#Albait. Secondo te lo Stato è un’assicurazione?

Da qualche anno, lo Stato è confuso con le funzioni di una società di assicurazione. Prendiamo il caso delle calamità naturali.

In Italia, il conto medio da pagare annuale per i danni da disastri ambientali o naturali è di quattro miliardi l’anno. In caso di terremoti, alluvioni o altro, lo Stato interviene. È suo dovere primario. Si tratta di un intervento mutualistico. In questo senso, lo Stato ci assicura da alcuni rischi. La polizza è rappresentata dalle tasse. Questo intervento è la concreta affermazione dell’esistenza di un popolo come comunità o nazione. Se lo Stato nega questo intervento, elimina una delle sue principali ragioni d’essere. Quindi ha funzioni mutualistiche, ma non è un’assicurazione.

Un popolo può esistere senza Stato. Però quando formalizza la propria esistenza e si dota di apparati giudiziari, di governo, di difesa, si stabilisce in un territorio, diventa nazione. Se nasce lo Stato, vuol dire che esiste un insieme di persone che si riconoscono in una cultura comune, nel desiderio di convivenza sulla base di regole, abitudini, affinità, ma soprattutto solidarietà.

La solidarietà non può essere formale. Affrontare insieme disgrazie, guerre, eventi eccezionali rappresenta l’essenza di quello strumento speciale che i popoli possono darsi: proprio lo Stato. La nazione che si manifesta nei momenti di difficoltà è il cemento che ci unisce e conferma il reciproco riconoscimento degli individui come popolo.

Nei giorni scorsi, invece, il ministro per la seconda volta Nello Musumeci, catanese, già presidente della Regione Siciliana, presidente della sua Provincia, ha spiegato invece che lo Stato non ha più i soldi per rispondere alla funzione di mutualità, fondante e tipica dello Stato, in caso di calamità naturali. Ha così spiegato che questo costo sarà scaricato sulle famiglie, attraverso la stipula di un’assicurazione obbligatoria, come accade per le automobili. Se così sarà, dovremmo pensare che lo Stato non è comunità, ma assicurazione in senso stretto. Verrebbe meno l’idea di popolo e di nazione.

La concezione privatistica della Pubblica Amministrazione è un ossimoro. La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni lo ha detto spesso, in varie forme. Ma lo hanno detto tanti altri: Agostino De Pretis, Giovanni Giolitti, Alcide De Gasperi, Giulio Andreotti, Pietro Nenni, Luigi Einaudi e tutte le persone di buon senso, compresi i teorici del diritto, della gestione d’impresa, gli economisti. Lo dicono la logica e la natura delle cose.

Le assicurazioni sono enti privati che amministrano la mutualità tra gli assicurati, in cambio di un profitto. Per un bene importante ma non essenziale e profondamente legato alla responsabilità personale di guidatore, come l’auto, può essere corretto pensare a un’assicurazione. Ma le case sono beni esistenziali. Se ne parla anche nella Costituzione. Se la casa viene portata via da un’alluvione o da un terremoto lo Stato deve intervenire direttamente. È il suo compito principale, di natura mutualistica, fondante, di interesse pubblico. Quest’obbligo nasce con il primo vagito statuale. O di esistenza della nazione.

Perché Nello Musumeci propone di far venire meno lo Stato a un suo compito fondamentale e non delegabile? Perché mancherebbero i soldi. Lo Stato spende per la Protezione Civile cinque miliardi e mezzo. Le regioni spendono 177 miliardi. I comuni altri 77 miliardi. Mezzo miliardo se ne va solo per spese obbligatorie e di funzionamento della struttura. Siamo ben sopra la media di spesa per i danni. Quindi i soldi ci sono già. Se non bastano, si può fare la revisione delle spese della Protezione Civile. Controllare i contratti di leasing o acquisto degli elicotteri e degli aerei, delle flotte navali, automotive e strumentali della Protezione civile può aiutare.

Ma è fuori dal bilancio delle emergenze che si gioca la partita vera dei soldi pubblici, che non mancano affatto. Secondo una stima di un istituto internazionale i cosiddetti sprechi della Pubblica Amministrazione italiana ammontano a più del doppio dell’evasione fiscale: ottantatré miliardi di evasione, contro quasi duecento di sprechi.

Senza considerare altri dati: l’extragettito fiscale di 40 miliardi annunciato dal governo, pari a circa 1600 euro per contribuente capace di peso fiscale aggiuntivo; nessuna notizia sulla riduzione degli sprechi, un rapporto deficit-pil che quest’anno si attesta ancora al 7 per cento, due volte e mezza il 3 per cento definito dai trattati europei. Quando si sente dire da un ministro: lo Stato non aiuterà a ricostruire dopo le calamità naturali, fa danni incalcolabili alla tenuta e alla solidità nazionale. È un’offesa alla nazione.

Caro ministro Musumeci, ci auguriamo che lei sia il primo a spiegare a tutto il Consiglio dei ministri che è stato frainteso. Lei non ha mai detto di voler obbligare il popolo italiano a scambiare lo Stato, la nazione con un’assicurazione obbligatoria contro le calamità naturali, vero?

Aggiornato il 26 settembre 2024 alle ore 11:38