
Il cittadino europeo è come inviluppato in una guerra che non vede ma che percepisce solo dai telegiornali, dai teatrini televisivi messi su dai soliti giornalisti al soldo dei poteri europei. L’incertezza e la paura si palesano all’uomo di strada come una fitta nebbia. Qualcuno conosce pezzi della maggioranza, quindi domanda loro cosa succederà, perché l’economia normale resti ancora bloccata: l’onorevole di turno fa spallucce e dice a mezza bocca “aspettiamo di vedere cosa fa il Papa, cosa consiglia il Papa”.
Come per dire “ognuno per se e Dio per tutti”. Intanto il cittadino brucia le sue ultime scorte mentre si domanda “Cosa faccio apro un negozio? Oppure tolgo tutti i risparmi dalla banca e mi nascondo?”. L’amico consulente gli suggerisce “Scappa in Spagna ed apriti una gelateria!... anzi scusami, mi sono sbagliato, in Spagna c’è un blocco del risparmio peggiore di quello italiano: allora ti dico corri a vivere in Albania”.
Nel frattempo aumenta la gente che non sa che fare, come pagare bollette e tasse, o se lavorare o nascondersi: ma a Bruxelles insistono con fare professorale che la ricetta è “guerra e norme europee sempre più stringenti”. L’Europa e i suoi cittadini stanno morendo, perché Bruxelles è in mano ad una banda di satrapi incapaci, investiti di un potere sproporzionato rispetto alle loro intrinseche capacità politiche: satrapi che ostentano coperture da parte di lobby economiche e fanno solo pesare la propria autorità al popolo; vivono tra agi e ricchezze bruciando patrimoni e qualità della vita di noi sudditi. I vertici della comunità politica europea costano come banchetti e feste d’una corte settecentesca: i loro eventi internazionali vengono pagati veicolando fiumi di danaro negati alla cittadinanza, al lavoro. Ursula von der Leyen si sposta con gli aerei come fossero carrozze a disposizione d’una corte dei tempi passati: è la stessa che c’invita a risparmiare e non inquinare. I mezzi europei vengono messi a disposizione anche di quel simulacro dei Democratici Usa che è Volodymyr Zelensky, incontrandolo nelle limitrofe Albania o Turchia (il vertice di Istanbul). Colloqui utili solo ad allontanare gli accordi tra la delegazione la russa e quella ucraina: tavoli di scarsa concretezza, ma pagati con i soldi dei contribuenti europei.
Così i leader di Francia, Regno Unito, Germania e Polonia si riuniscono e pranzano con il presidente ucraino, quindi telefonano ad un sempre più irritato Donald Trump: quest’ultimo nel frattempo ha sentito Putin, verificando che per colpa di Bruxelles non si fa pace.
Il cittadino nel frattempo è sempre più tra l’infelice e l’arrabbiato. Da molto tempo, forse da almeno tre decenni, s’è man mano fatta sempre più evidente l’infelicità politica, il grande malessere che oggi affligge i popoli occidentali (soprattutto europei). Infelicità alimentata senza dubbio alcuno dal tradimento dei buoni propositi dei partiti sia di governo che d’opposizione, che evitano d’affrontare i problemi poiché legati (o ricattati o a servizio) al piano altissimo delle istituzioni finanziarie planetarie, ma anche desiderosi di non dispiacere certi poteri. I popoli reagiscono al tradimento non partecipando più al voto, manifestando violentemente per le strade o non manifestando più per profondo scetticismo, non leggendo più i loro giornaloni “istituzionali”, guardando solo video e chat del dissenso, seguendo in ultimo i tantissimi accorgimenti per evitare la tracciatura individuale.
Attualmente i governi del Vecchio Continente hanno girato le spalle al consenso, all’accontentare i popoli: fatta eccezione per l’Ungheria di Viktor Orban. I giovani, almeno coloro nati dopo il 1992, non hanno mai conosciuto la politica consensuale che alcuni gruppi d’opposizione appellavano come clientelismo o populismo. Perché non v’è alcun dubbio che, fino al 1992, i partiti italiani di governo legiferassero ed agissero per mantenere il proprio consenso; dando in cambio al popolo il lavoro, meno controllo fiscale e bancario e, soprattutto, leggi che permettessero la cosiddetta “pace sociale”: tutti ingredienti bollati dalla comunicazione dei grandi gruppi multinazionali e finanziari come “politiche populiste”. Anche in quella fase storica c’era chi voleva disarticolare la pace italiana, ed il cittadino si ritrovava vittima del terrorismo come dei vari complotti internazionali subiti dall’Italia.
