Il drammaturgo tedesco Bertold Brecht, genio particolarmente prolifico di salace aneddotica sul genere umano, soleva dire spesso di sé stesso: “Sto lavorando duro per preparare il mio prossimo errore”. Senza ammetterlo, e ci mancherebbe altro visto il caratterino del soggetto, pare che Papa Bergoglio stia attuando – e da tempo – alla lettera l’arguta affermazione di Brecht. Innumerevoli sono infatti le scelte, le nomine, le promozioni che questo pontefice ha attuato, salvo poi rendersi conto di aver sbagliato. Ovviamente il suo modus operandi non prevede nella maniera più assoluta un’ammissione di colpa o la consapevolezza che, forse, prima di procedere sarebbe meglio consultarsi con chi fa questo di mestiere, tipo la segreteria di Stato o i vari nunzi apostolici (ambasciatori) della Santa Sede sparsi per il mondo. Nemmeno a pensarlo, ci mancherebbe altro! Francesco ha la consapevolezza di essere l’ultimo Sovrano assoluto d’Europa e uno dei soli cinque al mondo ancora esistenti (sorvoliamo su quali siano gli altri e su quali Paesi regnino per non creare shock al possibile ignaro lettore) e questo gli piace, e molto.
Nessun Pontefice dell’Età Moderna era stato così palesemente attaccato al potere come l’attuale, d’altronde è un gesuita e se prima di lui nessun altro Papa è stato eletto tra presuli provenienti da quell’ordine religioso un motivo ci sarà. Sotto questo pontificato è quindi accaduto che Bergoglio abbia riformato la Curia, svilendo i poteri del segretario di Stato (chi ormai sente parlare del cardinale Parolin alzi la mano!), o che siano stati commissariati interi ordini religiosi e monastici, così come l’Ordine di Malta, Comunione e Liberazione, l’Opera romana pellegrinaggi e pure il Vicariato di Roma, avocando a sé i poteri decisionali su tutto, a cominciare da quelli che riguardano la cassa, ça va sans dire. E poi c’è la scelta degli uomini, dai più stretti collaboratori (silurati in continuazione) alle alte gerarchie vaticane ed ecclesiali: su tutte quella dei cardinali. Che Francesco abbia deciso fin dall’inizio del suo pontificato di “bergoglizzare” il Collegio cardinalizio è cosa ormai arcinota, ma lo fa molto spesso scegliendo a caso i personaggi a cui imporre la berretta rossa, talvolta senza nemmeno conoscerne i curricula ma sempre e comunque senza consultare nessuno.
È accaduto per ben dieci volte in questi 11 anni (un record assoluto d’infornate cardinalizie se si pensa solo al fatto che Giovanni Paolo II, in 27 anni, ha indetto nove concistori e Paolo VI, in 15 anni, ne indisse sei o, ancora più indietro, Pio XII in 19 anni soltanto due), portando il numero di cappelli rossi a cifre vertiginose e mai viste prima. Con l’indizione dell’ultimo Concistoro, fissato dal Papa per il prossimo 8 dicembre, i cardinali elettori, che secondo le stringenti regole fissate da Paolo VI non possono superare le 120 unità, Bergoglio porterà il consesso elettorale di porporati a 141 membri, scesi adesso a 140. Ed ecco infatti la notizia caduta un po’ nel generale oblio e non ripresa da alcun organo d’informazione: nella serata di martedì (e già questa è una notizia, perché la Sala stampa vaticana emette le sue quotidiane comunicazioni generalmente in tarda mattinata, salvo casi eccezionali e urgenti), la Santa Sede ha fatto sapere con un bollettino di poche righe che “Papa Francesco ha accolto la richiesta di Sua Eccellenza Paskalis Bruno Syukur, Vescovo di Bogor, in Indonesia, di non essere creato cardinale nel corso del prossimo Concistoro. La richiesta è motivata dal suo desiderio di crescere ancora nella vita sacerdotale e nel servizio della Chiesa”.
Anche ai non addetti ai lavori appare subito strano sia che un vescovo rinunci al cardinalato dopo ben due settimane dall’annuncio (Francesco aveva comunicato i nomi dei prossimi porporati domenica 6 ottobre), sia la motivazione ufficiale del passo indietro. Forse un prete non è al servizio della Chiesa e non cresce spiritualmente con una promozione così importante? Una tesi abbastanza ridicola che nasconde quello che molti in Vaticano sussurrano in queste ore: il passo indietro di monsignor Syukur non è stata una scelta personale, ma indotta. Se le pressioni siano state fatte direttamente dal Papa dopo essersi reso conto che il presule ha qualche scheletro nell’armadio o che qualcun altro abbia fatto pressioni su di lui per motivi analoghi non è dato sapere, la cosa certa però è che, per l’ennesima volta, Bergoglio ha compiuto una scelta senza ascoltare nessuno, probabilmente nemmeno il povero vescovo in questione che forse avrebbe suggerito al Papa di soprassedere sulla propria nomina prima di fare una figuraccia internazionale.
Figuraccia che ovviamente ha fatto il vescovo non certo il pontefice, ovvio. Quello del mancato porporato indonesiano non è però l’unico nome che sta facendo discutere le diplomazie e le Chiese locali, ce n’è anche un altro e si tratta del giovanissimo Mykola Bychok, vescovo dell’Eparchia ucraina di Saints Peter and Paul a Melbourne, in Australia. Con i suoi 44 anni Bychok sarà a breve il più giovane cardinale dell’ultimo secolo, per risalire ad un porporato con meno di quarantacinque anni bisogna infatti risalire alla nomina di Raphael Merry del Val nel 1903, quand’egli ne aveva appena 38. Peccato però che l’elevazione al cardinalato di Bychok abbia scatenato le ire sia dei vescovi australiani, tutti privati del cappello rosso a cominciare dall’arcivescovo di Sidney, sia della Chiesa cattolica ucraina che non vedrà elevato alla più alta dignità ecclesiastica il suo massimo esponente, l’arcivescovo maggiore dell’Arcieparchia di Kiev, monsignor Svjatoslav Sevcuk.
Per intenderci: Bergoglio ha concesso il cardinalato ad un presule che risiede in Australia e guida una piccola componente cattolica ma non ai titolari delle grandi diocesi di Sidney e della stessa Melbourne e al contempo ha privato della massima dignità della Chiesa il capo della cattolicità ucraina a cui comunque, per tradizione storica, il novello porporato 44enne sarà sottomesso per gerarchia e potestà pur essendo formalmente insignito di un grado superiore. Con quest’unica scelta Bergoglio è riuscito a creare due problemi a livello internazionale, geniale. Questo Papa, nonostante l’età avanzatissima, sta benissimo e di questo non possiamo che rallegrarci; al contempo, però, non possiamo farci illusioni sul fatto che la sempre maggiore senilitas possa portare in futuro a maggiore riflessione e coinvolgimento nelle scelte che verranno ancora attuate. Ci si può ancora aspettare di tutto, e in Vaticano tremano.
Aggiornato il 24 ottobre 2024 alle ore 15:13