Il processo di semplificazione normativa in Italia è iniziato negli anni Novanta, concentrandosi inizialmente sulla semplificazione amministrativa. Con il tempo, gli interventi si sono orientati verso la riduzione del numero di regole e la miglior qualità della regolamentazione. Il “taglia-leggi” è stato un meccanismo introdotto per eliminare la confusione normativa, caratterizzata da pan-normativismo e stratificazione disordinata. Questo meccanismo ha comportato l’abrogazione delle leggi antecedenti al 1970, salvo alcune eccezioni. Il procedimento è stato delineato dalla Legge 246/2005 e successivamente modificato da altre leggi. La “ghigliottina” normativa ha comportato un preliminare censimento delle disposizioni vigenti, con l’obiettivo di semplificare e razionalizzare il sistema normativo. In parallelo, il legislatore ha effettuato abrogazioni espresse di disposizioni specifiche, sia precedenti che successive al 1970, eliminando anche atti legislativi pre-costituzionali. Inoltre, è stata promossa la redazione di codici settoriali per un riordino organico delle norme. Il processo di semplificazione ha incluso anche l’abrogazione di regolamenti obsoleti con il Decreto del presidente della Repubblica 248/2010 e altre abrogazioni sui generis per facilitare le attività economiche. Da ultimo, sono stati emanati vari decreti legislativi di riordino normativo, comprendenti testi unici e codici su specifiche materie. Sono ora all’esame della Commissione affari costituzionali della Camera disegni di legge volti all’abrogazione di numerose norme prerepubblicane (1861-1946). Queste proposte, di iniziativa governativa, mirano a eliminare un totale di 22.588 regi decreti.
In particolare, con l’atto della Camera numero 1.168 si dispone l’abrogazione di norme dal 1861-1870. Con l’atto numero 1.318 quelle dal 1871-1890, con ulteriori abrogazioni dal 1861-1870. L’atto numero 1.371 dispone invece l’abrogazione di norme dal 1891-1920 e l’atto numero 1.452, norme dal 1921-1946, con ulteriori abrogazioni dal 1910. I quattro disegni di legge, tutti con una struttura simile, sono composti da 2 articoli e un allegato che elenca i decreti da abrogare. L’articolo 1, comma 1, prevede l’abrogazione dei regi decreti specificati, mentre il comma 2 conferma gli effetti delle disposizioni non normative degli atti abrogati. L’articolo 2 include una clausola di invarianza finanziaria, assicurando che non vi siano nuovi oneri per la finanza pubblica. La necessità di questi interventi deriva dal vasto stock normativo, con oltre 204.272 atti normativi adottati dal 1861 al 2023, di cui 94.062 già abrogati. Una ricognizione ha identificato i decreti abrogabili, classificandoli in tre categorie: esauriti, consolidati e di difficile abrogazione. I disegni di legge attuali si concentrano sui decreti esauriti o la cui abrogazione non crea vuoti normativi. In dettaglio, vengono abrogati decreti relativi a enti non più esistenti, regolamenti comunali, enti creditizi dismessi, tasse comunali, attività delle camere di commercio, trattati internazionali esauriti, collegi elettorali, comuni non più esistenti, lasciti e donazioni esaurite, e altre materie ora regolate da nuove normative.
I regi decreti, adottati durante il Regno d’Italia, sono oggetto di abrogazione a causa della loro incerta qualificazione giuridica, oscillando tra fonti legislative e secondarie. La relazione evidenzia la difficoltà di verificare il contenuto di tali decreti, risalenti a un diverso sistema giuridico, e suggerisce di preferire l’abrogazione con fonti di rango superiore. Lo Statuto albertino prevedeva che il re emanasse decreti per l’esecuzione delle leggi senza sospenderne l’osservanza, attribuendo il potere legislativo al re e alle Camere. Tuttavia, la pratica consentì l’adozione di decreti con valore legislativo, talvolta senza autorizzazione parlamentare, giustificati da interpretazioni estensive dello Statuto o necessità giuridiche. La prassi prevalente implicava che i decreti avessero una clausola per la conversione in legge, sebbene i tempi non fossero definiti. Solo nel 1915 iniziò l’uso della titolazione “regio decreto-legge”. Periodi di crisi politica e sociale videro un aumento di tali decreti, con numerosi esempi durante e dopo la Prima guerra mondiale. La legge numero 100 del 1926, durante il regime fascista, regolamentò ulteriormente i regi decreti, permettendo al Governo di emanare norme con forza di legge in casi straordinari e richiedendo la loro presentazione al Parlamento per la conversione.
Ogni decreto viene classificato in base alla sua natura e al periodo storico di riferimento. Un processo così articolato e complesso non è esente da modifiche, ripensamenti e correzioni in corso d’opera. Durante una delle ultime sedute delle Commissioni riunite il ministro per le Riforme istituzionali Maria Elisabetta Alberti Casellati, cui compete la responsabilità della semplificazione normativa, ha posto all’attenzione dei commissari la necessità di procedere ad alcuni interventi emendativi volti ad espungere dalla lista alcune norme o di aggiungerne delle altre. Circa 10mila atti pre-repubblicani sono stati espunti dalla lista delle norme da abrogare, in attesa di un’ulteriore valutazione. L’elenco di tali atti inoltre, una volta espunti i provvedimenti problematici, è stato inviato ai diversi ministeri per le valutazioni di competenza. Questa sarebbe un’eccellente occasione per eliminare quei provvedimenti ormai obsoleti, consentendo ai legislatori di redigere leggi chiare, semplici e comprensibili, evitando cumuli di disposizioni che risultano francamente illeggibili. Il grande lavoro di pulizia normativa continua.
(*) Responsabile relazioni istituzionali e affari esteri di Confedilizia
Aggiornato il 17 luglio 2024 alle ore 13:06