Germania, Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia stanno da fine estate preparando i loro cittadini all’eventualità della Terza guerra mondiale: spiegano loro che bancomat e carte di credito potrebbero improvvisamente non essere utilizzabili negli acquisti per interruzioni dell’elettricità, e che la tranquillità salottiera e casalinga potrebbe non più essere garantita da on-line e Deliveroo; quindi, invitano i loro abitanti a costruire rifugi ed accumulare scorte alimentari.
La guerra e il combattimento non sono più presenti nella memoria storica della maggior parte dei cittadini europei, fatta eccezione per pochi militari di professione ed ultranovantenni o centenari che l’hanno vissuta. Soprattutto a noi italiani è stato ripetuto fino allo spasimo che, finita la Seconda guerra mondiale, l’Europa non avrebbe mai più conosciuto guerre, anche perché scritto nelle costituzioni dei nostri Stati europei. A queste parole i tedeschi non ci hanno mai creduto per davvero: la Germania ha continuato a costruire rifugi pubblici durante tutta la Guerra fredda: ad Ovest li costruivano temendo l’invasione comunista, a Est viceversa si aspettavano l’arrivo degli americani. Ecco perché metropolitane e stazioni in Germania sono sempre equipaggiate da efficienti spazi di sicurezza. Anche in Polonia gli spazi privati, le cantine ed i garage vengono costruiti nell’ipotesi d’uso come nascondigli per salvarsi dai bombardamenti. In Italia questi pensieri corrono poco tra la popolazione, anche perché nella maggior parte delle persone è radicata la convinzione che il Belpaese goda della protezione del Vaticano e, soprattutto, che nessun potente della Terra ordinerebbe mai di bombardare la nazione col più ricco patrimonio di opere d’arte: perché finita la guerra ogni potente vorrebbe allungare le mani sulle ricchezze italiane.
L’Italia è un po’ come Troia, di cui ha ereditato sia la propensione ad accumulare le cose belle che logicamente anche l’attirarsi invidie planetarie. E sappiamo bene come non ci sia potente della Terra che non brami possedere ville, palazzi ed opere d’arte in Italia, e casomai anche passarci lunghi periodi di piacere. Quindi è davvero improbabile che il territorio italiano possa ritrovarsi coinvolto. Ma ci sono certamente in Italia le 120 basi Nato, di cui ben 59 totalmente Usa, che potrebbero rivelarsi obiettivi: ma sappiamo bene che prima di colpire l’Italia verrebbero aggredite le nazioni del Nord e centro Europa. Anche se sappiamo che Vladimir Putin non attenderebbe altro che l’insediamento di Donald Trump per pianificare una pace duratura. Quest’ultima, purtroppo, è messa in pericolo dagli ultimi colpi di coda dell’amministrazione Biden. Infatti, il presidente Usa uscente oltre ad aver graziato il figlio Hunter, sta spingendo affinché l’escalation bellica conduca alla Terza guerra mondiale. L’impulso di Biden è stato immediatamente recepito da Ursula von der Leyen che, oltre all’invio di risorse finanziarie ed armi, starebbe pianificando l’invio di truppe europee alla volta di Kiev. A rivelarcelo è stata due giorni fa Kaja Kallas, neo rappresentate dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza nella Commissione von der Leyen, e precedentemente primo ministro dell’Estonia. Kaja Kallas era in compagnia del presidente del Consiglio europeo Antonio Costa (avvocato e politico portoghese) quando ha rivelato alle agenzie di stampa (notizia Ansa riportata anche da Il Messaggero): “Non possiamo escludere nulla, per l’Ue è la più grave crisi di sicurezza... non è facile porre fine a questa guerra”. Quindi la Kallas si dichiara scettica rispetto al programma di pace proposto da Trump, obiettando che “è nell’interesse degli Usa ‒ parole di Kaja Kallas (ventriloqua di Ursula von der Leyen) ‒ continuare a sostenere l’Ucraina, perché una vittoria di Mosca rafforzerebbe la Cina, l’Iran e la Corea del Nord, che già operano insieme”.
È evidente che la Kallas (quindi la von der Leyen) non gradirebbe collaborare al disgelo con Mosca proposto da Trump: ovvero una pace con Mosca utile ad isolare commercialmente la Cina. Di fatto l’insipienza e la rigidità di Ursula von der Leyen sta trascinando l’Europa nella Terza guerra mondiale. L’intelligenza politica sta nel non infilarsi nei conflitti, ovvero nel tirarsene fuori. E non siamo i soli a sostenere che questa corsa alla guerra mondiale vada fermata.
“Oggi però il teatro non è più soltanto quello europeo ‒ scrive Giorgio Ferrari su Avvenire ‒ Ce ne sono svariati, da quello indopacifico a quello del Mar Cinese Meridionale a ridosso di Taiwan, da quello russo-ucraino a quello che più di tutti ha preso in questi ultimi mesi la palma della zona più calda del Pianeta, quello mediorientale. E qui la mai dimenticata teoria del domino (dottrina geopolitica statunitense elaborata durante la presidenza Eisenhower nel pieno della Guerra fredda) è tornata ad affacciarsi nel complesso scacchiere che coinvolge Iran, Siria, Iraq, Libano e (ovviamente) Israele, con riflessi per ora marginali sulle nazioni arabe non ostili a Tel Aviv come Egitto, Giordania, Arabia Saudita”.
Fonti autorevoli ci dicono che, appena si sarà insediato, il neo rieletto presidente Trump avrebbe messo in agenda d’incontrare subito Papa Francesco. Obiettivo: lavorare alla pace. Poi cercare di riportare il dialogo ad Oriente, e con la collaborazione di Putin. Trump certamente ben considera come il mondo multipolare di oggi sia ben diverso da quello che permetteva agli Usa di Dwight Eisenhower di aprire fronti bellici in Corea, di organizzare colpi di Stato in Iran e Guatemala e, casomai, fiancheggiare le nazioni europee restie a mollare in mani arabe o cinesi le tanto bistrattate colonie. Una logica che probabilmente poco afferra Joe Biden, che i suoi primi passi in politica ha mosso con John Fitzgerald Kennedy. Democratici e Repubblicani hanno sempre continuato nel solco tracciato da Eisenhower (Repubblicano), che alla fine degli anni Quaranta si affermava convinto sostenitore della corsa agli armamenti.
Oggi Trump probabilmente rappresenterà la variante al problema del cosiddetto “interesse primario del complesso industriale militare”: ovvero quel pericolo rappresentato dagli interessi commerciali dell’industria bellica, che per sopravvivere ha sempre bisogno di qualche guerra. Ora succede che, in questo mondo multipolare, Donald Trump ripropone la sua “pace di Abramo” mentre Ursula von der Leyen gonfia i muscoli, chiedendo ai cittadini europei soldi e sacrifici.
A noi italiani, probabilmente, potrebbe toccare partecipare alla guerra subendo un blocco di conti correnti, carte di credito e bancomat: sperando non ci chiedano anche di mandare soldati al fronte. Certamente noi italiani abbiamo più di altri dimenticato quanto sia brutta la guerra. Qualcuno starà anche valutando che, se l’Ue vi dovesse partecipare, necessiterebbe mettere a freno i costi della vita dei cittadini attraverso un coprifuoco e, probabilmente, il falò di risparmi e pensioni. Forse, subendo queste terribili costrizioni, capiremmo quanto è disumano augurare ad altri popoli di finire sotto bombe e macerie.
Aggiornato il 03 dicembre 2024 alle ore 16:07