La sfida politica più complicata è quella delle elezioni in Emilia-Romagna, dove la mancanza di seri interventi contro il rischio idrogeologico (al Partito democratico interessano soprattutto i circenses, cioé le kermesse culturali, i salotti intellò, la chiacchiera filo-teosofica, mica il panem, mica la lotta contro la peronospora della vite e il caro vita, mica lo spurgo dei tombini, mica la lotta alla miseria vera. Non sarà mestiere facile ridare pluralismo a una regione dove ci sono Cattolica e Predappio, ma anche la Bologna dove (ricordo dei tempi dell’università) alle 19,30 in punto suonava – metaforicamente ma non troppo – la tromba del sindaco dal palazzo comunale sito in Piazza Maggiore, e tutti i negozi di Bologna chiudevano le serrande all’unisono, lasciandoti con la fame in bocca, piuttosto che trasgredire. Una città dove, durante la rivolta del 1977, fu il sindaco a chiamare in aiuto i blindati, e non Francesco Cossiga a premere per inviarli (rimasi coinvolto anch’io in quelle vicende nel corso di uno sciopero della fame promosso dal Partito radicale).
Il Pci in Emilia-Romagna è stato un potere rassicurante e onnipotente, che ha integrato in sé i due poteri di Stato e Chiesa. La fede integrale/integralista nel “progresso dei lavoratori”, dell’umanità eccetera, è stata totale e senza mai un dubbio. È stata invisibilmente feroce contro la dissidenza, violenta (invisibilmente) contro il pluralismo culturale ed economico. Per non dire dell’episodio vergognoso col quale centinaia militanti del partito vietarono che nella stazione di Bologna venissero sfamati i profughi dall’Istria, in viaggio verso una meta da stabilirsi da diversi giorni su un treno-tradotta simile a quelli che deportavano i dissidenti – o quelli che tali sembravano – verso la Siberia. Il treno dovette ripartire tra fischi e insulti senza rifornire i profughi di pane e acqua (e a bordo c’erano madri che allattavano).
Allora, se l’ideologia e la certezza della propria superiorità “genetica” di “popolo eletto” sono così radicate nel monopartitismo dell’Emilia-Romagna, scalzare questo suprematismo rosso non sarà cosa facile, persino di fronte a una serie così ripetuta di alluvioni, distruzioni, incapacità di fare politiche pubbliche, di capire le ragioni dell’ecologia discernendo però anche i torti degli ecolò-intellò e di quei pigmei, tronfi come un Golia, che si ergono pensando – ma senza dirlo perché son farisei del politicamente corretto – “io sì che più di te ne so”.
Aggiornato il 01 novembre 2024 alle ore 09:27