La proroga dell’accordo segreto tra il Vaticano e la Cina suona come una resa incondizionata: mentre il regime comunista rafforza la propria presa sui fedeli cinesi, la Santa Sede sembra rinunciare a difendere i propri stessi valori. L’accordo, nato con l’intento di promuovere l’unità e la libertà della Chiesa cattolica in Cina, si è rivelato una strada a senso unico, dove Pechino decide e il Vaticano accetta. Il Partito comunista continua a usare la Chiesa come strumento di propaganda, soffocando ogni spiraglio di vera libertà religiosa per i cattolici. Di fronte a questa deriva, urge un ritorno alla tradizione: Francesco deve difendere i cattolici perseguitati, combattere le ingerenze del Partito comunista e riaffermare il primato della verità e della giustizia, senza compromessi.
L’annuncio della proroga di quattro anni dell’accordo segreto tra la Santa Sede e Pechino, originariamente firmato nel 2018, solleva interrogativi inquietanti sulla direzione che sta prendendo la Chiesa cattolica in Cina. Questo accordo, che riguarda le nomine dei vescovi e l’amministrazione della Chiesa cinese, è stato rinnovato ogni due anni, ma il risultato è evidente: il Vaticano sembra non solo incapace di reggere il confronto con il colosso cinese, ma sta anche perdendo la propria autorità morale (come se fosse rimasto qualcosa al riguardo, sotto il pontificato di Francesco).
Recentemente, Papa Francesco, al termine del viaggio apostolico nel Sud-Est asiatico, ha descritto la Cina come “una promessa e una speranza per la Chiesa”, affermando che l’atteggiamento del governo cinese lascia ben sperare. Queste parole sono sconcertanti e, per molti versi, inaccettabili per un cattolico. Spiace dirlo da cattolico, ma è così. La realtà è che il governo comunista cinese non rappresenta affatto una speranza per la Chiesa, quanto piuttosto il principale nemico dell’ordine sociale, non solo in Oriente, ma anche in Occidente.
Negli ultimi sei anni di accordi segreti (“non c’è nulla di nascosto che non sarà rivelato”, disse Qualcuno duemila anni fa), l’obiettivo di unificare e liberare la Chiesa cattolica cinese dal controllo del Partito comunista si è allontanato sempre di più. La situazione è rimasta stagnante: il governo cinese ha continuato a imporre i propri vescovi fantoccio e, in questo contesto, la Santa Sede appare come un attore sottomesso a una potenza la cui ideologia è profondamente anticristiana.
Uno degli aspetti più inquietanti di questo accordo è il riconoscimento di fatto dell’Associazione Patriottica dei Cattolici Cinesi. Questo organismo, creato e controllato dal Partito Comunista, è diventato un veicolo per la propaganda del regime all’interno della Chiesa stessa, e fin oltre i confini cinesi. È preoccupante sapere che i vescovi cinesi partecipanti al Sinodo sulla sinodalità, in corso in Vaticano, sono membri di questa associazione.
L’invito vaticano ad aderire all’Associazione Patriottica ha avuto l’effetto collaterale, prevedibile e devastante, di accrescere la persecuzione nei confronti di quanti rifiutano di sottomettersi al Partito. Come riportato anche dalla Nuova Bussola Quotidiana, il rapporto dell’Hudson Institute ha documentato la persecuzione subita da dieci vescovi come diretta conseguenza dell’accordo sino-vaticano. Il prezzo pagato dalla Santa Sede per mantenere viva una parvenza di dialogo con la Cina è, dunque, estremamente elevato. I veri costi non sono solo materiali, ma anche spirituali e morali.
Le autorità della Chiesa cattolica stanno sacrificando i propri valori fondamentali sull’altare di un dialogo superficiale, illudendosi di costruire ponti con un regime oppressivo.
In questo contesto drammatico, si rende necessaria una riflessione profonda su quale direzione la Chiesa cattolica dovrebbe intraprendere. L’alternativa proposta deve allinearsi con una visione di governo della Chiesa che ponga al centro la fedeltà alla Verità, alla Tradizione e all’insegnamento di Cristo. Un approccio migliore sarebbe quello di favorire la libertà della Chiesa in Cina, sostenendo i cattolici perseguitati e denunciando senza esitazione le ingerenze del Partito comunista nelle nomine dei vescovi e nel governo delle diocesi. La Chiesa non deve mai compromettere i propri principi fondamentali, eppure l’accordo con Pechino sembra un esempio lampante di come il compromesso possa portare a un disastro morale e spirituale.
Invece di piegarsi alle pressioni di un regime oppressivo, la Santa Sede dovrebbe sostenere i gruppi di fedeli che si oppongono all’Associazione Patriottica, incoraggiando la formazione di una Chiesa cattolica autenticamente libera. La Chiesa non può assolutamente essere una mera estensione del governo comunista, ma un faro di luce e di verità, di libertà e di giustizia.
L’accordo sino-vaticano rappresenta un capitolo buio nella storia recente della Chiesa cattolica. Una situazione in cui il Vaticano ha mostrato una preoccupante incapacità di difendere i propri valori di fronte alla potenza oppressiva di Pechino.
Invece di considerare la Cina come “una speranza”, bisognerebbe riconoscere il governo comunista per ciò che è: un nemico dell’ordine sociale e della libertà religiosa. L’Anticristo dei nostri tempi. Solo attraverso un ritorno ai principi tradizionali della Chiesa, alla dottrina sociale di sempre e una ferma opposizione al regime cinese la Santa Sede potrà sperare di riscoprire la propria credibilità e autorità.
Aggiornato il 28 ottobre 2024 alle ore 10:56