Federalismo, confederazione, sinistra e Ventotene

Ho buoni motivi liberali per non tacere su questa zuffa e sul suo esito. Quando ebbi diciott’anni, negli anni Settanta del secolo scorso, come passa il tempo, presi due tessere, in armonia con un certo sentire di famiglia: quella del Partito (Gioventù) liberale italiano, e quella del Movimento federalista europeo. Per parte di padre ho un nonno garibaldino, per parte di madre l’altro nonno militante per l’Unione nazionale di Giovanni Amendola. La Gioventù liberale, allora, pubblicava un manifesto nel quale un vecchio garibaldino consegnava la bandiera tricolore a un ragazzo; di Giuseppe Garibaldi avevo in mente lo splendido proclama lanciato dall’Eroe dei due mondi, durante la battaglia del Volturno, sugli Stati Uniti d’Europa e la sua partecipazione ai congressi per la pace di Ginevra, sul medesimo oggetto. Il liberalismo italiano per me era anche il retaggio di Luigi Einaudi, a cominciare dagli articoli sul Corriere della Sera a cavallo tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo. Trasmettevano la stessa consapevolezza della formazione oltre il tempo massimo dello Stato unitario italiano, quando ormai gli Stati nazionali in Europa erano, parole di Einaudi: “Polvere senza sostanza”.

Avrebbero potuto sopravvivere solo con un organismo europeo loro sussidiario, nella materie in cui erano insufficienti per la loro dimensione. Occorre precisare come, per Luigi Einaudi, la prima funzione che avrebbe dovuto essere unificata fosse la forza armata. Circa l’economia, per l’economista piemontese, “l’intendenza seguirà”. La disunione dell’Europa fu alla base delle due guerre mondiali e dei totalitarismi o autoritarismi che presero il sopravvento nel periodo tra esse. Il regime più bestiale fu il nazionalsocialismo germanico. A proposito di Ventotene, accludo una fotografia in cui Luigi Einaudi è assieme ad Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi. Il manifesto da loro stilato, con il socialista Eugenio Colorni, nel 1941, contiene in effetti anche le frasi lette da Giorgia Meloni; ma la nipote Barbara Spinelli, su la Repubblica di Venerdì, precisa come Altiero, ritengo dopo un confronto con Luigi Einaudi, le ritenne erronee già, Melius re perpensa, nel 1942. Comunque, negli anni Settanta, a un convegno nella sala consiliare della Provincia di Roma, lo scrivente, nel portare un saluto della Gioventù liberale, si contrastò con Altiero Spinelli, ma su un altro punto: lo Spinelli affermò come, per costruire la federazione europea, occorresse smontare gli Stati nazionali; io invece ritenevo e ritengo che questa deva nascere dalla loro federazione, prendendoli a base.

Quell’idea di federalismo integrale ha portato, come contraccolpo, alla nascita del leghismo, che dalla Liga Veneta a Umberto Bossi e ora a Matteo Salvini è il cancro nel corpo, che adesso pel resto sarebbe sanissimo, della destra italiana. La quale, sull’Unione europea, risponde oggi alle linee guida, “benedettine” e sussidiarie, tracciate al convegno dei conservatori e riformisti a Norcia, prima delle ultime elezioni europee. In quell’occasione si ribadì come il disegno dei conservatori e riformisti, sia quello di una Confederazione di Stati. Nel riferire, su queste colonne, degli esiti di quel convegno io, sul punto, ho sorvolato. Non perché non condivida, storicamente, le obbligazioni sollevate da Alexander Hamilton, John Jay e James Madison, durante la Conversazione di Philadelphia, sui precedenti “articoli di Confederazione”, ma poiché constato come la Confederazione Elvetica, in Europa, costituisca, nei fatti e non nelle parole, un esempio in quanto a solidità della coesione. Invece il bailamme di una sinistra inconsistente su frasi datate e riviste dallo stesso Spinelli, porta a non vedere la trave ben conficcata oggi nell’occhio d’Europa: un elemento non secondario di tutta la spinta all’integrazione sta nell’impedire un serio riarmo nazionale tedesco, per non rivedere il passato. Bene oggi, mentre la sinistra si cingischia con Ventotene, ed il ReArm Europe rallenta, la Repubblica federale di Germania rimuove i suoi limiti costituzionali all’indebitamento per finanziare un grandioso programma di riarmo e proprio quando, per la prima volta dalla fine del Terzo Reich, una grande coalizione tra partiti di orientamento diverso cerca di arginare AfD, un partito con, al suo interno, una malcelata componente neonazista. La cecità della sinistra sedicente democratica è al massimo.

Aggiornato il 25 marzo 2025 alle ore 09:59