlamentari erano conditi di sagace ironia e sarcasmo ed erano per certi aspetti interventi ancora più feroci di quelli di oggi. Nel descrivere i dibattiti l’autore sottolineava gli applausi o i fischi dei contrapposti schieramenti politici di Governo e di opposizione. Possiamo quindi affermare che quello che succede oggi in Parlamento non è diverso dal passato. Purtroppo, quello che è decisamente cambiato, in peggio, è la qualità dei protagonisti della vita politica. In una democrazia parlamentare, qual è quella italiana, il ruolo e la funzione, in democrazia, dell’opposizione è fondamentale! Il luogo deputato dove le parti, maggioranza e opposizione, si scontrano sul merito e il contenuto delle leggi è il Parlamento e non “la piazza”. “Piazze piene, urne vuote”. Il sindacato, allora come oggi, era anch’esso fortemente politicizzato ed era rappresentato da segretari confederali che sapevano fare il loro lavoro istituzionale.
Dopo lunghe ed estenuanti trattative con le organizzazioni maggiormente rappresentative dei datori di lavoro, firmavano i contratti nazionali collettivi di lavoro. Oggi, sindacati come la Cgil e la Uil anziché che negoziare sui rinnovi contrattuali preferiscono fare politica attiva. Forse, perché da tempo non rappresentano più i lavoratori. Per dare visibilità a un sindacato ormai composto più da pensionati che da lavoratori attivi, il segretario pro tempore della Cgil Maurizio Landini, per preparare il suo futuro politico è stato il promotore dei cinque quesiti referendari che non hanno raggiunto il quorum previsto dalla Costituzione. Chiamare alle urne gli elettori italiani per votare dei referendum abrogativi di leggi volute e votate da una maggioranza parlamentare di Governi di sinistra è stato un totale fallimento. Azzardo politico al quale si sono aggregati, senza se e senza ma, il Partito democratico, il Movimento 5 stelle e Alleanza Verdi e Sinistra. Italia viva di Matteo Renzi e Azione di Carlo Calenda, con ipocriti distinguo, hanno di fatto sostenuto i quesiti referendari. Per cercare di mitigare l’impatto politico della clamorosa batosta elettorale, i leader referendari hanno all’unisono dichiarato che si sono recati alle urne oltre 14 milioni di elettori ovvero un numero superiore a quelli che hanno votato alle Politiche, la coalizione di centrodestra che ha vinto le elezioni.
Con le loro dichiarazioni post voto, i leader delle opposizioni, non solo hanno perso il senso del ridicolo ma dimostrano evidenti difficoltà a fare dei meri calcoli aritmetici in quanto considerano la totalità di chi è andato a votare come voti di sinistra. I dati scrutinati indicano provvisoriamente che ha votato il 30,6 per cento degli aventi diritto. In realtà, pare che la percentuale effettiva di votanti scenderà al di sotto del 30 per cento quando saranno conteggiati i voti degli italiani residenti all’estero. L’altra amara realtà dei numeri indica che il numero dei votanti a favore dei quesiti referendari è decisamente inferiore ai voti che i sondaggi accreditano al “campo stretto” e al “campo largo”. Ritengo assurda la reiterata discussione post voto sulla necessità di modificare le regole costituzionali che disciplinano l’istituto della democrazia diretta. I cittadini andranno a votare solo quando gli eventuali nuovi referendum coinvolgeranno gli elettori su importanti tematiche sociali e non su proposte referendarie su argomenti politici di parte.
Aggiornato il 11 giugno 2025 alle ore 12:18