Inclusivismo e sovranismo: il re è nudo

Di norma tutto ciò che finisce per “ismo” quando non rappresenta valori è ideologia, e l’ideologia è un sistema chiuso che comporta una visione manichea e non inclusiva delle relazioni. I valori, a differenza dell’ideologia, sono concetti universali ed inclusivi che si armonizzano con il mondo che cambia. Per noi occidentali possiamo dire che l’ideologia è la versione laica della fede, con la differenza che la fede è una scelta personale che trascende la realtà, mentre l’ideologia è una scelta di colui che pensa di avere la verità in tasca, di avere sempre ragione e disprezza coloro che non la condividono e questa visione manichea è il prodromo di tutte le varie forme di violenze, sia psicologiche che fisiche. Questo preambolo è utile per affrontare la questione del sovranismo e dell’inclusivismo con dati di realtà e non con credenze che molte volte i media inducono ad abbracciare.

Oggi, quando si parla di sovranismo verrebbe da pensare che c’è chi vuole il popolo schiavo e chi lo desidera libero, ma è vero? No, perché la storia ci insegna che, da quando le civiltà erano primitive a quando si sono civilizzate, coloro che vincono pongono le condizioni del rapporto con coloro che sono stati vinti. Chi racconta cose diverse o è in malafede o è ignorante (nel senso etimologico del termine). Noi italiani insieme ai tedeschi e giapponesi abbiamo perso una guerra, e siamo liberi, non grazie alla resistenza, per quanto nobile, ma per gli inglesi, americani, francesi, russi, canadesi, i quali ci hanno posto delle condizioni nei trattati di pace che abbiamo firmato nel momento della ritrovata libertà. Per cui la nostra sovranità è comunque sottoposta al rispetto di quei trattati.

Voglio solo ricordare agli smemorati che quando si realizzò il primo centro-sinistra, quello vero, il Psi che aveva assecondato il Frontismo (alleanza con il Pci e schierati con la Russia, la quale come potenza vincitrice firmò con gli alleati gli accordi di Yalta), dovette rompere l’alleanza con il Pci, riconoscere il patto della Nato, e riconoscere l’Europa di allora che era la Cee. Per tanto possiamo dire che noi siamo un popolo sovrano “a certe condizioni”, oppure che noi non siamo un popolo sovrano, il che non vuol dire che siamo meno liberi ma che dobbiamo sempre tener presente che la nostra libertà è frutto di una guerra che abbiamo dichiarato e abbiamo fortunatamente (questo lo dico io) perso e fortunatamente siamo rimasti nel blocco occidentale, con tutte le sue contraddizioni e ipocrisie. Per cui, tutti i “bla bla tra sovranisti e non”, sono solo operazioni di distrazione di massa di una classe politica di incapaci e senza visione. Ciò che oggi manca alla politica è senso dello Stato, per cui non atteggiamenti manichei ma dialogo nel Paese e nei rapporti internazionali, con la consapevolezza che lo stare nell’occidente ci ha dato l’opportunità di essere alleati e non servi.

Inoltre credo che oggi i veri sovranisti sono coloro che vogliono gli Stati Uniti d’Europa perché, in quel caso, specialmente l’Italia e la Germania, creandosi una nuova statualità, per quanto federata, supererebbero i trattati della seconda guerra mondiale. Pertanto delegare poteri all’Europa, ovviamente ad un governo europeo sovrano, ci rende liberi dai vincoli che abbiamo, e dunque realmente sovrani.

Altro elemento oggetto di chiacchiere è il termine inclusivismo: In ambito sociale, essere inclusivi significa soprattutto sentirsi accoglienti e accolti: appartenere a un gruppo di persone, a una società, godere pienamente di tutti i diritti e le opportunità che questa appartenenza comporta. Dunque, un termine che indica una modalità relazionale e mi permetto di dire anche di civiltà. Se questo termine diventa una ideologia le cose cambiano profondamente. possiamo fare alcuni esempi: come si può essere inclusivi con chi crede che noi siamo da redimere? O chi pensa che le cose gli siano dovute per diritto (non parliamo dei diritti sanciti dalla legge), un po’ come gli aristocratici in senso inverso? inoltre per includere è necessario che anche l’altro voglia farsi includere, l’inclusione richiede la condivisione di valori della comunità che ti include, altrimenti non è possibile il rispetto delle diversità valoriali della società che ti include.

La visione ideologica dell’inclusione fondamentalmente serve a sentirsi o percepirsi buoni, non malvagi, ma se queste buone intenzioni non sono corroborate dalla realtà e dunque dalle esigenze e volontà di coloro che dovremmo includere, si lavora per il suicidio della nostra società. Molti pensano in buona fede che dare la cittadinanza, risolve il problema dell’inclusione, ma è un falso problema, proprio perché è più facile dare la cittadinanza e mettersi a posto la falsa coscienza, che affrontare le tematiche che essa ci impone di valutare in termini di organizzazione sociale e non di abbandonarli a sé stessi, che è ciò che avviene oggi. Quella di questi anni è stata accoglienza? È inclusività?  No è ipocrisia pura. Gli immigrati sono sfruttati e abbandonati a se stessi e poi ci meravigliamo che delinquono, sono utili alla delinquenza nostrana, agli affari delle strutture private e cooperative, alle Ong che ci guadagnano, ai caporalati eccetera. L’inclusione come l’accoglienza è una cosa seria solo se è fatta con umanità, e dunque con regole chiare di diritti e doveri. Questa è la tipica ipocrisia di coloro che definirei i razzisti democratici.

Aggiornato il 01 ottobre 2024 alle ore 10:31