Tempi duri per i social media manager del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, ma si sa che grandi responsabilità comportano altrettanto grandi rischi e la meritocrazia prima di tutto! Bene sta facendo Matteo Salvini a chiedere l’assegnazione di Rai cultura alla Lega – lo apprendiamo da Il Foglio – forse avendo intuito che quel canale può essere utilizzato in maniere migliore, e più efficace, di quanto abbia fatto sino a oggi il Governo.
Mentre la sinistra ha aperto il fuoco mediatico contro il povero Federico Mollicone (ché è figlio di Nazzareno Mollicone, mio vecchio e stimato amico), reo di aver detto semplicemente una cosa ovvia, ovvero che sebbene le sentenze vadano rispettate questo non significa che la verità fattuale (direbbe Maurizio Crozza travestito da Vittorio Feltri) possa anche discostarsi dalla cosiddetta “verità giudiziaria”. Vogliamo ricordarci di essere in un Paese democratico e “libero” ogni tanto o questo vale soltanto per i simpatici inquilini progressisti di Palazzo Chigi? Sono e resto garantista a oltranza. E soprattutto sono per il diritto alla libertà di opinione, io che progressista non sono. Anzi, sono piuttosto incline alla reazione e a un certo “conservatorismo” molto aristocratico, con smaccate simpatie “sovraniste”. Non ho problemi a dichiarami da sempre fieramente europeista – e antifuturista – laddove per “europeista” si deve intendere l’avere una visione del Vecchio Continente unita dalle varie differenti radici culturali, quelle che più banalmente qualcuno si ostina a chiamare “identità”.
Perché, come continuo a ripetere, sarebbe bello se questo Governo, attraverso i suoi amministratori culturali, anche a Bruxelles, si ricordasse che è la nostra nazione ad essere la culla della cultura europea e come tale tutelarne veramente le tradizioni, i beni artistici e quelli culturali. Chiedo troppo? Rammento agli stessi eletti, magari distratti dalle “minacce” economiche provenienti proprio dal Parlamento europeo, che il nostro patrimonio culturale è utilizzato e sfruttato per molto meno della sua metà in percentuale. Sono l’arte e la cultura, non il denaro “volatile” creato dalle Banche centrali a farci dire europei. E neppure le colonie di basi Nato armate ed extraterritoriali, dislocate su tutto il nostro territorio.
Una politica priva di cultura o comunque con un basso profilo culturale diviene banale amministrazione della cosa pubblica che, quindi, non crea, né forma né produce neanche ricchezza. E pensare che – repetita iuvant ma anche stufant – il settore della cultura è l’unico nel quale l’Europa non abbia messo tenaglie e paletti all’Italia, consentendo al nostro Paese di svilupparlo senza finire strangolata dalla finanza internazionale che, sappiamo benissimo, rappresenta il grande manovratore occulto di ogni cosa.
In questo momento, la destra di Governo sta letteralmente sprecando le proprie munizioni culturali, lasciando di fatto ancora ampi margini di manovra all’opposizione, mostrandosi alla fine sempre fragile e timorosa nell’esecuzione delle idee, sporadiche e sovente prive di coordinazione. Siamo ancora molto distanti da quella Rivoluzione conservatrice, auspicata dallo stesso ministro Sangiuliano, che porterebbe a ben altro sviluppo dall’attuale, se applicata modus in rebus, e soprattutto gestita dalle persone “migliori”, quegli “aristocratici” dei quali vado cianciando da sempre piuttosto che da militanti da ricompensare o da fedelissimi. Abbiamo un disperato bisogno di sviluppare le intelligenze, quelle non artificiali, di promuovere i capaci, i giovani che stanno dimostrando coram populo di essere in grado di “creare” arte, bellezza e cultura anche economicamente. E lasciar perdere tutti gli altri cascami, le zavorre lamentose, i monotoni e intristenti operatori di una cultura che non è tale e troppo spesso non è altro che tronfio egotismo spinto all’eccesso. Credo nella necessità di una formazione culturale umanistica, artistica e letteraria soprattutto per i giovani, cosa assolutamente mancata in una destra italica dagli anni Ottanta ad oggi. E si vede.
Si dovrebbe fare una diffusione culturale migliore, usando i canali televisivi (paghiamo il canone… per cosa?) ma non in maniera accademica, noiosa, paludata, autoreferenziale, con un linguaggio scolastico o peggio ancora post-sessantottino gramsciano rivisto da destra. La diffusione della cultura dovrebbe comportare la “seduzione”, la “fascinazione”, il “coinvolgimento” del pubblico, dello spettatore, non il suo ammorbamento catalettico. Dovrebbe essere psicotropa e invece, quasi sempre, rende passivo colui che ne è oggetto.
Basterebbe guardare le trasmissioni televisive volute dalla sinistra per capire cosa non fare e, invece, i nostri amici “conservatori” riescono a imitarle nella maniera peggiore e pedissequa, non avendo ancora compreso che un nuovo prodotto, se valido, immesso sul mercato avrà di sicuro un suo compratore. Non userò mai la parola “fruitore” per evidenti ragioni di stile nella lingua italiana. E quindi, se la diffusione culturale sui media sarà più alta e migliore la qualità del prodotto stesso, maggiore sarà la sua richiesta. Non è necessario essere degli esperti del marketing per capire una simile ovvietà.
Con questo sin troppo esteso articolo, Dalmazio, come quel Cyrano de Bergerac che tanto ammira, esce di scena per le meritate ferie de L’Opinione e della sua redazione, che tanto liberalmente e cortesemente, con pazienza, mi ospita da anni, da quando mi accettò la buonanima indimenticata di Arturo Diaconale, che chissà cosa direbbe e scriverebbe oggi, su questo nostro, magnifico e disastrato Paese.
Aggiornato il 09 agosto 2024 alle ore 10:26