#Albait. Il diktat di Trump e il teorema ucraino

Questa settimana ho preparato almeno tre articoli. Il problema è che sono a disagio. Questa testata non ha mai posto alcun vincolo agli articoli di questa rubrica. Questo vuol dire che è uno spazio liberale autentico. Eppure, il taglio del giornale è chiaramente entusiasta della successione di decisioni statunitensi. Il direttore di questo giornale, che conosco dai tempi dell’università, mi ha promesso di spiegarmi cosa accade davvero. Spiegazioni delle quali non posso beneficiare, al momento.

Eppure, ho una discreta esperienza politica e imprenditoriale, non solo accademica. Minore di alcuni, maggiore di tanti altri. Conosco discretamente anche gli Stati Uniti. Conosco i metodi anche sbrigativi che possono adottare le amministrazioni americane. Una delle azioni più brutali fu forse quella esercitata ai danni del Cile e di Salvador Allende, in un altro undici Settembre. Eppure, anche in quel caso, posso capire il corto circuito americano. Se gli americani sentono la parola socialista, e Allende era un socialista piuttosto ortodosso, non ci vedono più. L’Italia di Craxi era per loro un mistero. Un socialista di quel tipo non lo riuscivano a inquadrare bene. Questo, nonostante il partito socialdemocratico portoghese fosse già allora considerato un partito della destra europea.

Ma con tutte queste premesse e incomprensioni, quel che accade in queste settimane non si può incasellare in nulla della tradizione americana.

Se c’è un socialista è Putin, che ha chiaramente definito le sue simpatie per Stalin. Certo, altro suo riferimento è lo zar imperialista Alessandro. Ma in tutti e due i casi, Putin è un soggetto indigeribile per la tradizione americana. Capisco la volontà di Trump di misurarsi con la Cina. Ma la Russia e la Cina non sono più quelle di cinque anni fa. Sono strettamente interconnesse. L’alleanza con Putin, alleato con la Cina, non aiuterà affatto gli americani nel loro confronto con Xi Jinping. Che oltretutto non accetterà mai un confronto militare.

Gli Usa invece di mantenere una postura di limitazione, non di aggressione, nei confronti di Putin, improvvisamente lo assecondano.

Addirittura, prima minacciano, con Vance, Zelensky per aver contrastato Trump e poi consegnano un diktat, che assomiglia a una dichiarazione di quasi guerra a Kyiv. Non ci sono dubbi che la richiesta di firma di cessione della metà di diritti di sfruttamento delle terre rare ucraine senza contropartite è un diktat. Che aiuta la Russia a riprendere fiato, nonostante oggi abbia davanti a sé il baratro militare, economico, politico.

Immagino che Zelensky rifiuterà. E immagino che Zelensky sappia che questo rifiuto segnerà il suo destino. Forse cadrà da una finestra o berrà del polonio americanizzato.

Elon Musk continuerà in ogni caso la sua corsa verso il monopolio dei vettori spaziali e altre due o tre cose che gli interessano, come i taxi senza conducente. Trump continuerà a monetizzare il proprio impegno. Ma le democrazie cadranno.

Quella Usa non può più essere definita democrazia. È inutile stare a sottilizzare. Lorenzo Infantino ricordava la lezione di Hayek: il governo della libertà è quello basato sulle leggi. I governi degli uomini sono destinati ad essere totalitari. Trump ha formato un decreto che stabilisce che le leggi negli Stati Uniti corrispondono al volere del Presidente e, in via subordinata, dell’Attorney General, l’Avvocato dello Stato federale. Altra nomina del Presidente.

Gli Usa scivolano verso la dittatura e vogliono comandare su tutti. Scopriremo presto la differenza tra essere vassalli ed essere stati alleati, se non reagiremo. Lo ha spiegato chiaramente anche Mario Draghi, tra i pochi in Europa, con Sergio Mattarella, ad avere le idee chiare.

Cosa ci aspetta nel futuro, senza reazione democratica, forte e composta?

La schiavitù.

Senza una reazione forte e capace di dimostrare che l’Europa è degna del suo passato, saremo presto schiacciati da est e da ovest. Quelli che un tempo cantavano né Usa né Urss, Europa nazione diventeranno servi di Mosca o New York. Da schiavi. E senza alcuna libertà, nemmeno di lamento.

Nel Parlamento italiano la Lega, con il supporto loquace e convinto dei Cinque Stelle di Josip Nokolaievic Conte, ha preteso e ottenuto una deroga al commercio con la Russia. In sostanza, l’Italia si è sfilata dalle sanzioni. Un’altra volta siamo tra le file dei traditori. Se lo appuntino gli ex camerati che hanno amato l’alleanza con i nazisti e ora amano il rapporto speciale con i russi che questa approvazione significa.

Insomma, l’economia italiana non va benissimo, la verità sugli investimenti del Pnrr verrà presto al pettine, l’occupazione reale è stabile, il monte salari complessivo è in discesa, il Prodotto Interno Lordo aumenta di un’inezia, la produzione industriale continua a scendere, le opere infrastrutturali costano fino a quattro volte quel che costano negli altri Paesi ma il pensiero parlamentare va al sostegno a Putin. Siamo un Paese in grave difficoltà economica, politica, di sovranità ma soprattutto di intelligenza.

Basti pensare che quelli che amano chiamarsi sovranisti giocano a vendersi anche l’anima all’estero.

L’unico sovranismo possibile è basato sulla libertà dei popoli, sulla legge, su istituzioni che siano capaci di far da contrappeso alle altre. Il cuore di tutto però è il popolo. Un mio amico, Claudio Ricozzi, dirigente socialdemocratico da quando lo conosco, ora di Sd, in perfetto romanesco mi ha ricordato recentemente che senza la partecipazione del popolo, le democrazie muoiono. Ha ragione.

Una lezione romana anche per Giorgia Meloni. Ora potrà far vedere se la sua fede democratica attuale è reale. A prescindere dal nostro Presidente del Consiglio (maschile ma lei è donna) se il popolo italiano ed europeo non agiranno quotidianamente con le loro parole e le loro azioni quotidiane, la democrazia avvizzirà velocemente.

Vivere sotto una dittatura non è piacevole per nessuno. Chiedere alle decine di dirigenti e ricchissimi russi che volano dalle finestre russe, per conferma.

Sta a noi scegliere cosa vogliamo. E finché la democrazia potrà essere manifestata, Slava Ukraini. Nessuno di noi vuole essere oggetto dello stesso teorema applicato all’Ucraina basato su un’unica alternativa: cancellazione o guerra di difesa. Il nostro sostegno incondizionato al presidente ucraino Zelensky. Venerdì 22 in tutte le maggiori piazze italiane questo orgoglio potrà essere dimostrato insieme alle comunità ucraine.

Aggiornato il 21 febbraio 2025 alle ore 11:08