Liberalizzare l’istruzione

Meno Stato e più società per un’istruzione davvero libera e di qualità

La libertà educativa rappresenta un tema cruciale per il futuro del nostro Paese, poiché tocca il diritto fondamentale delle famiglie di scegliere l’istruzione più adatta per i propri figli. È un tema complesso e articolato, sul quale si concentrerà il IX Festival della Libertà, in programma dal 24 al 26 gennaio a Piacenza. Esso ricomprende anche l’annosa questione della parità scolastica e quella di una maggiore autonomia educativa.

Detta parità, è bene evidenziare immediatamente, non si esaurisce nel semplice finanziamento delle scuole paritarie, ma investe profili e aspetti ben più ampi e importanti. Invero, un sostegno economico potrebbe essere, e probabilmente, è certamente utile, ma da solo non basta. La vera parità, che si declina nella libertà delle istituzioni educative, richiede la liberalizzazione completa del sistema scolastico, che metta in concorrenza scuole statali e non statali su un piano di uguaglianza normativa e operativa.

Il problema principale del sistema scolastico italiano risiede infatti nel monopolio statale che lo caratterizza, che abbraccia le scuole di ogni ordine e grado e il sistema universitario, anche gli atenei gestiti da enti privati, che sono sottoposti all’autorità centrale e periferica del Ministero dell’Istruzione e assoggettati al principio di conformazione al modello statale. È questo il risultato di provvedimenti legislativi che in modi e tempi diversi sono stati adottati per disciplinare i rapporti tra scuola di Stato e scuola non statale e, per queste ultime, hanno dettato norme specifiche. Dette norme, però, hanno solo accentuato l’impronta statalistica con la creazione di un sistema olistico, il sistema nazionale dell’istruzione, ricollegato alla concezione dell’istruzione come fine proprio ed esclusivo dello Stato, il quale non si deve limitare a promuovere e regolare, ma a cui deve provvedere direttamente, relegando, di conseguenza, ad un ruolo del tutto marginale e secondario quelle gestite da enti e privati.

In conseguenza di ciò, è stata soffocata la vitalità delle scuole non statali, che sono state imbrigliate in un reticolato di vincoli burocratici e adempimenti, che ne hanno limitato l’autonomia e ostacolato la crescita. Detto squilibrio ha creato un mercato falsato che ha impedito e impedisce di premiare le scuole migliori e perpetuato un sistema che risponde più alla burocrazia ministeriale che alle reali esigenze degli studenti e delle famiglie.

Com’è ormai acquisito, la concorrenza è il motore del miglioramento in ogni ambito, e l’istruzione non fa eccezione. Se le scuole statali fossero poste in competizione con quelle non statali, sarebbero costrette a migliorare la propria offerta educativa per attrarre studenti. Le famiglie, dal canto loro, devono poter scegliere liberamente la scuola che ritengono più adatta per i propri figli, senza essere vincolate a un modello educativo unico imposto dallo Stato. La possibilità di scegliere tra diverse opzioni educative è essenziale per garantire un sistema pluralista e innovativo, capace di adattarsi ai cambiamenti sociali e culturali.

Per raggiungere questo obiettivo, è fondamentale agire seguendo tre direttici.

La prima riguarda l’autonomia delle scuole statali. Le stesse devono essere destatalizzate e staccate dal controllo diretto del potere statale e trasformate in enti autonomi, capaci di gestire liberamente programmi, risorse e personale.

La centralizzazione burocratica, così come è apprestata attualmente, soffoca ogni possibilità di innovazione e adattamento alle esigenze specifiche del territorio e delle persone. Le scuole devono poter rispondere alle necessità degli studenti e delle famiglie, senza dover sottostare a rigide direttive ministeriali che spesso risultano distanti dalla realtà quotidiana.

