Gli attacchi a Fratelli d’Italia graditi a ex Fiat e coop migranti

All’inizio dell’estate il presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva detto “nessun processo all’informazione”, quindi aveva ritirato la querela nei confronti del Domani, del direttore Emiliano Fittipaldi e del predecessore Stefano Feltri.

Poi pian pianino sono ripartite le invettive contro il Governo, cosa abbastanza naturale da parte di Domani e La Repubblica, giornali notoriamente legati al centro-sinistra. Una belligeranza che di fatto è andata di pari passo con le polemiche tra l’Esecutivo e la Fiat: perché quest’ultima pretende aiuti dall’Italia nonostante non sia più fiscalmente residente nel Belpaese e, soprattutto, abbia chiuso le produzioni per spostarle altrove.

John Elkann, newyorkese di nascita e nipote di Gianni Agnelli, è l’editore de La Repubblica (giornale che per una vita è stato finanziato dalla Cir di Carlo De Benedetti). Che legame potrebbe insistere tra questi attacchi a Fratelli d’Italia e i rapporti tesi tra governo e Fiat? Va detto che Fratelli d’Italia e Lega hanno ricordato alla Fiat i tantissimi aiuti di stato, mentre Forza Italia ha optato per evitare polemiche con la famiglia Agnelli-Elkann. Casualmente Domani e Repubblica hanno attaccato lancia in resta Fratelli d’Italia e Lega, Arianna Meloni, Matteo Salvini, Roberto Vannacci… e tutti i colpevoli di “patriottismo”.

Attacchi partiti anche per le dichiarazioni della premier Giorgia Meloni durante il Consiglio dei ministri: “Stamattina mi sono recata dal Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo Giovanni Melillo per consegnare un esposto sui flussi di ingresso in Italia di lavoratori stranieri avvenuti negli ultimi anni avvalendosi del c.d. Decreti Flussi… I flussi regolari di immigrati per ragioni di lavoro vengono utilizzati come canale ulteriore di immigrazione irregolare… La criminalità organizzata ‒ ha affermato Giorgia Meloni ‒ si è infiltrata nella gestione delle domande e i decreti flussi sono stati utilizzati come meccanismo per consentire l’accesso in Italia, per una via formalmente legale e priva di rischi, a persone che non ne avrebbero avuto diritto, verosimilmente dietro pagamento di somme di denaro (secondo alcune fonti, fino a 15.000 euro per pratica)”.

Ovviamente Domani e La Repubblica non versano nemmeno un rigo per rammentare che, per aiutare i migranti a trovare alloggio e lavoro, la coop della famiglia Soumahoro ha ricevuto 65 milioni di euro in vent’anni dallo Stato italiano. Fortunatamente su Dagospia c’è traccia che, la moglie di Soumahoro ha lavorato come consigliera alla presidenza del Consiglio per più di due anni (dal 2003 al 2006) nel governo Berlusconi: ruolo ricoperto anche con il secondo governo Prodi. E poi di nuovo, quando il Cavaliere è tornato in sella nel 2008: Liliane Murekatete (moglie di Soumahoro) veniva richiamata dal governo di centrodestra come “facente funzioni del rappresentante per l’Africa”; missione mai decollata che però ha permesso alla rappresentante di seguire i propri affari da dentro il Palazzo.

E 65milioni di euro non spariscono con un po’ di borse firmate e vacanze di lusso: sono davvero tanti soldi, e sorge il dubbio che qualche dirigente di sindacato, qualche Caf, abbia aiutato Liliane Murekatete e Marie Therese Mukamatsindo (rispettivamente moglie e suocera del parlamentare Aboubakar Soumahoro) ad agevolare i “collocamenti” di migranti fatti dalla cooperativa sociale Karibu

Perché 65milioni si reputa siano bastevoli ad “agevolare” il lavoro: e non facciamo i malpensanti, nessuno vorrebbe mai ipotizzare che si tratti della storia di un secchio bucato, che quei quattrini abbiano migliorato anche la vita di sindacalisti e dirigenti di Caf di uno storico sindacato vicino all’ex Pci.

