“Je suis Charlie”: non solo ieri, ma anche domani

Esattamente 10 anni fa, il 7 gennaio 2015, alle 11,30 di mattina un commando composto da due uomini armati di Kalashnikov fece irruzione nella sede del settimanale satirico francese Charlie Hebdo durante la riunione di redazione, causando una carneficina in nome di Allah: 12 innocenti rimasero uccisi.

La reazione fu unanime: piazze e cortei, giornali e social, tutti abbiamo inneggiato alla difesa sempre e comunque della libertà di parola, di informazione, libertà alla satira, alla democrazia. Tutte le persone, a livello internazionale, si sono riunite per affermare i valori migliori del nostro vituperato Occidente al grido di “Je suis Charlie”. Se la stessa tragedia si ripetesse oggi, le reazioni sarebbero ben diverse purtroppo. 10 anni di “politicamente corretto” hanno portato ad un ribaltamento sconcertante: quell’orgoglio è stato sepolto sotto la paura e la nuova dittatura culturale. Oggi il settimanale satirico viene bollato come impubblicabile perché islamofobo, omofobo, misogino, blasfemo, pornografico o lesivo di qualsivoglia categoria o minoranza. La stessa classe politica francese si contraddice: l’esempio più evidente è rappresentato da Jean-Luc Mèlenchon. Subito dopo gli attentati, nel 2015, aveva salutato “il diritto di essere irreligiosi” e raccomandato di compiere “un atto civico” acquistando il numero del settimanale che seguiva la sparatoria; il velo islamico era visto come un “segno di sottomissione patriarcale” e si rifiutava di usare il termine “islamofobico”. Poi, nel 2021, il giro di boa: “Sono stato trascinato nel fango molte volte dalla nuova squadra di Charlie Hebdo, quella che ha preso il posto dei miei amici assassinati”.

Ultimamente, diversi rappresentanti eletti di La France insoumise hanno espresso la loro rabbia nei confronti del giornale, giudicato “razzista”. Oggi la sinistra mondiale si spertica a favore di tutte le dittature medio orientali, contro i valori occidentali, contro la libertà di opinione e di satira, ma soprattutto guai a rischiare di infastidire le persone di fede islamica, pena la scomunica woke. Proprio oggi, noi ribadiamo invece con forza che siamo ancora Charlie: ieri, oggi, domani e per sempre.

Perché, sia chiaro, la difesa della libertà di parola contro ogni censura non passa per Tony Effe!

Aggiornato il 07 gennaio 2025 alle ore 18:12