La Presidente Meloni, in un recente intervento alla Camera, ha dichiarato che le politiche proposte dal Presidente argentino Javier Milei sono adeguate per l’Argentina, ma “non replicabili in Italia”.
È davvero così? O la Presidente è eccessivamente (ma comprensibilmente) ottimista?
Da una prospettiva liberale emerge che, sebbene le dimensioni dei problemi economici possano differire tra i due Paesi, le sfide strutturali presentano notevoli somiglianze.
L’Italia è caratterizzata da una pressione fiscale elevata. Nel 2022, la pressione fiscale ha raggiunto il 42,8% del Pil: siamo terzi in Europa, dietro solo a Francia e Danimarca ma con servizi pubblici incomparabilmente peggiori. Questa elevata tassazione è destinata a finanziare una spesa pubblica ipertrofica, che nel 2022 ha superato del 5% la media dell’Ue27, con una spesa per abitante di 18.519 euro rispetto ai 17.660 euro della media europea.
La combinazione di alta pressione fiscale e spesa pubblica pone un peso considerevole sull’economia nazionale, limitando la capacità di crescita e l’efficienza del settore privato che, è bene ricordarlo anche a destra, è l’unico vero motore dell’economia di un Paese. Questo scenario è analogo a quello argentino, dove decenni di socialismo e malversazioni hanno cagionato un sistema fiscale oneroso e una spesa pubblica inefficiente e, di conseguenza, una stagnazione economica prolungata.
Un altro parametro, tra i tanti, in cui l’Italia si distingue – negativamente, ahimè – è il debito pubblico. Nel 2023, il debito ha raggiunto 2.863 miliardi di euro, pari al 137,3% del Pil. Le previsioni per il 2024 sono decisamente nefaste e portano a ritenere che sarà abbattuto il muro dei 3mila miliardi di euro. Questa cifra colloca l’Italia tra i Paesi più indebitati dell’Occidente, seconda solo alla Grecia nell’area euro. Un debito di tale portata limita se non impedisce del tutto la capacità del governo di implementare politiche fiscali espansive e aumenta la vulnerabilità del Paese a shock economici esterni. Per capire quanto il debito incida sull’economia reale, pensiamo che nel 2023 abbiamo speso 79 miliardi di euro di interessi e, nello stesso anno, le spese per la difesa sono state di “soli” 29 miliardi, quasi un terzo!
Analogamente, l’Argentina ha affrontato crisi economiche legate a un debito pubblico insostenibile, culminate in default sovrani e instabilità finanziaria. Sebbene le cifre assolute differiscano, la qualità e la natura dei problemi di indebitamento sono comparabili.
L’economia italiana soffre di una stagnazione prolungata, con tassi di crescita e produttività pressoché immobili da decenni. Le previsioni per il 2024 indicano un aumento del Pil dello 0,5%, seguito da un incremento dello 0,8% nel 2025, evidenziando una ripresa economica lenta e insufficiente a colmare il divario con altri Paesi europei.
Questa stagnazione è attribuibile a vari fattori, tra cui un mercato del lavoro rigido, un sistema burocratico complesso e un ambiente imprenditoriale poco favorevole all’innovazione. Anche l’Argentina ha sperimentato in passato una crescita economica anemica, aggravata da politiche economiche inefficaci e instabilità politica.
Il rischio dell’autocompiacimento
È fondamentale riconoscere che, nonostante alcuni indiscutibili progressi, i problemi strutturali dell’Italia rimangono irrisolti. Pensare di aver risolto le sfide economiche del Paese dopo soli due anni di governo sarebbe un errore grave. Sebbene l’attuale esecutivo abbia arginato l’avanzata di scellerate politiche di sinistra (tipo quelle viste sotto il governo giallorosso di Conte) che avrebbero potuto aggravare la situazione economica, il percorso verso una ripresa sostenibile è ancora lungo e complesso. E non sempre la direzione presa è quella giusta.
Le politiche proposte da Javier Milei, incentrate sulla drastica riduzione della spesa pubblica, sulla liberalizzazione dell’economia e conseguente diminuzione della pressione fiscale, possono e devono offrire spunti utili anche per l’Italia. Adottare una prospettiva più liberale e libertaria porterebbe certamente a stimolare la crescita economica, aumentare la competitività internazionale e ridurre il peso del debito pubblico.
Ignorare queste opportunità, viceversa, potrebbe alimentare il malcontento popolare, aprendo la strada a soluzioni stataliste e socialiste (anche se di destra) che rischierebbero di infliggere un colpo definitivo all’economia italiana.
Sebbene le specificità dei contesti italiano e argentino differiscano, le sfide economiche fondamentali presentano sorprendenti somiglianze. Affrontare con decisione la pressione fiscale elevata, la spesa pubblica eccessiva, il debito pubblico imponente e la stagnazione economica richiede coraggio politico e una visione orientata al libero mercato. Liquidare le politiche libertarie come “non replicabili” in Italia, viceversa, rischia di essere un boomerang politico ed un grande regalo alle sinistre.
(*) Segretario nazionale del Partito Liberale Italiano
Aggiornato il 19 dicembre 2024 alle ore 13:43