
Quotidianamente ognuno di noi s’interroga sul futuro. Probabilmente la ricerca di spiritualità e il rifugiarsi nella religione sono anche frutto dell’instabilità planetaria. È un dato di fatto che, chi popola oggi l’Europa è tornato a temere pestilenze, carestie, povertà e, soprattutto, eventuali iniziative del potere. Bill Gates ed Elon Musk si confrontano quotidianamente sui media circa il futuro dell’umanità e, come stupiti, stampa e politica s’indignano probabilmente per poca dimestichezza con la storia dell’umanità europea.
I ricchi, i signori, i grandi feudatari si sono sempre interrogati sul futuro dell’umanità; sempre soliti chiedersi come garantire la sopravvivenza alla propria linea dinastica, alla discendenza. In queste analisi, e nelle conseguenti decisioni, avevano ed hanno forte peso consiglieri di corte, intellettuali e militari alle dirette dipendenze dei sovrani. Un giurista, storico e filosofo ha potuto raccogliere le vive testimonianze di quanto capitasse agli abitanti dei villaggi in Germania prima e durante la Guerra dei Trent’anni: Samuel von Putendorf, quello che ebbe a sostenere “la religione cristiana, se intesa nel modo corretto, sarebbe la più adatta a rafforzare l’attività dello Stato, arginando le prevaricazioni dei potenti”, aveva potuto raccogliere le testimonianze di preti e monaci circa la consuetudine di distruggere villaggi, di uccidere la popolazione.
La Guerra dei Trent’anni è usata per consuetudine come spartiacque con la modernità: utile anche perché dalle testimonianze raccolte in Boemia, Württemberg, Palatinato, Meclemburgo e Pomerania emerge come il rapporto tra popolo e potere non fosse mai stato idilliaco, e fin da dopo la caduta dell’Impero romano. Pufendorf, autore dello De Statu imperii Germanici, ebbe a notare come fosse consuetudine dei feudatari garantire il benessere delle corti, evitando spargimento di sangue nelle città, parimenti permettendo il prezzo di sangue pesasse tutto sul contado, sui villaggi. Le testimonianze ci rivelano che dal Medioevo al Rinascimento la maggior parte dei signori dell’Europa continentale usava truppe mercenarie per purgare l’umanità dai diseredati tra villaggi e campagne: questo perché pensavano i poveri causassero carestie e pestilenze. Il rimedio di quei tempi era ucciderli, e solo quelli più giovani e in forza si arruolavano tra i lanzichenecchi. Solo le corti cattoliche hanno sempre tollerato la convivenza nella società con i poveri, e casomai sfamarli e curarli. Basti solo pensare che, fino a fine ‘800, nella Londra vittoriana c’è stato l’arresto per povertà con conseguente deportazione.
Spesso parlo con amici di quanto capita in Europa, l’ho fatto anche recentemente per analizzare il contenuto dell’intervista rilasciata più d’una settimana fa dal miliardario americano Bill Gates. Quest’ultimo analizza le preoccupazioni diffuse circa l’impatto dell’Intelligenza artificiale sul mercato del lavoro. Gates suggerisce che, questa rivoluzione potrebbe portare ad una drastica riduzione dell’orario lavorativo, e ipotizza “una settimana lavorativa di soli due giorni entro i prossimi dieci anni”. Prospettiva che capovolge il modello d’occupazione a tempo pieno nato con la moderna Europa del ‘700, e che ha dominato l’economia mondiale fino all’arrivo della pandemia da Covid. Certo, qualcuno farà cenno a vari scricchiolii del modello lavorativo, portandoci l’esempio della legge delle 35 ore varata in Francia nel 2005. Ma rimane che, con la moderna società industriale e conseguente necessità di lavoratori per sostenere la produzione, siano finite sia le carestie che l’usanza germanica di mietere vite umane tra villaggi e contado. Ma oggi, dopo le parole di Bill Gates, non ci sentiamo più tanto sicuri delle nostre esistenze. Secondo il fondatore di Microsoft, nel prossimo futuro gli esseri umani non saranno più costretti a lavorare con l’attuale intensità: al contrario, avranno la possibilità di decidere quali compiti delegare alle macchine e quali attività preservare per se stessi. “Un equilibrio che potrebbe finalmente liberare il potenziale umano verso ambiti più creativi e soddisfacenti”, dice il miliardario per indorare la pillola. E chi ci garantisce che i potenti della terra non rimettano l’uomo di strada sul banco degli imputati per carestie e pestilenze?
