
Ma non senza resistenza dall’opposizione. Addirittura, in Senato si è sfiorata la rissa tra onorevoli, durante la fiducia al decreto tanto inviso alla sinistra. Tant’è, blindato dalla maggioranza, il Decreto sicurezza è ufficialmente diventato legge. con 109 voti favorevoli e 69 contrari il Senato lo approva in un’accelerata last minute, a sei giorni dalla deadline per la conversione in legge. La fiducia è arrivata al termine di una giornata iniziata con un’azione dimostrativa da parte delle opposizioni: Partito democratico, Movimento 5 stelle e Alleanza Verdi-Sinistra hanno inscenato un sit-in in Aula, seduti a terra, gambe incrociate, mani alzate e cartelli alla mano con la scritta “Denunciateci tutti”, gridando “Vergogna!”. Il clima si è progressivamente deteriorato fino all’escalation. Intorno all’ora di pranzo, tra Fratelli d’Italia e i gruppi di minoranza si è sfiorato lo scontro fisico. È dovuto intervenire il senatore questore Gaetano Nastri, che ha cercato di separare gli schieramenti ma ha riportato una contusione alla spalla. Una scena che sintetizza la tensione accumulata nelle settimane di dibattito attorno a una norma che introduce “14 nuovi reati e terrificanti aumenti di pena” e, secondo il fronte contrario, restringe spazi di dissenso e libertà.
Dal canto suo, il centrodestra ha salutato il via libera al decreto come un successo politico. Fratelli d’Italia ha esposto uno striscione con la scritta “Lo Stato torna forte” davanti a Palazzo Madama. La premier Giorgia Meloni ha rivendicato l’approvazione come “un passo decisivo”, ribadendo che “legalità e sicurezza sono pilastri della libertà”. Il capo del Carroccio Matteo Salvini, presente in Aula, ha definito il provvedimento “un insieme di norme di civiltà” contro borseggi, truffe agli anziani e occupazioni abusive, annunciando un prossimo intervento per “assumere più forze dell’ordine e dare loro ancora più poteri e tutele”.
Ma il percorso che ha condotto all’approvazione è stato tutt’altro che lineare. Nato come disegno di legge, il testo è stato trasformato in decreto ad aprile, in risposta ai rilievi del Quirinale su alcune misure di dubbia costituzionalità, come quelle sulle detenute madri o il divieto di vendita di sim telefoniche ai migranti. Dopo l’eliminazione delle norme più controverse, il testo ha cambiato forma. Le opposizioni hanno accusato la maggioranza di aver “umiliato il Parlamento”, imponendo una discussione ridotta all’osso.
Ieri, la tensione ha raggiunto il culmine in serata, quando il senatore di FdI Gianni Berrino, difendendo il provvedimento, ha dichiarato: “Le donne che fanno figli per poter rubare, non sono degne di farlo”. Parole che hanno suscitato l’immediata reazione di Ada Lopreiato (M5s): “Questo decreto è uno scempio”. Durante il dibattito finale, le opposizioni hanno organizzato una protesta silenziosa davanti ai banchi del governo. Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha commentato con sarcasmo: “Accomodatevi, c’è ancora posto. Però seduti in silenzio mi piace”. La seduta è stata brevemente sospesa, ma poi ripresa fino al voto.
Non è stato Matteo Renzi, questa volta, a dominare la scena: l’ex premier ha comunque espresso la propria contrarietà alle norme sui servizi segreti, ammettendo che “la mia indignazione è a un punto senza ritorno”. A catalizzare l’Aula è stato invece Alberto Balboni, senatore di Fratelli d’Italia e relatore del testo. Rivolgendosi alle opposizioni, Balboni ha pronunciato una “domanda retorica”, come l’ha definita, che ha scatenato la bufera: “Per chi propugna la dottrina Salis capisco che preferiate stare dalla parte della criminalità organizzata”. Seguono urla, cori “Fuori, fuori!”, censura formale da parte della presidenza, e un’immediata marcia indietro del senatore meloniano. Pochi minuti dopo, però, Balboni rincara la dose e accosta le opposizioni ad Alfredo Cospito, detenuto al 41 bis incontrato da alcuni senatori del Pd: “Ecco, se c’è una differenza tra destra e sinistra è che mentre voi andavate a trovare terroristi e mafiosi noi venivamo in quest’aula a difendere il 41 bis”. A quel punto, diversi senatori dell’opposizione si dirigono verso i banchi della maggioranza. Tra questi, anche Carlo Calenda, descritto con “aria minacciosa” da alcuni presenti. Solo l’intervento tempestivo di commessi e senatori questori ha evitato il peggio.
Aggiornato il 05 giugno 2025 alle ore 10:10