Comunque la si pensi sulla politica governativa in tema di immigrazione, è ormai del tutto evidente un certo qual attivismo della magistratura, finalizzato a recitare il ruolo di opposizione politica con l’arma in più dello sventolio di manette. Ricordiamo tutte le divulgazioni a cura di Luca Palamara in cui certi magistrati, pur non ravvisando ipotesi di reato, pensavano fosse politicamente giusto attaccare Matteo Salvini per via giudiziaria durante il Governo giallo-verde. Per quei magistrati non ci sono state conseguenze, mentre in queste ore il vicepremier deve difendersi per sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio per aver impedito, nel suo ruolo di ministro dell’Interno, lo sbarco di 147 migranti salvati dalla nave di una Ong nell’agosto del 2019. E lo sta facendo da solo perché tutti i coobbligati con l’allora ministro dell’Interno (a partire da Giuseppe Conte) appartengono, con i dovuti distinguo, al campo largo o a quello che ne rimane.
Contemporaneamente, in merito ai migranti giunti in Italia trasferiti in Albania, i giudici della sezione immigrazione del tribunale di Roma hanno deciso che devono tornare in Italia. E questo nonostante le loro richieste di asilo siano state respinte dalle Commissioni territoriali. A spiegarne le ragioni è la presidente della sezione, Luciana Sangiovanni, in una nota stampa: “I trattenimenti non sono stati convalidati in applicazione dei principi, vincolanti per i giudici nazionali e per la stessa amministrazione, enunciati dalla recente pronuncia della Corte europea a seguito del rinvio pregiudiziale proposto dal giudice della Repubblica ceca. Il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane è dovuto all’impossibilità di riconoscere come “Paesi sicuri” gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia”.
Quindi, dove la propaganda delle opposizioni politiche non è riuscita a plasmare la pubblica opinione e dove le ragioni dell’appartenenza politica del primo ministro albanese (socialista) non sono arrivate a boicottare l’accordo, ecco il tentativo da parte di certa magistratura di condizionare nuovamente la libertà e il diritto che un Governo regolarmente eletto ha di attuare la propria linea politica. La distinzione tra poteri dello Stato è veramente impalpabile. La politica è completamente sotto scacco del potere giudiziario. O dimentichiamo che a Giovanni Toti – nell’ambito di una inchiesta che ha creato una slavina politica in Liguria prima ancora di appurare se vi fossero reati – è stata restituita la libertà solo in cambio delle dimissioni da governatore?
Non riusciamo a comprendere il silenzio del presidente Sergio Mattarella al quale – con educazione e rispetto – chiediamo se non sia il caso di garantire il diritto a governare senza essere soggiogati da un vero e proprio bullismo giudiziario.
Aggiornato il 18 ottobre 2024 alle ore 15:48