Un sinistro potpourri

Il 29 novembre, giorno dello sciopero generale, la Cgil insieme alla Uil e ai sindacati di base − Cub, Sgb, AdL Cobas, Confederazione Cobas, Clap, Sial Cobas − scenderanno in piazza con i movimenti cosiddetti pro-Pal.

Con la scusa della manovra economica, del decreto sicurezza, dell’emergenza climatica e ovviamente della pace Landini già la scorsa settimana, a margine dell’assemblea generale, aveva dichiarato: “Io credo che sia arrivato il momento di una vera e propria rivolta sociale perché avanti così non si può più andare”.

Martedì 12 novembre è stato confermato lo sciopero generale, con nuove dichiarazioni del segretario della Cgil: “Per noi lo sciopero non è che l’inizio di una mobilitazione e di una battaglia perché il nostro obiettivo non è semplicemente migliorare o cambiare la legge di bilancio, il nostro obiettivo è cambiare e migliorare il nostro Paese”.

Perché diavolo non lo abbiano fatto prima, quando per 20 e passa anni al governo ci sono stati i loro teorici amici, non è dato saperlo.

Ed in nome di questa “rivolta sociale” a scopo costruttivo, si accolgono a braccia aperte i militanti pro-Pal.

In questa galassia orbitano anche i Giovani palestinesi che hanno proclamato un loro sciopero per il 30 novembre e hanno diffuso un appello, in italiano, in inglese e in arabo, rivolto “a tutti i sindacati e a tutti i lavoratori”: “Dobbiamo unirci nell’azione collettiva fino a che non venga fermato il genocidio di un popolo che chiede giustizia e libertà. Come organizzazioni palestinesi in Italia chiediamo a tutti i lavoratori e sindacati di scioperare il 29 novembre per fermare il genocidio in Palestina”.

Se fosse il genocidio che Hamas sta perpetuando da anni nei confronti della popolazione palestinese, in piazza ci sarebbero tutti.

Invece no, perché aggiunge subito dopo: “… e l’aggressione sionista in Libano. Dobbiamo opporci al crescente militarismo dell’Europa e dell’Italia e alla legge repressiva del Ddl 1660, che mira a soffocare la resistenza alla guerra e allo sfruttamento”.

La tolleranza nei confronti dell’estremismo che caratterizza la militanza antisionista (come qualsiasi altra militanza) non può che portare agli eventi dello scorso 7 novembre ad Amsterdam, dove un gruppo di tifosi israeliani sono stati attaccati e picchiati dopo la partita da gruppi di persone che urlavano slogan tipo: “Tutti i sionisti all’inferno!”.

Porta a tutti gli atti violenti di antisemitismo che stanno preoccupantemente crescendo in Europa nel silenzio, se non nella compiacenza, dei più.

Porta alla cancellazione dei volti e delle stelle di David dal murale di Liliana Segre a Milano; come il murale al Consolato dell'Iran di Milano di Ahou Daryaei, la studentessa iraniana che è sparita dopo aver camminato con addosso solo la biancheria intima a Teheran.

Alexandro Palombo, autore di questo secondo murale citato, dando notizia dei danni alla sua opera, ha commentato su Instagram: “Dovrete impegnarvi molto per cancellare tutte le Ahoo Dayerei perché continueremo a farle riapparire in ogni parte del mondo fino alla sua libertà”.

Quando ci sarà uno sciopero generale per questo? Quando si parlerà dei civili innocenti israeliani morti ingiustamente? Quando, per tornare un attimo nel nostro Paese, la sinistra proclamerà uno sciopero generale per i diritti dei lavoratori e delle madri (vedi il caso di Federica Tartara con Tribunale di Venezia che avrebbe violato l’articolo 420 ter comma 5 bis del codice di procedura penale, impedendole di svolgere la sua professione di avvocato difensore e violando la Costituzione non garantendo la difesa agli imputati perché incinta)?

A sinistra tutto tace.

D’altra parte, quando si è interessati a mantenere lo status quo e si è impegnati nella strenua difesa della propria privilegiata posizione, merito dell’autoproclamata supremazia morale, come si possono trovare ulteriori energie per occuparsi di questioni veramente rilevanti per i cittadini? Meglio alzare un gran polverone, inneggiare alla rivolta sociale piuttosto che incentivare un confronto (questo sì pacifico), sperando che il fumo sia talmente denso da far dimenticare, per almeno un altro po’, che manca l’arrosto.

E allora ben vengano manifestazioni-spettacolo che fanno sentire ancora al centro della scena gli antieroi della nostra storia e consentono di guadagnare tempo. Che è prezioso perché i fatti stanno dimostrando in tutto il mondo una crisi identitaria dei partiti di sinistra. Ma il fumo prima o poi finirà di diradarsi. Chissà se per allora si saranno rassegnati ad accettare la mera banalità dei fatti e saranno riusciti ad evolversi ed uscire da questo stato di lenta quanto inesorabile agonia. Insomma, se riusciranno a mettere qualcosa nel forno!

Per “cambiare e migliorare il nostro Paese” non servono le parole, ma i fatti. Che non sono certamente altri guazzabugli finto ideologici come lo sciopero del prossimo 29 novembre.

Aggiornato il 14 novembre 2024 alle ore 10:09