Uno dei problemi del centrodestra o della destra tout court quando ogni morte di Papa le capita di andare al Governo vincendo regolarmente e con ampio margine le elezioni, è la soggezione psicologica verso gli isterismi di una sinistra piuttosto priva di prospettive. E da tempo.
Poniamo il caso delle stragi sentenziate definitivamente come fasciste. Per dogma più che per diritto.
Se uno come Federico Mollicone, deputato di Fratelli d’Italia e presidente della Commissione Cultura alla Camera dei deputati, osa avere il coraggio delle proprie convinzioni ed esporle in piena onestà intellettuale non solo viene aggredito come “fascista” dagli avversari politici spesso in perfetta malafede, ma anche a casa sua qualcuno gli dice: “Ma chi te l’ha fatto fare”.
E i giornali del “day after” si affrettano a raccogliere indiscrezioni, vere o verosimili, come si usa nell’era dell’Intelligenza artificiale, che deridono il malcapitato. E attribuendole ad ambienti del suo stesso partito. Facendo così credere che chi ha osato dire “il Re è nudo” sia stato circondato da un cordone sanitario.
Io non credo che questa sia la giusta maniera di relazionarsi alla verità, agli elettori e neanche agli avversari. Questo eccesso di diplomatismo non porta a niente di buono. “À la guerre comme à la guerre”. È molto vero che le stragi “fasciste” si tirano fuori quando si deve tenere sulla corda un Governo sgradito alla sinistra. Non è un complotto, ma una furbata. L’hanno fatta pure con Silvio Berlusconi.
Però quando il nemico non è al governo si ragiona diversamente. E ad esempio Mambro, Fioravanti e Ciavardini non sono più i colpevoli certi della strage del 2 agosto 1980, ma forse i capri espiatori. Due perfetti colpevoli di repertorio. Tanto dovevano già scontare più di un ergastolo, a chi volete che interessi?
E questi ragionamenti erano pane quotidiano pure al “Manifesto” ed erano condivisi anche dalla sinistra in genere. Come si poteva sentire nelle registrazioni di annata di convegni cui ha partecipato il fior fiore della intellighenzia progressista. Mandate in onda proprio la notte del 2 agosto da Radio radicale.
Siamo sempre alla massima di Lenin: “La verità è quella che serve alla rivoluzione”. Lo rivendicava in un comunicato letto in aula al processo di Torino lo stesso Renato Curcio. Ai “bei tempi”. Purtroppo anche i partiti politici di sinistra si attengono allo stesso slogan. Almeno nei comportamenti effettivi.
Per questo Federico Mollicone va elogiato, non silenziato per motivi di opportunismo politico.
Aggiornato il 07 agosto 2024 alle ore 11:07