
La Pisana ha una legge elettorale approvata nel 2017 che fa andare i seggi da una parte all’altra, come la pallina di un flipper. Invece quella approvata nel 2005, subito dopo l’entrata in vigore del nuovo Statuto con la scelta dell’elezione diretta del presidente della Regione, era basata sul proporzionale con premio di maggioranza del 20 per cento, rappresentato dal listino bloccato. Garantiva al massimo la rappresentanza dei piccoli Partiti, anche attraverso il recupero dei cosiddetti voti dispersi con il collegio unico regionale. E allo stesso tempo garantiva la presenza di tutte le province nel consiglio Regionale prevedendo l’obbligo nel listino della presenza di rappresentanti di tutte le province.
A pochi mesi dalle elezioni del 2018 la regione, che aveva costituito una apposita Commissione facendola guidare da un esponente dell’opposizione, approva alla unanimità la legge regionale 3 novembre 2017 numero 10. Un testo che modifica quello del 2005 che porta la firma di Francesco Storace e del sottoscritto e che portò al voto la Regione subito dopo l’approvazione dello Statuto.
UNA NORMA IDROVORA
La norma del 2017 cancellò il listino, cioè la lista regionale bloccata che rappresentava il premio di maggioranza, spalmando il premio del 20 per cento sulla coalizione vincente. La norma del 2017 divide in due parti la ripartizione dei seggi spettanti alla Regione. La prima parte prevede la ripartizione di 40 seggi con un meccanismo proporzionale corretto e con il collegio unico regionale, che serve per recuperare i resti, cioè i voti che non sono stati sufficienti per eleggere un consigliere. Prevede inoltre che la maggioranza vincente non possa avere più di 30 seggi, il 60 per cento del Consiglio. La seconda parte è rappresentata dal premio di maggioranza di dieci consiglieri che viene spalmato sui Partiti della coalizione vincente, in un numero tale da non superare i 30 seggi. Allo stesso tempo si pose il giusto obiettivo di garantire una rappresentanza a tutti i territori, compreso Rieti.
TUTTO AL PIÙ FORTE
Dietro il nobile disegno della garanzia di tutti i territori la norma fu scritta in modo tale da avvantaggiare il Partito più forte della coalizione funzionando così da idrovora nei confronti dei Partiti piccoli della coalizione vincente. Nelle Elezioni regionali del 2018, siccome nessuno dei 10 seggi del premio di maggioranza veniva assegnato alla provincia di Rieti, Latina e Viterbo, vennero tolti tre seggi ai Partiti minori della colazione che sosteneva Nicola Zingaretti. Quindi, via un seggio ciascuno a Demos, +Europa e Leu, in quanto seggi con i resti più bassi della coalizione. Vennero assegnati in quelle circoscrizioni provinciali al Partito democratico, in quanto aveva i quozienti più alti. Così alla fine per garantire la rappresentanza di tutti i territori viene dato al Partito più forte un super premio di maggioranza: perché dei 10 seggi del premio di maggioranza su 50 consiglieri spettanti alla Regione, 9 vengono assegnati al Pd e uno alla lista Zingaretti.
RAPPRESENTANZA ED EFFETTO DISTORSIVO
L’effetto distorsivo della norma è causato dal fatto che nella garanzia della rappresentanza delle province non si tiene conto della ripartizione dei primi 40 seggi ma solo di quelli del premio di maggioranza. Inoltre i seggi che vengono assegnati ai resti più alti nelle province non vengono tolti ai resti più bassi dello stesso Partito ma ai resti più bassi di tutte le liste della coalizione. All’effetto idrovora del Partito più forte si aggiunge l’effetto distorsivo perché i seggi assegnati non vengono tolti allo stesso Partito ma possono essere tolti ad altri.
L’IDEA ORIGINALE È “MADE IN TOSCANA”
Credo che la Regione Lazio nel 2017 abbia preso spunto dalla norma della legge regionale Toscana del 2014. Che, dopo la riduzione dei Consiglieri regionali da 50 a 40, avendo un territorio regionale suddiviso in 10 province si pose il problema della loro rappresentanza. E infatti l’articolo 23 della legge toscana 51 del 2014 garantisce l’assegnazione di almeno un seggio a tutte le province. Ma la norma Toscana tiene conto di tutti i seggi assegnati sul territorio, non solo di una parte, e l’assegnazione di un seggio in altra provincia avviene a carico dello stesso Partito che guadagna il seggio. In questo modo la Toscana garantisce la rappresentanza territoriale in maniera corretta e non intacca la rappresentanza politica dei Partiti.
REGIONALI DEL 2023
Nelle Elezioni regionali del Lazio del 2023 succede la stessa cosa del 2018. Il centrodestra vince con un largo margine tanto che sulla parte proporzionale dei 40 seggi ne conquista 23, il centrosinistra 13 e la coalizione del Movimento 5 stelle quattro. Il centrodestra non potendo superare il numero di 30 consiglieri prende solo una parte del premio di maggioranza, sette su dieci, gli altri tre vanno alle opposizioni. Nessuno di questi seggi va a Frosinone, Rieti e Latina per cui vengono presi tre seggi su Roma, uno ciascuno a Forza Italia, Lega e lista civica Rocca, in quanto minor resti della coalizione che ha vinto. E assegnati alle tre Province alla lista che ha il maggior resto corrispondente al Partito più forte della coalizione, cioè Fratelli d’Italia. Non solo ma ironia della sorte a Rieti invece che un seggio ne scattano due. Per carità bene per Rieti ma è evidente la distorsione che provoca una norma sbagliata che altera la rappresentanza politica.
RESPONSABILITÀ È DELLA LEGGE NON DEL MINISTERO
Mi preme sottolineare, avendo gestito da assessore delegato il procedimento elettorale del 2005, che il Ministero dell’Interno gestisce solo i numeri e ripartisce i seggi in base al meccanismo previsto dalla legge. Se il procedimento elettorale previsto dalla norma produce delle distorsioni, come in questo caso, non può farci niente. È bene sapere che la competenza del procedimento elettorale è in capo alla Regione che dovrebbe anche gestirlo. Siccome non si è attrezzata a farlo, come altre regioni fanno, chiede al Ministero dell’Interno, tramite il Prefetto di Roma, di gestirle in avvalimento e al tal fine sottoscrive una apposita convenzione. Ma la responsabilità del procedimento è in capo alla Regione.
SPESE CANDIDATO PRESIDENTE
C’era anche un altro effetto distorsivo che provocava la legge del 2017. La cancellazione del listino e la mancata armonizzazione del resto della legge a questa modifica aveva fatto sì che i candidati alla Presidenza della Regione avessero a disposizione un budget di spesa uguale a quello di un candidato consigliere regionale della circoscrizione di Roma. Questione che si pose proprio durante la campagna elettorale del 2018 e fu superata da una interpretazione successiva degli uffici competenti anche attraverso un aggiornamento delle istruzioni. Sarebbe utile un’armonizzazione della norma per evitare possibili e incresciosi disguidi.
Aggiornato il 20 maggio 2025 alle ore 11:13