Con la destatalizzazione, lo Stato si limiterebbe a definire gli standard educativi, mentre la gestione verrebbe affidata a enti, istituzioni e privati in un contesto di libero mercato e concorrenza. La parità scolastica si tradurrebbe così in una “parità di condizioni”, garantendo uguale trattamento iniziale e assenza di discriminazioni normative che limitino la libertà degli operatori. In uno scenario siffatto, le istituzioni scolastiche competerebbero per attrarre studenti, proprio come accade nel mercato, dove il consumatore – le famiglie – sceglie liberamente l’offerta più adatta alle proprie esigenze. Ciò favorirebbe un sistema scolastico dinamico e meritocratico, eliminando le inefficienze burocratiche e consentendo una reale libertà di scelta.

Occorre poi liberalizzare le modalità di finanziamento attraverso un sistema di voucher scolastici, il quale rappresenta indubbiamente un ulteriore passo verso la libertà educativa. Siffatto finanziamento pubblico deve però seguire lo studente, non l’istituzione. In questo modo, ogni famiglia avrebbe la possibilità di scegliere liberamente la scuola pubblica che ritiene più adatta, sia essa statale o non statale, utilizzando un buono scuola per coprire i costi dell’istruzione. Il meccanismo così apprestato, incorporato in un titolo di legittimazione, garantirebbe una reale parità regolamentare tra le scuole e promuoverebbe una competizione sana e costruttiva. L’altra misura concerne l’abolizione del valore legale dei titoli di studio, i quali non rappresentano dei semplici titoli accademici, che attestano il felice superamento di un corso di studi, bensì dei certificati pubblici, rilasciati “in nome della legge” e destinati a produrre determinati effetti giuridici, scolastici ed extrascolastici. Il titolo deve valere la scuola, e non può essere lo Stato a determinare il valore di un percorso educativo, come in proposito ha scritto Lugi Sturzo: “Ogni scuola, quale che sia l’ente che la mantenga, deve poter dare i suoi diplomi non in nome della Repubblica, ma in nome della propria autorità: sia la scoletta elementare di Pachino o di Tradate, sia l’università di Padova o di Bologna: il titolo vale la scuola. Se una tale scuola ha una fama riconosciuta, una tradizione rispettabile, una personalità nota nella provincia o nella nazione, o anche nell’ambito internazionale, il suo diploma sarà ricercato, se, invece, è una delle tante, il suo diploma sarà uno dei tanti”.

Pertanto, solo riconoscendo il merito e la qualità degli istituti scolastici sarà possibile innescare una competizione virtuosa che porti a un miglioramento complessivo del sistema educativo. Del resto, quale che sia l’orientamento a riguardo, è il caso di sottolineare che il mercato ha già da tempo anticipato qualsiasi riforma in materia: le imprese non prestano attenzione al valore legale del titolo, ma piuttosto al percorso accademico/scientifico compiuto dal candidato (quale università si è frequentata, con quali professori e così via).  Il che significa che il mercato privilegia nelle sue scelte la ricerca della qualità e prescinde dalla burocratica classificazione dei requisiti minimi di accesso.

In definitiva, e traendo le dovute conclusioni da quanto sopra delineato, la libertà educativa è essenziale per costruire un sistema scolastico capace di rispondere alle esigenze delle famiglie e di favorire un reale pluralismo formativo.

L’attuale monopolio statale, caratterizzato da rigidità burocratiche e vincoli normativi, soffoca la crescita delle scuole non statali e limita le opportunità di scelta per studenti e genitori. Solo una vera liberalizzazione, che metta in competizione scuole statali e non statali su un piano di parità, può garantire un’istruzione di qualità, capace di adattarsi alle sfide di una società in continuo cambiamento.

Per raggiungere tale obiettivo, è altresì necessario introdurre strumenti come il finanziamento che segua lo studente e l’abolizione del valore legale dei titoli di studio, incentivando merito e innovazione. La libertà educativa non è solo una questione economica, ma un principio cardine per una società dinamica e responsabile. Come ha ancora sottolineato il citato Luigi Sturzo: “Due cose mancano alla scuola in Italia: libertà e mezzi; ma i mezzi senza libertà sarebbero sciupati; mentre con la libertà si riuscirebbe anche a trovare i mezzi”. Solo restituendo alle famiglie e alle istituzioni scolastiche la libertà di scelta si potrà realizzare un sistema educativo veramente efficace e inclusivo.

Aggiornato il 24 gennaio 2025 alle ore 12:05