Ma sappiamo bene quanto la politica sia un fiume carsico, e si potrebbero ipotizzare tante spiegazioni ai buoni rapporti che insistono tra qualche forzista, professori del sindacalismo rosso e volontariato cattolico: suvvia rapporti di buon vicinato, utili ad intavolare dibattiti riminesi sullo “Ius Scholae” e su un testo di riforma della legge sulla cittadinanza.

“Dal monitoraggio sui flussi emergono dati allarmanti, da alcune regioni, su tutte la Campania, abbiamo registrato un numero di domande di nulla osta al lavoro per extracomunitari, durante il click day, totalmente sproporzionato rispetto al numero dei potenziali datori di lavoro, siano essi singoli o imprese ‒ aveva precisato Giorgia Meloni al Cdm ‒ Sui permessi per lavoro stagionale, cioè per lavoro in campo agricolo o turistico-alberghiero, nel 2023, su un totale di 282.000 domande, 157.000 arrivano dalla Campania, mentre 20.000 arrivano dalla Puglia. Solo che, per esempio nel settore agricolo, la Puglia ha circa il 12 per cento delle imprese agricole italiane e la Campania solo il 6 per cento”. Ricordava la premier. E ancora: “Dato ancora più preoccupante è che a fronte del numero esorbitante di domande di nulla osta, solo una percentuale minima degli stranieri che hanno ottenuto il visto per ragioni di lavoro in base al Decreto Flussi ha poi effettivamente sottoscritto un contratto di lavoro. In Campania, meno del 3 per cento di chi entra con un nulla osta sottoscrive poi un contratto di lavoro. Uno scarto significativo tra il numero di ingressi in Italia per motivi di lavoro e i contratti di lavoro che vengono poi effettivamente stipulati è però una caratteristica ‒ chiosava Giorgia Meloni ‒ che accomuna, anche se con numeri meno spaventosi, molte regioni italiane”.

Quindi ora ci chiediamo quanto abbiano influito queste azioni e posizioni della premier ai fini della campagna mediatica fatta da Domani e La Repubblica. Quanto abbiano influito le scaramucce con la famiglia Agnelli-Elkann, con gli interessi dei De Benedetti, con i poteri bancari europei e mondiali, con i supporter di Ursula von der Leyen.

C’è da pensare tanto, ecco perché Antonio Tajani si sarebbe smarcato: di fatto a Rimini ha preso le distanze dall’esposto presentato in Procura contro i gestori dell’immigrazione. E qualcuno lo ha applaudito, ricordando da sinistra che “i migranti sono risorse, che ci pagano le pensioni, che lavorano al posto nostro”.

Ma dove e quando? Un lavoratore per essere contrattualizzato deve avere le carte in regole, deve dimostrare d’avere diritto al lavoro in base ad obblighi formativi a norma Ue. Gli addetti ai lavori sanno bene che chi sbarca senza documenti non è contrattualizzabile. Direte che ci sono cooperative e Caf che costruiscono documenti e curriculum, che agevolano in modo non chiaro, che velocizzano il rilascio di permessi, che orchestrano assunzioni di comodo con uno storico sindacato.

Basti solo pensare che, se un imprenditore provasse ad assumere un giovane italiano talentuoso con regolare contratto, poi si attirerebbe le attenzioni di qualche racket sindacale: finirebbe sui giornali, farebbero pubblica denuncia di una assunzione operata evitando i regolari canali sindacali. Quindi qualcosa suggerisce che Giorgia Meloni abbia pestato i piedi agli opachi interessi dei gruppi parassitari. Perché l’Italia per troppi anni ha alimentato cooperative alla Karibu e aziende che delocalizzano e pretendono soldi dallo Stato.

Aggiornato il 27 agosto 2024 alle ore 13:26