Parlare della morte di Paolo Pillitteri è per me come se avessi ricevuto un colpo al cuore. Troppo forte era il nostro legame umano, politico e culturale. Per un lungo periodo abbiamo scritto su quotidiani “clandestini” con la compiacenza di Massimo Bordin che, in Stampa e regime di Radio Radicale, ci commentava gli articoli, da par suo. Lui si firmava Ludovico Moro e io Dick Tracy come l’investigatore creato da Chester Gould. Fu a mia insaputa che mi trovai nei panni del personaggio dei fumetti americani. Fu Paolo ad appiccicarmi il nome del detective che indossava l’inseparabile impermeabile. Erano i tempi del pogrom di Mani pulite e solo e soltanto L’Opinione delle Libertà del compianto Arturo Diaconale ci dava la possibilità di scrivere contro il vento giustizialista che soffiava in Italia. Eolo era il pool di Mani pulite, per intenderci.
Dopo l’esperienza giornalistica a L’Opinione, Bettino Craxi mi pregò di dare una mano a l’Avanti! mentre Paolo continuò a scrivere sul quotidiano di via del Corso. A un certo punto, Paolo mi seguì a l’Avanti! ma fu solo un intermezzo, dopodiché ritornò a scrivere come vicedirettore de L’Opinione e io presi altre strade: mi dedicai a scrivere alcuni libri per la storica casa editrice Lacaita e per Marsilio.
Sollecitato da Gianni De Michelis, scrissi Fatti e misfatti delle privatizzazioni. Non c’era santo giorno che io e Paolo non ci sentivamo per scambiarci delle riflessioni politiche. Mi mancheranno le sue battute e la sua ironia anche su questioni scabrose. Non aggiungo altro, sarebbe superfluo. So solo che da ieri non mi squillerà il telefono: “Ciao Biagio, hai letto...”.
Aggiornato il 09 dicembre 2024 alle ore 20:39