
Ci sono poche cose insopportabili al mondo, come i convegni che analizzano “differenze e prospettive”. Oppure “analisi e proposte”. In genere, celano il vuoto pneumatico nella mente degli organizzatori. Come un qualsiasi bot web.
La morte di José “Pepe” Mujica ha scatenato l’ennesima ondata di retorica grondante banalità, con alcune lodevoli eccezioni. Tra queste, privilegio sempre Adriano Sofri che ha sempre notevole garbo. Sarà l’indole umana, sarà che ha pagato con la galera per aver scritto che la violenza a volte si giustifica, in un’epoca dove la violenza era praticata diffusamente.
Mujica è stato banalizzato. Un po’ come Papa Francesco. Pepe Mujica, tanto per cominciare, ha sganciato l’Uruguay dall’idea che si dovesse per forza essere poveri. Ha dato prova concreta. In pochi anni di governo riuscì ad abbattere inflazione e disoccupazione.
La vicina Argentina, che sull’Uruguay ha sempre preteso di esercitare un’enorme influenza, riuscirà forse a uscire dalla morsa inflazione e disoccupazione solo con Milei, un decennio più tardi rispetto all’Uruguay. E con costi sociali maggiori.
Le tesi di Mujica erano improntate al buon senso e a una profonda cultura, dissimulata da un aspetto di uomo dalle scarpe grosse. Era di famiglia nazionalista. Si avvicinò ai marxisti senza esserlo. Diventa guerrigliero per senso di giustizia. Catturato e torturato, resiste per oltre un decennio dentro una buca chiamata prigione militare. Quando la dittatura finisce, viene eletto senatore, nominato ministro, eletto Presidente. Esibisce la ritrosia che solo i grandi uomini sanno dosare con la partecipazione e la guida.
Riavvicina l’Uruguay all’Argentina dei Kirchner e coltivò ottimi rapporti con Chavez. Eppure, non è mai stato populista. Semplicemente, riteneva che il suo Paese non potesse sostenere uno scontro con l’ingombrante vicino di casa e pensava che Chavez volesse davvero il bene del popolo. Mentre l’Argentina continuava ad essere spolpata e il Venezuela poneva le basi di un’altra dittatura, Mujica fa crescere il suo Uruguay. Chiunque lo amava. Imprenditori e operai. Non ho mai incontrato Mujica, ma nell’unica visita in Uruguay durante il suo governo, l’affetto e il rispetto popolari erano evidenti. Chiedevi di lui e nessuno rispondeva: “Non mi interesso di politica, mi faccio gli affari miei”. L’interlocutore apriva gli occhi e quelli si illuminavano tranquilli. Al massimo dicevano: “Speriamo che duri”.
La ragione era semplice: Mujica conosceva il mercato e sapeva che fosse indispensabile lasciare liberi gli individui. Allo stesso tempo, sapeva che imprenditori ricchi avrebbero potuto piegare le leggi a loro comodo, provocando la concentrazione della ricchezza in poche mani. E ha impedito che accadesse.
Lo ha fatto perché predicava la frugalità e la felicità. Era tra gli uomini più importanti dell’Uruguay, ma continuò a vivere in due camere e cucina, senza cambiare automobile o abbigliamento. “Essere” frugale e non cantastorie dell’austerità, forniva all’uomo politico autorevolezza e credibilità per essere allo stesso tempo liberale e sostenitore della dignità e libertà di tutti.
Sospettava degli Usa di Trump, ma non sopravvalutava il ruolo del Presidente con teorie cospiratorie. Insomma, Mujica era un uomo di un tale buon senso da elevarsi a icona.
Era populista? Mujica come un Orbán sudamericano? Ovviamente, no.
Orbán grida alla necessità di arrendersi ai russi. Racconta che la fine della guerra farebbe diminuire il prezzo della benzina. È falso. La verità è che poche settimane fa l’energia costava cara perché c’era grande richiesta. Oggi, dopo le scorribande trumpiane finite nel nulla o quasi, investimenti e scambi rallentano. È il prezzo dell’incertezza della politica americana.
Il populismo filorusso degli Orbán o dei Fico ha tracce di marxismo stupido e verace, oltre che di fame di agi, ricchezza, potere da ostentare. Mancano di capacità di comprensione liberale. La loro visione non ha buon senso. Per i populisti, Il mercato, ha bisogno di una camicia di forza politica. Niente a che vedere con Pepe Mujica che rifiutava l’idea di dominare il mercato.
Mujica spiegava che la globalizzazione e il mercato sono realtà, peraltro utili. Producono ricchezza, quindi tasse, quindi benessere per tutti, se si applica la frugalità anche a questo tema. Mujica spiegava che tempo libero e vita felice sono importanti. Una cultura personale che tempera ricchezza e frugalità in nome del tempo libero e della felicità modifica il mercato. Einaudi spiegava che la politica viene prima del mercato. Il senso è quello di Mujica. Se non si gioca con le parole, la vera coppia è Mujica ed Einaudi.
È bello avere il buon senso al governo. Poiché spesso latita, abbiamo bisogno di istituzioni che sappiano limitare i danni degli imbecilli che talvolta hanno potere. Oggi, peraltro, gli imbecilli tendono a svendere il bene supremo della libertà a potenze straniere.
Ecco perché abbiamo bisogno di un’Europa che sia Stato, subito. Serve una Costituente Europea subito. Le crisi internazionali sono ormai gestite da un livello decisionale continentale. È giusto che le decisioni siano prese da organi che esprimano la sovranità dei cittadini europei. Non possiamo restare alla mercé di una élite amministrativa che tende a organizzarsi in tecnocrazia. Costituente Europea subito e il cuore e la mente a Pepe Mujica, liberale frugale.
Aggiornato il 15 maggio 2025 alle ore 15:02