Equivoci ad arte

Un rapporto della Commissione contro il razzismo e le discriminazioni del Consiglio d’Europa, di fresca pubblicazione (qui il testo), afferma che le Forze dell’ordine italiane traccerebbero un “profilo razziale” durante fermi e controlli. Con ciò alimenterebbero discorsi politici “sempre più xenofobi” e “fortemente divisivi ed antagonistici nei confronti di migranti, rom e comunità Lgbt”.

Oggi molta stampa riporta l’“ira” di Giorgia Meloni e la costernazione del capo dello Stato, Sergio Mattarella, ma la riferisce come se fosse rivolta all’Unione europea. È giusto, qui, chiarire l’equivoco: non si sa se per ignoranza o per dolo, soprattutto in questo caso, si confonde il Consiglio d’Europa con l’Ue, cose diverse. Il Consiglio d’Europa è un’organizzazione internazionale sorta con lo scopo di spingere a confederare gli Stati aderenti, promuovendone l’identità culturale sul piano dei principi. Venne fondato il 5 maggio del 1949 col Trattato di Londra; oggi vi aderiscono 46 Stati. Non ha un potere legislativo autonomo, ma può elaborare conversazioni, da sottoporre alla ratifica degli Stati aderenti. Nel 1950, in questo ambito, ha redatto la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, poi ratificata nel tempo dagli aderenti. In questo ambito è stata istituita, nel 1959, la Corte europea dei diritti dell’uomo.

La commissione di cui si parla non è neppure questa, ma una commissione d’inchiesta voluta dall’Assemblea parlamentare, organismo del Consiglio d’Europa formato da rappresentanti invitati dai parlamenti nazionali. Quindi non ha nulla a che fare con l’Unione europea e le sue istituzioni supernazionali. Siccome due di queste istituzioni supernazionali si chiamano Consiglio dei ministri e Consiglio europeo, l’ignoranza di molti giornalisti e politici porta a confondere il Consiglio d’Europa con uno di questi.

Nella temperie di questi giorni, soprattutto da sinistra, questa confusione viene, nel caso di specie, alimentata ad arte, per far dire che la politica migratoria del governo conservatore riformista sarebbe avversata dall’Ue. Invece la mozione presentata dalla sinistra al Parlamento europeo contro il centro per esaminare le pratiche di rimpatrio in Albania è stata respinta dall’assemblea, e la pratica viene portata ad esempio dalla presidente della Commissione esecutiva, Ursula von der Leyen.

Aggiornato il 23 ottobre 2024 alle ore 11:21