L’odio non è come l’invidia: non è un problema di chi lo prova ma è anzitutto un problema di chi lo subisce. Soprattutto quando quell’odio si colora di antisemitismo.
L’antisemitismo è un fenomeno complesso che tradizionalmente, negli scorsi decenni, è stato fomentato anzitutto dagli estremismi neofascisti e naziskin (ma non solo); oggi però preoccupa l’accentuarsi dell’antisemitismo geopolitico e anti-liberale degli estremismi rossi. Rossi e neri si toccano nei pericolosi fanatismi, oltre che nei loro disordini ideologici alteranti. Nulla di nuovo su questa terra, per certi versi, ahinoi ahitutti. Abbiamo poi un antisemitismo anarchico-squadrista.
Insomma, possiamo davvero parlare di antisemitismi, tutti ugualmente osceni nonché preoccupanti, tutti da prevenire e combattere, sempre, in ogni dove. Rispetto ad ogni atteggiamento antisemita, di qualsiasi matrice politica da un lato e dall’altro, dobbiamo essere metodologicamente diversi, storicamente coscienti, radicalmente equilibrati.
Dobbiamo sbocciare umanisti, radicalmente al centro, gridando senza sosta e senza paura “io c’entro!”. Sì, io c’entro, ciascuno c’entra perché ciascuno e tutti dobbiamo sentirci chiamati a combattere ‒ civilmente, culturalmente ‒ contro ogni forma di antisemitismo. Su ogni fronte: contro l’estrema destra, contro l’estrema sinistra, sul piano geopolitico, in campo storiografico contro ogni abominevole negazionismo. Ma anche socialmente, contro ogni comportamento antisemita che diventa bullismo o cyberbullismo nelle scuole, sui social e per le strade. Ovunque.
“Abbiamo fallito nei confronti della comunità ebraica dei Paesi Bassi durante la Seconda guerra mondiale, e ieri sera abbiamo fallito ancora”, ha detto così Guglielmo Alessandro, re d’Olanda, nell’esprimere profonda indignazione per quanto è avvenuto ad Amsterdam ai danni degli ebrei, all’indomani della notte olandese della caccia all’ebreo del XXI secolo. Ai fini politici e securitari non importa, per ogni singolo caso, capire chi ha provocato chi e con quali parole. Il fenomeno che complessivamente ci ritorna sul piano politologico nella sua raccapricciante chiarezza è un fenomeno di forte tensione etnogeopolitica, con un preoccupante aumento dell’odio antisemita da un anno a questa parte.
Non possiamo permettere che vi siano calci, pugni, inseguimenti verso persone solo in quanto ebree, con il movente di un odio etnico e razziale antisemita che può sconfinare in persecuzioni tragiche. In questo caso la tipologia di persecuzione che sta strisciando nella nostra odierna casa europea è una persecuzione non di Stato (o di Stati), come invece avveniva negli anni del nazifascismo circa un secolo fa, ma una persecuzione di branchi popolari che simpatizzano con il fondamentalismo nazislamico di Hamas, una mafia internazionale di ronde ad ispirazione etnogeopolitica.
Quattro anni fa, a novembre 2020, ho intervistato per la testata Il Valore Italiano l’anziano giurista e politico francese Alain Terrenoire, presidente dell’Unione Paneuropea Internazionale. Terrenoire all’inizio degli anni Settanta è stato autore e relatore della proposta di legge contro il razzismo e l’antisemitismo, adottata all’unanimità dai deputati in Francia. Gli ho posto la seguente domanda: attualmente qual è l’importanza della lotta contro il razzismo e l’antisemitismo anti-occidentali, nella nostra Europa attraversata dal terrorismo che ho definito “il nazismo islamico” in un mio recente articolo? Mi riferivo ovviamente ad un mio articolo del 2020, senza sapere che più volte sarei tornato su quei temi, soprattutto dopo il tragico pogrom del 7 ottobre 2023 in Israele per mano dei terroristi geopolitici di Hamas.
Il paneuropeo Terrenoire mi ha risposto come segue: “Nel contesto francese dell’epoca, con le conseguenze post-coloniali e più di un quarto di secolo dopo la fine del genocidio degli ebrei, diversi comportamenti, atti e parole sollevavano di nuovo razzismo e antisemitismo. La legislazione francese non ha risposto a sufficienza, i procedimenti e le sanzioni penali erano rari. Se le vittime potevano tentare di avviare il procedimento individualmente, esse non potevano essere accompagnate e sostenute da associazioni antirazziste all’interno di procedure giudiziarie costose e complicate. Per questo motivo ho preso l’iniziativa di una proposta di legge che ho redatto e relazionato all’Assemblea Nazionale per rimediare a questo deficit legislativo, e per consentire alle associazioni di costituirsi parte civile e di intervenire al fianco delle vittime. La mia proposta è stata adottata all’unanimità da entrambe le camere del Parlamento. Da allora, essendo la legge del 1° luglio 1972 la base giuridica dell’antirazzismo, nuove leggi l’hanno integrata”.
Alle soglie del 2025 dobbiamo pensare ad una rinnovata e implementata strategia, sia nazionale dell’Italia che sovranazionale dell’Unione europea, per ridefinire al livello legale e al livello di intelligence la prevenzione nonché la lotta all’antisemitismo del XXI secolo post-7 ottobre.
Il fenomeno dell’odierno antisemitismo etnogeopolitico di alcuni branchi popolari violenti non va sottovalutato. È un fenomeno vecchio ma con nuovi pericoli, nuovi presupposti e nuove sfumature al passo coi tempi politici globali, purtroppo, nonché al passo coi nuovi mezzi tecnologici. Anche le nostre risposte umaniste e securitarie devono essere al passo coi tempi, secondo la giustizia che promana dai nostri Stati civili uniti nell’equo diritto.
Uniti contro un nazislamismo antisemita che, senza Maometto e senza spiritualità, minaccia le nostre libertà.
Aggiornato il 13 novembre 2024 alle ore 16:29