L’amico Bruno, con cui ho analizzato l’intervista di Gates, mi risponde senza mezzi termini “sembra di essere ritornati al sogno degli anni ‘60 di una società felice e spensierata, supportata dalla tecnologia buona ed umana, come nei cartoon I Pronipoti di Hanna & Barbera”. A conti fatti, pare che i potenti del pianeta cerchino nuovamente giustificazioni al perché l’umanità vada decrementata, ieri perché i poveri portavano la peste oggi perché assorbono risorse senza lavorare. Non possiamo dimenticare che sotto pandemia ci ripetevano che “il lavoro umano è il primo fattore d’inquinamento del Pianeta”, che “la tecnologia e gli umanoidi non inquinano”, che “l’uomo assorbe risorse vitali per il pianeta” e così via con slogan certamente pensati anni prima: probabilmente una ventina d’anni fa, quando al Wef di Davos invitavano scienziati ed economisti per pannel che raccontavano come ridurre la platea dei fruitori di beni e servizi per salvare l’ambiente. Davvero animati da buoni propositi.
Il problema è tutto nella proprietà della tecnologia, perché chi la possiede ci determina, e probabilmente a noi uomini di strada ci verrà dato solo l’uso condizionato dell’Intelligenza artificiale. Con l’amico Bruno siamo tornati con la mente agli anni ‘80, quando i programmi per i computer erano di proprietà di chi li acquistava ed utilizzava: potevamo addirittura metterci mano e modificarli per le nostre esigenze. I computer non decidevano, collaboravano col nostro lavoro aprendoci spazi i cui limiti erano solo stabiliti dalla nostra creatività. Pian pianino negli anni ‘90 sono arrivate le licenze, il programma non era più dell’acquirente ma di chi lo aveva prodotto, il “copywrite” era la sicurezza contro la pirateria: poi sono arrivati i virus (messi in giro non si sa da quali untori cibernetici), gli hackers, insomma c’è stato detto che “la licenza è per nostra maggior sicurezza”.
Il nostro strumento di lavoro, il nostro computer, è diventato il loro computer: programmi che decidono, programmi che scelgono cosa è meglio per noi, aggiornamenti continui e sempre più soldi da pagare al ricco gestore dell’attuale Intelligenza artificiale. Dobbiamo pagare aggiornamenti, applicazioni, transazioni monetarie e tutto “per la nostra sicurezza”.
“Insomma ‒ dice l’amico Bruno ‒ pare di sentire la promessa di Prodi che con l’euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più”. Cari lettori, grazie all’euro qualcuno di voi oggi lavora meno e guadagna di più? Tornando al mondo favoloso di Gates, va detto che la sua prospettiva è falsa: e lo è doppiamente perché lui è il miliardario padrone delle aziende del settore informatico che ieri hanno introdotto le licenze ed oggi governano l’Intelligenza artificiale.
Gates è bugiardo come Prodi: fanno promesse irrealizzabili ma utili a piegare i popoli al sistema, al potere, al padrone, all’erede del feudatario preoccupato dalle troppe bocche di poveri che vogliono sfamarsi. Se il computer o il robot fossero di proprietà di chi lo compra (come l’elettrodomestico di un tempo privo di scheda, tanto per capirci) probabilmente farebbero il nostro lavoro, ci aiuterebbero come fa l’aspirapolvere e noi saremmo più liberi. La verità è altra: le macchine e l’informatica sono di proprietà di grandi aziende, dei colossi proprietari delle licenze, il cui fine è utilizzare informatica e cibernetica per sostituire gli uomini, i popoli. Questo perché il potere vorrebbe cancellare eventuali opposizioni alla gestione planetaria. Con il radicarsi dell’Intelligenza artificiale, sarà impossibile per la gente possedere un computer o un androide di proprietà, perché diventerà costosissimo, quindi sarà dato in affitto solo a chi reputato bancariamente tracciabile ed affidabile.
La favola di Gates funzionerà come l’euro di Prodi. Così l’Ai garantirà al potere economico la sostituzione degli esseri umani, l’emarginazione dall’accesso del lavoro, il denaro centellinato ai soli obbedienti, quel controllo sempre più pressante della società che prevede la blindatura dei centri urbani e la trasformazione delle periferie in villaggi violenti.
Elon Musk, da buon veggente accanto allo slogan “The courage of freedom”, ha previsto “aumento enorme nel numero di attacchi in Italia e in Europa… l’uccisione di persone sempre più frequente, e alla fine in Europa vedremo attacchi di massa, massacri di massa. I vostri amici, le vostre famiglie, saranno tutti a rischio, i numeri parlano chiaro”. Insomma, non fidatevi di Bill Gates: non fidatevi di colui che si è prenotato come superconsulente dell’euro elettronico della von der Leyen e poi all’Onu come papabile alla gestione della moneta unica elettronica planetaria.
Aggiornato il 29 aprile 2025 alle ore 11:25