Un’Italia con poca acqua

Anche quest’anno il caldo si è fatto sentire e le elevate temperature sono state le principali compagne di viaggio di questa estate 2024. Ma ad allarmare è la mancanza di acqua. Una mancanza che, secondo l’Associazione nazionale consorzi di bonifica e irrigazione (Anbi), colpisce buona parte del territorio nazionale e in particolare il Centro-Sud e le Isole. A resistere, infatti, è solo il Nord, sebbene anch’esso registri dati negativi in termini di precipitazioni. Il territorio che più ne risente, tuttavia, è la Sicilia, dove la mancanza di un piano infrastrutturale di raccolta idrica unitamente all’assenza di piogge, rende la situazione preoccupante. Il presidente della Regione Renato Schifani ha, infatti, dichiarato lo scorso 11 marzo, lo stato di emergenza, approvando alcune misure di contrasto, come l’attivazione della nave cisterna messa a disposizione dalla Marina militare nell’Agrigentino.

Ma lo stato di emergenza regionale, in conseguenza alla grave emergenza idrica, è stato dichiarato anche in Calabria, dove già a fine luglio il Distretto idrografico dell’Appennino meridionale aveva qualificato lo stato di severità idrica come “alto” e in Puglia che a partire dal 12 agosto si è deciso di bloccare la Diga di Occhito per l’uso irriguo, così da garantirne l’uso potabile dell’acqua rimanente. Situazione allarmante anche al centro, come in Abruzzo, dove la quantità di acqua evaporata è maggiore rispetto a quella caduta dal cielo e in Umbria, in cui sono state registrate delle diminuzioni di almeno 5 centimetri del Lago Trasimeno. Uno scenario non buono che causa inevitabilmente importanti conseguenze economiche nel campo dell’agricoltura, danni sui territori e i disagi per i cittadini, costretti al razionamento dell’acqua.

Il dimezzamento dei raccolti è certo e con esso l’aumento dei prezzi di frutta, ortaggi e latte. Ma, a fronte di una progressiva perdita idrica che si attesta a livello nazionale nel 2023 al 41,8 per cento circa, nonostante i grandi passi avanti compiuti grazie alle gestioni industriali e all’opera dell’Arera (l’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente) occorre necessariamente estendere i margini di miglioramento. L’Utilitalia, la federazione delle imprese alle quali fanno capo i servizi pubblici di acqua, ambiente ed energia e che rappresenta più di 400 aziende, intende infatti istituire un tavolo di crisi nazionale per sottoporre al Governo una proposta di riforma del comparto idrico. Barbara Marinali, vicepresidente di Utilitalia, ritiene necessario “uscire dalla logica emergenziale” e accelerare gli investimenti programmati nel settore. L’obiettivo è quello di intervenire sugli impianti ormai troppo vetusti e ridurre la dimensione delle gestioni comunali “in economia” (1.465 in totale, di cui l’80 per cento appunto al Sud con investimenti medi pari a 11 euro per abitante, a fronte di un livello nazionale di 70 euro) in favore di quelle industriali. Ma mentre di studia la strategia migliore, non resta che praticare la danza della pioggia.

Aggiornato il 28 agosto 2024 alle ore 10:41