La difesa corporativa dell’Anm

In un mare tempestoso l’unico modo per superare le avversità e mettere in sicurezza i naviganti è orientare la nave verso un porto sicuro.

Quando gli animi si accendono, quando la polemica fa perdere l’equilibrio ed allontana la soluzione è il momento di aprire al dialogo ed al confronto.

È il momento della riflessione che contrasta la gratuita contrapposizione.

In quest’ottica risulta inaccettabile e non condivisibile l’approccio dell’Anm relativamente al tema della separazione delle carriere.

Annunciare uno sciopero in cui si anticipa il voltar le spalle ed abbandonare l’aula nel momento in cui il Ministro della Giustizia prenderà la parola (in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario) tradisce un atto di mal celata arroganza nel mancato rispetto delle Istituzioni.

Quelle Istituzioni, infatti, che Anm si candida a voler preservare e a difendere, vengono offese nel momento in cui si girano le spalle.

Sono figlio di un uomo che ha indossato una divisa per più di quarant’anni e, nonostante tante volte non sia stato adeguatamente difeso e tutelato dallo Stato (basti pensare al misero trattamento economico che viene riservato ai tutori dell’ordine che rischiano la propria vita ogni giorno per garantire la nostra sicurezza), non ha mai ipotizzato di girare le spalle rispetto ad un rappresentante delle Istituzioni.

Istintivamente non sono contro le proteste ma mi affascinano molto più le proposte.

Da quello che abbiamo modo di constatare, la rivolta dell’Anm appare una difesa corporativa posta in essere da chi risulta incapace di accettare una dialettica (di tipo hegeliano) in cui si è disponibili ad accogliere il superamento delle proprie posizioni.

Lo sciopero, invece, purtroppo, si palesa sempre più come un atto di arroganza intellettuale in cui prevale il principio di sentirsi unici depositari della verità.

Ma tutto questo non appartiene al pensiero democratico, è l’anticamera di un concetto aristocratico che si era fatto luce nell’antica Grecia allorquando si era propugnata l’idea che il governo della cosa pubblica dovesse essere sottratto al popolo per essere riconosciuto ai Migliori.

Ma chi sono i Migliori e chi ha l’autorevolezza e credibilità per definirli tali?

Di qui la necessità di un sistema che, per quanto imperfetto, si affidi alla democrazia ed al giudizio del popolo.

Rispetto a ciò, Anm dovrebbe prodursi in una adeguata riflessione.

Una riflessione che sia diacronica e che restituisca una narrazione capace di decretare una nuova legittimazione che si traduca, non solo nella sostanza ma anche nella forma, nell’idea di una corretta amministrazione della Giustizia.

Pur evitando di accedere alla gratuita polemica non possiamo far finta di non vedere quanto è accaduto sino ad oggi.

Non possiamo dimenticare il processo celebrato a carico dell’ex Guardasigilli Mastella (e della sua consorte), costretto a dimettersi ed abbandonare il percorso di riforma della giustizia (nonostante fosse innocente così come dimostrato da una sentenza di assoluzione intervenuta, ahimè, soltanto dopo sette anni).

Quando rileggiamo certi avvenimenti (tangentopoli, scandalo Palamara, etc.) sorge il dubbio che qualcuno, ritenendosi un unto dal Signore e depositario di una funzione catartica e purificatrice, abbia potuto immaginare di essere al di sopra delle Leggi.

Di essere al di sopra della stessa democrazia.

Ma questo è inaccettabile!

E fa male soprattutto alla magistratura che sembra sempre più concentrata sull’insistere quando, invece, dovrebbe mirare a coesistere.

L’Anm dovrebbe comprendere che non esiste un nemico da combattere ma un sistema da costruire insieme.

Alcuni anni fa in occasione dell’inaugurazione di un anno giudiziario la Magistratura intonò ed evocò una chiamata alle armi affermando: “Resistere, resistere, resistere”!

Oggi, però, è arrivato il momento di rivendicare con forza il fatto che non siamo in guerra e che nel rispetto dell’articolo 111 della Costituzione, non tanto gli avvocati, i rappresentanti dell’esecutivo od i rappresentanti parlamentari, ma i cittadini desiderano un Processo Giusto dinanzi ad un Giudice Terzo in cui l’unico grido accettabile e condivisibile è: “Desistere, Desistere e Desistere per garantire ad ognuno il diritto ad Esistere”!

(*) Presidente Camera Penale Salernitana

Aggiornato il 21 gennaio 2025 alle ore 11:32