In tutta Europa (e in particolare in Romania), decine di bambini e ragazzi sono stati ospedalizzati a seguito di una pericolosa moda virale su TikTok, nota come “Superman challenge”. Questa sfida, che incoraggia i partecipanti a lanciarsi da altezze simulate come fossero supereroi, ha provocato gravi lesioni e fratture, generando allarme tra genitori e autorità. Il problema, tuttavia, non è nuovo: le piattaforme digitali, soprattutto quelle frequentate dai più giovani, sono spesso terreno fertile per la diffusione di comportamenti che spingono all’emulazione ed espongono a pericoli gravi. Il tema è così rilevante che il Parlamento europeo ha convocato una sessione in programma oggi, in cui si discuterà anche di “disinformazione involontaria e disinformazione intenzionale su piattaforme digitali come X e TikTok”. Nonostante l’urgenza, occorre evitare che la risposta a tali sfide si traduca in super-regolamentazioni calate dall’alto, come sempre inefficaci e limitanti. L’obiettivo dev’essere piuttosto quello di educare alla responsabilità, promuovendo un approccio che parta dal basso e che coinvolga istituzioni come le famiglie, le scuole e i mezzi di comunicazione.
La prima e più importante soluzione è quella di educare i giovani a un uso consapevole delle piattaforme digitali. Concretamente, questo potrebbe significare la proposta di lezioni di educazione digitale nelle scuole primarie e secondarie. Questi corsi potrebbero spiegare in maniera approfondita i rischi e i meccanismi delle piattaforme social, le loro logiche economiche (ad esempio, come esse guadagnano grazie al tempo di permanenza degli utenti) e i pericoli associati alle mode virali. Le scuole potrebbero organizzare incontri con le famiglie per sensibilizzare anche i genitori sull’uso responsabile della tecnologia, fornendo strumenti pratici per monitorare e discutere l’attività online dei propri figli. O ancora, si potrebbe provare a coinvolgere influencer e media tradizionali in campagne che smontino il fascino di queste sfide pericolose, evidenziandone i rischi reali. È fondamentale che questo tipo di educazione non si limiti ai più piccoli. Anche gli adulti devono essere formati, perché spesso sono questi ultimi a ignorare l’impatto psicologico delle tecnologie sui giovani. Organizzazioni non governative e associazioni familiari potrebbero collaborare per produrre materiali educativi e offrire corsi.
La seconda via da perseguire per limitare questi fenomeni è certamente quella che ha a che fare con il diritto di ciascuno a criticare pubblicamente e finanche boicottare le grandi aziende che non fanno nulla per garantire l’incolumità dei nostri ragazzi. Le piattaforme digitali come TikTok devono essere chiamate a rispondere della diffusione di contenuti dannosi. Ancora una volta, questo non significa necessariamente invocare regolamentazioni statali pervasive, ma promuovere azioni incisive dal basso. I cittadini, attraverso petizioni e campagne, possono esercitare pressioni pubbliche sui gestori di queste piattaforme, chiedendo la rimozione tempestiva di contenuti pericolosi e l’introduzione di algoritmi migliorati per il monitoraggio. Tali reazioni, se non dovessero avere la meglio sulla negligenza di queste piattaforme (cosa più che probabile, viste le loro dimensioni), potrebbero tuttavia manifestare e rendere esplicito un nuovo bisogno all’interno del mercato e quindi incentivare lo sviluppo di piattaforme social etiche che garantiscano maggiore sicurezza per i minori, promuovendo una competizione virtuosa all’interno dello stesso mercato della comunicazione, dell’intrattenimento e della tecnologia.
Un terzo aspetto cruciale è quello di rendere le piattaforme responsabili legalmente per la diffusione di contenuti che mettono a rischio la vita e la salute degli utenti. Tuttavia, tale responsabilità deve essere applicata in modo mirato, senza demonizzare l’intero settore tecnologico. Le autorità giudiziarie competenti dovrebbero intervenire solo contro le aziende che dimostrano negligenza sistematica, imponendo sanzioni economiche o persino restrizioni operative. Ad esempio, TikTok potrebbe essere obbligata a rimborsare le famiglie delle vittime o finanziare programmi di prevenzione. Le piattaforme potrebbero essere incentivate, anche dietro pressione della classe politica, ad adottare nuovi codici di condotta interni, magari certificati da enti indipendenti, per garantire un ambiente digitale più sicuro.
L’approccio alle sfide digitali non può essere lasciato esclusivamente alla politica, che tende a imporre soluzioni coercitive a intere categorie di mercato. La moralità, intesa come capacità di scegliere il bene liberamente, è la chiave per un progresso autentico. Il segreto è come sempre nella sussidiarietà, cioè nelle soluzioni che vanno dal basso verso l’alto. Ricade sempre sulle famiglie, in ultima istanza, il compito di insegnare ai figli l’autocontrollo e il discernimento, spiegando che il valore delle scelte non dipende dal numero di like ricevuti.
La “Superman challenge” è, in realtà, solo l’ultimo esempio di come le piattaforme digitali possano influenzare negativamente i più giovani. Affrontare questo problema richiede un vero cambio di paradigma: non possiamo delegare sempre tutto alla politica, né soffocare l’innovazione con regolamentazioni eccessive, anche se siamo sempre stati abituati a reagire in questo modo ai vari problemi sociali da decenni, se non secoli, di indottrinamento statalista. La soluzione sta nell’educazione, nella responsabilità individuale e nella collaborazione tra i cittadini, le aziende e professionisti del diritto. La forza dello Stato non può rendere gli individui e le aziende migliori. Con questa consapevolezza, potremo costruire un ambiente digitale che non metta a rischio la vita, ma la arricchisca.
Aggiornato il 17 dicembre 2024 alle ore 09:34