Oggi gran parte degli italiani ha preso coscienza di quanto la politica, che continua comunque a ricevere un minimo consenso popolare, sia sempre più ostaggio delle volontà del potere finanziario. Quest’ultimo è oggi tangibile in quel comitato d’affari che suggerisce all’Unione europea le leggi che regolamentano la casa, il risparmio, il lavoro, la vita, l’informazione: una situazione enormemente mutata rispetto a quella descritta nel libro La politica e i mass media da Noam Chomsky ed Edward Herman, perché oggi i giornali remano nella stessa direzione dei governi e della politica. Non c’è più stampa o opposizione che intendano fronteggiare le decisioni della Commissione europea o di qual si voglia governo europeo. Oggi la divisione è tra chi entra nel Palazzo, e che sia opposizione o maggioranza poco cambia, e chi è fuori dal Palazzo ed avversa con pratiche extraparlamentari leggi ed imposizioni del sistema. Oggi la politica la fanno piccoli gruppi fuori dai parlamenti. Va aggiunto che è quasi estinta la partecipazione politica, ovvero la contribuzione popolare alle scelte di indirizzo di stati e governi; mentre è sempre più radicata, sia nelle opposizioni che nelle maggioranze, la volontà di tenere sempre meno in considerazione le necessità degli individui che compongono il consenso tradizionale.
In questo quadro, il controllo politico delle risorse naturali e del lavoro si esplicita sempre meno per una sorta di giustizia sociale, e sempre di più per soddisfare le multinazionali che fanno cassa con grano, acqua, gas, petrolio, carbone, metalli, valute. In questo quadro la guerra torna ad essere più utile ai principi che ai popoli, come sosteneva Niccolò Macchiavelli parlando di volontà di estendere la potenza degli Stati per ambizione dei principi. A nemici sottomessi e sudditi il sovrano concede, sempre in cambio dell’obbedienza, di poter continuare ad abitare in una casa e di costruirsi qualche bene essenziale. Anche oggi tutto deve essere calmierato dal governo del principe, osservato dal principe perché nessuno possa crescere e poi rivelarsi un potere, una ricchezza che si nota. In questa logica le paure, la stessa guerra, servono certo per occupare nuova terra, ma soprattutto per uccidere sudditi, limitarne la volontà creativa di ricchezza: limitarne il benessere perché possano concentrarsi sulla sopravvivenza giornaliera e non sul sognare un progresso individuale, una vita migliore, una qualità della vita che conceda attimi di riflessione politica. Nei nostri giorni ha preso il sopravvento anche la specialistica branca della shock economy o disasters economy: specializzata nel bloccare il nemico interno del potere, ovvero i popoli. E questo avviene regolarmente programmando la propaganda su disastri, guerre, pandemie calendarizzate in anticipo di dieci anni, siccità, carestie.
C’è chi li appella come principi e chi come satrapi, resta solo l’evidenza che la “Coalizione dei Volenterosi” a sostegno dell’Ucraina fa parte della strategia utile a mantenere i cittadini europei in un limbo psicologico di continua belligeranza. Il viaggio a Kiev di Emmanuel Macron, Keir Starmer, Friedrich Merz e Donald Tusk è stato solo funzionale a cercare di spaventare l’Italia, per sottrarla a Trump o ad eventuali dialoghi per la pace non graditi a Bruxelles. A Tirana i quattro leader, Macron, Starmer, Merz e Tusk si sono concessi un bis proprio per minare anche i buoni rapporti tra l’Albania e l’Italia. I giornaloni istituzionali, che nel frattempo si sono trasformati in “ennemi du peuple" (Jean-Paul Marat si sta rigirando nella tomba vedendo che fine ha fatto l’“Ami du peuple"), sottolineano che l’Italia non c’è, che l’Italia tradisce la “guerra giusta” per i poteri europei.
Va dato atto che la premier Giorgia Meloni resiste e mette in chiaro la sua linea: “L’Italia non è disponibile a inviare truppe in Ucraina e non avrebbe senso partecipare a formati che hanno degli obiettivi sui quali non abbiamo dichiarato la nostra disponibilità”.
Più che Volenterosi, il vero appellativo dei leader europei dovrebbe essere Assediatori di popoli. Infatti la guerra alla Russia e soprattutto le sanzioni hanno portato la crisi nella media impresa del nord Italia, dell’Austria e della Germania. Ma Ursula von der Leyen insiste con “Noi vogliamo la pace, e per questo dobbiamo aumentare le sanzioni”: il nuovo pacchetto di sanzioni è di questi giorni e includerà nuove misure finanziarie contro le banche russe. Per noi l’unico spiraglio di salvezza sta nel fatto che si sia incrinato sull’Ucraina il rapporto (una vera e propria frattura) tra Giorgia Meloni e i Volenterosi: frattura che si auspica, per il bene dell’Italia, prosegua anche su gran parte delle norme europee, soprattutto in materia bancaria e fiscale.
Aggiornato il 23 maggio 2025 alle ore 11:32