Il quorum è l’omicidio del referendum

Un freno alla democrazia. L’Italia ha bisogno di riformare il referendum

“Il quorum è l’omicidio del referendum” sosteneva Marco Pannella. Ogni volta che un referendum fallisce per il mancato raggiungimento del quorum, perdiamo un’occasione di confronto democratico. Il voto non serve a decidere, ma a contare chi ha votato. E questo, per una democrazia liberale, è un paradosso inaccettabile. Non discutiamo più sul merito dei quesiti, ma sulla percentuale di affluenza. Le campagne non si giocano tra il “” e il “no”, ma tra chi va a votare e chi resta a casa. Il risultato? Una democrazia rallentata, impigliata in una regola pensata per garantire legittimità, ma divenuta – nei fatti – uno strumento di sabotaggio silenzioso. Anche in occasione dell’ultima consultazione referendaria, il Partito liberale italiano, attraverso la posizione espressa dal Segretario Sorcinelli, ha indicato di non partecipare al voto. È stata una scelta politica, coerente con le valutazioni di merito. Ma è doveroso interrogarsi su un punto più ampio: ha ancora senso, oggi, mantenere un quorum di partecipazione?

Il referendum recentemente proposto ha avuto, in realtà, una dinamica tutta interna al campo della sinistra. Era meno una battaglia sui contenuti della rappresentanza democratica e più uno scontro tra correnti, simboli, personalità. Un’iniziativa nata più per ridefinire equilibri interni al Partito democratico e alla sua galassia. Emblematica anche la scelta della presidente del Consiglio Giorgia Meloni: si è recata al seggio, ma ha rifiutato di ritirare le schede. Un gesto istituzionale, che ha sottolineato la distanza tra il governo e una consultazione vista da molti come una battaglia di posizionamento all’interno della sinistra. Il quorum, nelle intenzioni originarie, avrebbe dovuto garantire una soglia minima di legittimità popolare. Ma nella pratica si è trasformato in un incentivo alla passività o alla tattica “dell’astensionismo attivo”: uno strumento non di confronto, ma di sabotaggio del confronto. Non serve un giurista per capire che, se la regola del gioco premia il silenzio anziché la parola, il gioco è truccato. Come liberali, riteniamo che la democrazia sia partecipazione, confronto, responsabilità. E che chi partecipa debba poter decidere, senza essere ostaggio del comportamento altrui. Per questo proponiamo di aprire una seria riflessione sull’abolizione del quorum nei referendum, seguendo l’esempio di numerosi altri Paesi europei.

In Svizzera, patria della democrazia diretta, l’esito di un referendum è sempre valido: non esiste quorum. Serve raccogliere 50mila firme in 100 giorni per opporsi a una legge o 100mila in 18 mesi per proporre una modifica costituzionale. Una volta raggiunta la soglia, il voto si celebra e decide chi partecipa, punto. Nel Regno Unito, i referendum – incluso quello storico sulla Brexit – non sono soggetti ad alcuna soglia di partecipazione. Così pure in molti Länder tedeschi, dove si vota anche su questioni locali con la sola regola della maggioranza semplice. Al contrario, ci sono casi in cui quorum elevati hanno affossato decisioni largamente condivise. A Berlino, nel 2013, un referendum sull’energia fu sostenuto dall’83 per cento dei votanti, ma fu dichiarato nullo perché votò solo il 24 per cento dell’elettorato. A San Marino e in Romania, sono state le astensioni calcolate a impedire l’efficacia del voto. In questi casi, la volontà popolare è stata ignorata non per assenza di consenso, ma per un eccesso di vincoli.

Non è abolendo il quorum che si svilisce la democrazia: è mantenendolo che la si logora. Chi è contrario a un quesito deve poterlo dire con il proprio voto, non tacendo. Abolire il quorum significherebbe restituire dignità al voto, imporre una responsabilità vera al cittadino e alle forze politiche, stimolare la partecipazione reale invece della speculazione sull’inerzia. Il Partito liberale italiano intende promuovere questa riforma come parte di una più ampia modernizzazione delle regole democratiche. È tempo di superare l’ipocrisia di una democrazia che teme le sue stesse regole di base. Una democrazia liberale deve affidarsi alla forza delle idee, non ai trucchi del regolamento. Il referendum deve tornare a essere uno strumento vivo, autentico, rispettato. Decide chi vota. Gli altri – per scelta o per rinuncia – delegano il potere di decidere. Ed è giusto così.

(*) Presidente del Partito liberale italiano

Aggiornato il 10 giugno 2025 alle ore 09:44