Arte e politica, ieri e oggi

L’altro giorno un conoscente mi ha gentilmente esortato a non interessarmi di politica, dal momento che la mia attività principale di scrittore e di studioso riguarda l’arte. Questa cosa così poco cortese e per nulla elegante merita un’adeguata risposta, visto l’altissimo livello d’imbecillità espressa, ma poiché sono in molti – almeno tra i miei detrattori di sicuro – a pensarlo, ritengo di doverlo fare pubblicamente.

Innanzitutto anche chi, come me, si occupa da una vita d’arte, studiandola, scrivendone, parlandone e in ogni altro modo, è parte della società (cosiddetta) civile e dunque non è avulso dalla vita politica; anzi, forse chi tratta d’arte, così come chi tratta di filosofia o di lettere, ha maggior diritto d’altri a parlare di politica.

Sono un platonico e un neoplatonico, concedetemi quindi questa peculiarità aristocratica e per nulla plebea, che vado a illustrare proprio con un grande dipinto, grande anche per le sue dimensioni. Un’opera straordinaria, magistrale e densa di significati reconditi, dipinta nel 1533 da Hans Holbein il Giovane con la tecnica fiamminga dell’olio su tavola. Il dipinto, molto noto, s’intitola Gli Ambasciatori, e offre il ritratto di Georges de Selve, vescovo di Lavaur nonché ambasciatore presso la Serenissima Repubblica di Venezia e in Vaticano e di Jean de Dinteville, ambasciatore del re di Francia Francesco I a Londra. Potete ammirarlo dal vero alla National Gallery della capitale inglese.

I due notabili, ricchi e potenti sono ritratti in tutta la loro magnificenza, in un gioco allegorico d’immagini che contiene una dovizia di simboli e significati allora certo più comprensibili al mondo di quanto lo possano essere a noi oggi, ma uno soprattutto è quello che rende questo dipinto una rarità senza pari. Infatti, soltanto se chi guarda l’opera si pone in un punto particolare davanti a essa, alla giusta distanza, vedrà apparire dinanzi ai propri occhi – come per incanto o per magia – un teschio umano, posto esattamente ai piedi e tra i due legati.

Ecco che tra le tante possibili chiavi di lettura e interpretazione, da quelle più esoteriche a quelle geopolitiche, il pittore ce ne offre una del tutto nuova e inaspettata, quello della Morte. Un’apparizione improvvisa, un’irruzione della Vanitas creata con uno stratagemma ottico che si chiama anamorfosi. L’etica e la metafisica sono in tal modo presenti nella più concreta politica tra le nazioni, immaginate che se oggi vi fossero raffigurati invece dei due ambasciatori rinascimentali, ad esempio Donald Trump e Vladimir Putin, oppure altri più vicini a noi come il nostro premier Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen… il teschio, il memento mori dipinto in mezzo a loro, avrebbe un significato terrificante ancor più che ai tempi di Enrico VII.

Se vi state ancora chiedendo cosa abbia a che vedere tutto questo con la politica, vi meritate questo tempo mediocre, perché con la capacità di poter “leggere” interpretare, comprendere ed eventualmente illustrare un’opera d’arte di simile complessità, si possono trasmettere – odio il verbo “tradurre”, lo lascio a chi predilige un lessico da strada – immediati concetti e messaggi che le parole non riescono in maniera altrettanto immediata. Ecco cosa c’entra l’arte con la politica: La comprensione immediata di temi che fanno parte della natura e della società umana – e non solo – universali e sempre validi lungo il corso dei secoli.

In questo caso davanti al fasto, alla ricchezza, alla potenza dei due ambasciatori, Holbein Jean de Dinteville, uno dei più eccelsi ritrattisti di tutti i tempi, ha voluto ricordare loro e a chi guarda, come la Morte sia alla fine di tutti signora e padrona e come nessuno possa sfuggirle. La Grande Mietitrice, non distingue il censo né il genere, equipara tutti sotto la sua falce.

Una grande lezione d’umiltà nel Rinascimento, all’apice della civiltà occidentale, che dovrebbe essere impartita ancor più oggi, in una società illusoriamente evoluta e invece molto più decaduta e imbarbarita di quella di cinque secoli or sono. Ecco a cosa serve studiare l’arte e la storia dell’arte, ed ecco perché non potrà mai essere un buon politico chi non ne tiene conto o la considera una branca accessoria d’un campo già superfluo come la cultura in generale ed ecco ancora perché questa negligenza produce considerevoli mali nella politica d’una nazione come la nostra. L’arte è una forma di educazione, l’estetica è necessaria per comprendere il bello e la bellezza che devono formare la politica e indirizzarla dunque al bene del cittadino affinché migliori e sia migliore la sua vita.

Tutto questo non è utopico, perché nel nostro passato è avvenuto per secoli, e se anche non ci ha evitato sanguinose guerre, ci ha garantito splendore, ricchezza e benessere per quasi mille e cinquecento anni… praticamente sino a ieri, sino alla seconda metà del Novecento quando abbiamo perduto tutto. Perché l’ignoranza è il male, la non conoscenza genera il male, e noi ormai viviamo nel più ignorante dei tempi e dei mondi possibili.

Aggiornato il 06 agosto 2024 alle ore 10:52