Governo e sindacato, tra massimalisti e riformisti

Volendo semplificare fin quasi a banalizzare un tema molto importante, possiamo affermare che il mondo si divide in tre grosse macro categorie: i reazionari, i riformisti e gli antagonisti. Gli antagonisti generalmente combattono il potere non tanto per cambiare le cose quanto per un fatto estetico che li ingolosisce fino al paradosso di cercare la bella morte. Dei riformisti dicono che sono loschi, mollaccioni e intrallazzati con il potere. In realtà, i riformisti portano sempre qualcosa a casa a beneficio della generalità mentre gli antagonisti, quando vanno al potere, diventano magicamente i più ostinati reazionari, convinti di essere gli unici proprietari delle chiavi del Paradiso. Quando, invece, al potere non ci sono loro è un disastro: la povertà dilaga, l’ingiustizia sociale miete vittime e la libertà latita. Ovviamente è tutta colpa dei cattivacci al Governo, responsabili di tutto e reazionari per definizione, anche quando non lo sono affatto.

Questa descrizione dal sapore vagamente orwelliano riporta al cortocircuito tra i sindacati e la politica a cui assistiamo in questi giorni: da una parte un Governo definito reazionario e dall’altra una galassia sindacale divisa tra massimalisti e riformisti. I primi a evocare la piazza a volte prima ancora che il Governo vari i provvedimenti, indisponibili ideologicamente a trattare, ostili anzitutto politicamente e solo residualmente dal punto di vista sindacale e sociale. I secondi dialoganti, pronti a enfatizzare la forza della trattativa, attenti a puntualizzare che non esistono Governi amici o nemici ma Governi con cui si ha il dovere di sedersi al tavolo e puntuali nel rivendicare i risultati ottenuti attraverso la concertazione. Al centro, un Governo politico che si frappone tra i due contendenti, speculando legittimamente sulle divisioni. Tutte le parti in causa recitano un copione in commedia, il più conveniente, ascoltando il quale non si scandalizza solo chi ha le spalle sufficientemente larghe per capire che trattasi di normali dinamiche. Pratica che non dovrebbe spingersi oltre certi limiti, pena la scarsa credibilità di chi minge fuori dai recinti consentiti.

Il limite della decenza vorrebbe che il filone sindacale antagonista, il quale strepita più oggi rispetto a quando si fece scippare sotto il naso l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, non si scandalizzi allorché al Congresso della Cisl si respira sintonia e rispetto profondo tra Governo e sindacato. Prima di tutto perché questa sintonia è il prodotto di una divisione nata da chi ha messo in gioco l’unità sindacale per fare dell’antagonismo incendiario che sa di propaganda. In secondo luogo, perché questa concordia è il frutto dell’atteggiamento autorevole di chi ha rinunciato a sparate di piazza per guadagnarsi il rispetto dell’interlocutore di Governo. Se prendessimo la foto tanto contestata in questi giorni, in cui il leader della Cisl Luigi Sbarra omaggia la presidente del Consiglio con dei fiori (scandalo!!!) e la affiancassimo a una delle foto in cui Maurizio Landini arringa la piazza o fa comizi da Giovanni Floris guardandosi bene dal parlare di temi sindacali, ci troveremmo da una parte un sindacalista che ha tentato di migliorare le condizioni dei lavoratori e dall’altra un politico mascherato da sindacalista che fa solo propaganda e speculazione politica. Questo l’identikit. Al lettore l’onere di risolvere il rebus in foto.

Aggiornato il 18 febbraio 2025 alle ore 09:39