Allora, la vogliamo indire questa giornata che ci aiuti a ricordare le vittime della giustizia? Sarebbe stata individuata anche la data, il 17 giugno, quando una persona perbene (Enzo Tortora) fu scambiata per un pericoloso narcotrafficante, con tanto di riprese tivù con il malfattore in manette e per il quale si aprirono anche le porte del carcere. Per i più giovani ricordiamo che, come logico, la persona fu poi dichiarata innocente e restituita alla quotidianità precedente: “Dove eravamo rimasti?”, per capirci. Abbiamo visto, nei giorni precedenti, che l’idea dell’istituzione della giornata non piace ai magistrati ma non solo a loro. Infatti, in Commissione Giustizia della Camera, sull’argomento si sono astenuti i deputati del Partito democratico. Sì, astenuti perché evidentemente (ma il nostro è un processo alle intenzioni) non hanno avuto gli attributi per votare contro. È toccato al deputato Federico Gianassi spiegare l’astensione del gruppo piddino facendo sapere, senza un briciolo di vergogna, che il caso Tortora non fu un errore. In altri termini, il Pd sarebbe stato costretto a uscire da sotto le toghe dei magistrati e ammettere che, anche nel caso di Tortora, più di qualcosa non andò per il verso giusto.
“Fate pietà”, ha scritto Gaia Tortora, figlia di Enzo, sui social e rivolta ai democratici. In casi simili il confine tra “pietà” e “schifo” è davvero sottile, aggiungiamo noi. “Un insulto ai mille innocenti che ogni anno – scrive Tiziana Maiolo sul Riformista – in Italia finiscono in carcere, e al simbolo di tutti loro, Enzo Tortora, che di ingiustizia è anche morto”. “Loro sono il Pd e al massimo – afferma Gaia Tortora – la principale preoccupazione è non dare troppo fastidio a certa magistratura”.
Il Pd, quando si parla di giustizia, mostra sempre le proprie lacune ideologiche: garantismo o giustizialismo? Una scelta che sembra piuttosto difficile e che spesso conduce il partito di Elly Schlein a “non scelte”. Il “fate pietà” della Tortora sembra un’affermazione fin troppo tenera. Di Pd, Partito dell’abbandono, scrive invece sui social l’ex deputato Sergio Pizzolante.
“La via giudiziaria – secondo Pizzolante – è il sole del divenire di questa sinistra italiana. Strumento principale per combattere gli avversari, i nemici politici e per garantire, con l’abbandono degli amici e dei compagni, la magistratura politica. Da lì non si muovono. Soprattutto col nuovo corso della Schlein, che deve prendere i voti dai 5 stelle”. Ecco perché Partito dell’abbandono: “Nel corso dei decenni – sostiene ancora Pizzolante – hanno abbandonato prima i comunisti milanesi, durante Tangetopoli, perché inquinati dai socialisti, poi Filippo Penati, comunista, presidente della Provincia di Milano; poi, via via, Antonio Bassolino, sindaco di Napoli; poi Mario Oliverio, presidente della Calabria; poi Simone Uggetti, sindaco di Lodi; poi Ottaviano Del Turco, presidente dell’Abruzzo; poi Marcello Pittella, presidente della Basilicata; poi Stefano Esposito, ex senatore torinese del Pd; poi tanti altri. È il prezzo che pagano alla dipendenza dalla quale dipende la via giudiziaria al potere”.
E dal “fatepietismo” è tutto.
Aggiornato il 16 dicembre 2024 alle ore 11:53