In questi giorni stiamo assistendo a un mesto e grottesco scontro tra il governo in carica e la magistratura sul problema del trasferimento degli immigrati clandestini che sbarcano in Italia.
Senza entrare nel merito della querelle, a mio avviso è necessario evidenziare l’assoluta inutilità della polemica in oggetto, la quale sembra essere più uno strumento di distrazione di massa o, peggio ancora, un’irresponsabile incapacità o non volontà di voler affrontare i veri e annosi problemi che attanagliano il sistema Giustizia, che altro.
Da un lato abbiamo il governo attuale, che pur annoverando un ministro della Giustizia ex magistrato e di conseguenza esperto in materia, Carlo Nordio, non riesce comunque a risolvere la perniciosa condizione stagnante dell’amministrazione della Giustizia, non aumentando il numero dei magistrati e dei rispettivi ausiliari (a cominciare dai cancellieri), dall’altro abbiamo un ordine costituzionale, la Magistratura, che invece di lottare fortemente per far risolvere tutte le fatiscenze che minano il corretto funzionamento del sistema giudiziario e che ledono il principio del “giusto processo”, sancito all’art. 111 della Costituzione, concentra le sue energie nel confutare le iniziative legislative sulla gestione da parte dell’esecutivo dell’immigrazione clandestina.
Ad oggi, la situazione è drammatica, abbiamo una paralisi delle cause civili che oltre a danneggiare lo stato di diritto, danneggia anche e soprattutto l’economia italiana, non a caso nell’ultima classifica Doing business della World Bank (ossia l’indice che, in collaborazione con l’International Finance Corporation, offre una misura quantitativa del contesto imprenditoriale, analizzando la disciplina normativa e fiscale, applicata alle pmi) l’Italia è stata relegata agli ultimi posti per la capacità di creare impresa e permettere che le aziende investano sul suo territorio, proprio a causa dell’inefficienza della sua Giustizia.
Invero, oltre al sistema giudiziario civile abbonda di problemi anche quello penale e questo dovrebbe far preoccupare maggiormente le nostre istituzioni, ma al contrario tutto passa in secondo piano a favore dello scontro tra i poteri dello stato, uno scontro che ha sempre più l’accezione recondita della lotta politica che l’effettiva preoccupazione di risolvere in modo radicale e repentino le falle dell’amministrazione della Giustizia.
Da avvocato, ma anche da cittadino, non posso non evidenziare che questa situazione miserevole va a penalizzare non solo la tutela dei diritti di tutti i cittadini, ma anche le loro finanze.
Difatti, quando un cittadino per ottenere un ristoro per un danno subito a causa di una condotta illecita deve espettare anni, subisce un danno principalmente economico.
La paralisi della Giustizia non potrà non degenerare in anomia, ossia deficienza della legge e carenza dello Stato, la quale a sua volta porterà al rischio di vedersi fare giustizia da soli, non solo in ambito penale, ma anche in quello civile.
Pertanto, per questi succitati motivi l’avvocatura romana, insieme ai rappresentanti di diversi altri ordini dell’avvocatura di altre città italiane, lo scorso 12 novembre ha manifestato a Roma in piazza Cavour, di fronte al palazzo della Suprema Corte di Cassazione, per denunciare tutte mancanze del sistema Giustizia in Italia, a cominciare dalle problematiche inerenti alla giustizia di prossimità rappresentata dal Tribunale del Giudice di Pace.
Infatti, la situazione dei giudici di Pace a Roma riflette una crisi significativa che colpisce il sistema giudiziario locale e nazionale. La carenza di organico del 72 per cento porta a ritardi pesanti nella gestione dei procedimenti, minando il principio di una giustizia “efficace e tempestiva”, tutelato dalla Costituzione.
Il dato è emblematico di un problema più ampio: l’insufficienza di risorse e l’inadeguatezza degli strumenti per affrontare l’elevato carico di lavoro.
L’iniziativa promossa dagli avvocati romani, guidati dal Presidente dell’Ordine Paolo Nesta, ha sottolineato l’urgenza di interventi strutturali e di non semplici soluzioni temporanee.
La richiesta di destinare nuove risorse umane ai giudici di pace e di modernizzare i sistemi informatici si inserisce in un quadro di riforme che mira a rendere il sistema giuridico più accessibile ed efficiente per i cittadini.
La manifestazione a piazza Cavour, oltre a essere stato un momento di protesta, ha rappresentato un appello per il rispetto del diritto fondamentale dei cittadini a una giustizia rapida e funzionale. Questa iniziativa ha richiamato l’attenzione sulle priorità del sistema giudiziario e sulla necessità di risposte concrete da parte delle istituzioni, soprattutto in un momento in cui le aspettative di riforma, come quelle legate alla legge Cartabia, restano ancora in parte inattuate.
Al postutto, mentre lo stato dell’arte dell’amministrazione della Giustizia verte verso derive di inesplorate condizioni di assoluta paralisi, il problema urgente e dirimente sembra essere sorprendentemente quello della “pagliuzza” di dove fare alloggiare degli immigrati irregolari.
“Fiat iustitia ne pereat civitatem”
Aggiornato il 18 novembre 2024 alle ore 10:52