Abbiamo considerato che sia stato commesso un grosso errore, allorché le candidature alle alte cariche delle istituzioni politiche dell’Unione europea sono state decise in una riunione attorno a un caminetto, in piena estate, tra capi delle forze politiche che hanno espresso la prima Commissione esecutiva diretta da Ursula von der Leyen. Alcune di queste forze politiche non hanno messo a segno un successo elettorale. Questo, di per sé, ha costituito una prima violazione dei trattati istitutivi, nei quali non si prevedono circoli ristretti extraistituzionali. Così, si condivide la posizione della presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Ella si è astenuta sulla nomina di Ursula von der Leyen a un secondo mandato per la presidenza della Commissione, in quanto ha affermato che si sarebbe regolata in base al programma presentato. Spiace, a chi scrive, il suo voto contrario alla proposta della nomina di Kaja Kallas, allora a capo del governo estone, a alto rappresentante dell’Unione per la politica estera e di difesa, poiché nessuno più di lei ha le idee chiare su come ci si debba difendere dall’imperialismo di Vladimir Vladimirovič Putin della Federazione Russa.
L’elezione del presidente dell’assemblea del Parlamento europeo, Roberta Metsola, affiancata anche da due vicepresidenti conservatori riformisti, ha rappresentato un indubbio superamento dell’emarginazione della destra europeista. Ciò ha fatto ritenere – dopo che Ursula von der Leyen ha letto il suo programma con un forte accento all’esigenza di semplificazione della normativa comunitaria, troppo densa in alcune materie, e un riferimento alla necessità di combattere l’immigrazione clandestina e l’impegno alla nomina di un commissario ad hoc per il Mediterraneo – che le esigenze difese da Giorgia Meloni fossero state accolte. Invece, il fulmine a ciel sereno: Fratelli d’Italia ha votato contro. Perché? A detta di Nicola Procaccini, perché a votare a favore sono stati la sinistra ed i Verdi. Ma come? Procaccini, proprio lui, ha sempre affermato che, in quell’Assemblea, le forze politiche si esprimono sulle singole misure da votare, con una geometria variabile, e il gruppo da lui per tanta parte diretto vota contro un presidente della Commissione la quale ha fatto proprie in tante materie le prospettive del Governo Meloni in Italia. Questo perché Ursula von der Leyen non ha messo in discussione la sua politica ambientale.
Io sono veneto. Non posso dimenticare quello Stato serenissimo che, per i mille anni tra il ritiro dall’Occidente dell’Impero romano, vieppiù ritiratosi a Costantinopoli, e il Risorgimento d’Italia, ha governato su un delicatissimo ecosistema e ha previsto la pena di morte per chiunque piantasse in laguna, senza la prescritta concessione, un palo. L’equilibrio dell’ecosistema è un fatto vitale per il genere umano. Forse nessuno ha la competenza per determinare quanto il turbamento in atto sia dovuto a Co2 o alle macchie solari. Una cosa però è certa: l’attività solare, allo stato, è incontrollabile dai governi terrestri; l’inquinamento su questa terra, sì. Si dice che altrove non si fa, ma se l’Europa vuole essere una guida della civiltà ha il dovere di fornire l’esempio. Qualche liberale conservatore afferma che quelle misure rappresentano un ostacolo alla libertà d’impresa. Cosa è, però, la libertà? È quanto recita il giure romano: Libertas est naturalis facultas eius quod cuique facere libet, nisi si quid vi aut iure phohibetur. Quale forza è superiore a quella della natura? Il diritto può non considerarla e subordinarla a un interesse pecuniario? Liberale vuol dire generoso, l’esatto contrario di avido. Soprattutto quando in gioco è l’essere umano e l’ambiente che ne consente l’esistenza. Brava Ursula! Avanti così!
Aggiornato il 19 luglio 2024 alle ore 16:48