Le notizie che concernono il cosiddetto “centro” sono oramai più che note. Matteo Renzi ha portato la sua Italia Viva nel cosiddetto campo largo facendo finta di nulla. Anche se nello stesso campo figurano Alleanza Verdi e Sinistra e Movimento 5 Stelle che non vedono proprio di buon occhio (per usare un eufemismo) il senatore di Rignano sull’Arno. La scelta di schierarsi con Elly Schlein e la sua malridotta compagnia ha provocato l’uscita dal partito di un folto gruppo di iscritti facenti capo a Luigi Marattin.
Poi, ecco Carlo Calenda e la sua Azione impegnati nella disperata ricerca di un qualcosa che ancora non è chiaro (né per loro né per gli elettori) e che scelgono con chi schierarsi “di volta in volta”. In questo caso, Giusy Versace, Mariastella Gelmini, Enrico Costa e Mara Carfagna hanno annunciato il loro addio al partito di Calenda. Per loro l’alleanza con il centrosinistra alle Regionali di Liguria, Umbria ed Emilia-Romagna è insopportabile e si capisce. Essere “centro” non vuol dire buttarsi a ogni appuntamento elettorale dove più si pensa di avere maggiori benefici: è una questione di dignità politica e non solo.
In realtà, nel nostro Paese, se si volesse realmente creare un terzo polo centrale rispetto agli attuali due schieramenti e autonomo rispetto agli stessi, sarebbe necessario dare vita a quello che una volta si definiva cantiere, un luogo in cui si “costruisce” qualcosa di politico, qualcosa di veramente alternativo a ciò che già esiste. Bisogna ammettere che né Calenda né tantomeno Renzi sono riusciti nell’intento.
Aggiornato il 19 settembre 2024 alle ore 11:24