Il caso Trump: l’individuo e la sua comunità

Nei primi anni Novanta del secolo scorso, durante una visita a una importante impresa privata californiana che, già allora, si occupava di Intelligenza artificiale, il giovane imprenditore mi informò con comprensibile orgoglio che in quell’anno la sua azienda aveva ricavato il suo primo milione di dollari. Oggi, seguendo le notizie del telegiornale, apprendo che il vicinato – ma sarebbe meglio definirlo, sociologicamente, la comunità di appartenenza – si è immediatamente mobilitato per onorare l’ex capo dei vigili del fuoco Corey Comperatore e aiutarne la famiglia a seguito del suo sacrificio compiuto per salvare i propri cari durante l’attentato a Donald Trump. La cosa pare si sia concretizzata nella rapida raccolta di un milione di dollari. Due facce della stessa medaglia. Il dollaro, spesso individuato non senza ragione come l’emblema della cultura americana, che si presenta sotto due vesti diverse: il successo economico da un lato e la fraternità dall’altro.

Il fatto è che gli americani non accedono ad alcuna ipocrisia, quando pensano che una delle forme, non certo l’unica, che può assumere l’auto-realizzazione individuale è il denaro. Ma, allo stesso tempo, sono generalmente e intimamente persuasi dei doveri che ognuno ha nei confronti dell’altro, a cominciare dal volontariato. Le comunità locali, negli Usa, sono vere e proprie roccaforti nelle quali l’individuo e la famiglia sono concretamente e gelosamente al centro dell’attenzione di tutti, a cominciare dalle autorità del posto.

Anche per questo non ho mai del tutto compreso perché il sociologo Edward Christie Banfield, verso la fine degli anni Cinquanta, si sia dedicato allo studio del familismo amorale nel Sud italiano, quando aveva una ricca realtà sociologica e, forse, persino antropologica da studiare in uno qualsiasi degli Stati americani. Avrebbe così compreso che in ogni parte del mondo la realtà più coinvolgente, che in molti Paesi non ancora sviluppati è anche l’unica, è quella della comunità locale, quella che Ferdinand Tönnies aveva battezzato Gemeinschaft, contrapponendola alla Gesellschaft, ossia alla società come insieme astratto di istituzioni e valori e norme ufficiali che, aggiungo, si concretizza unicamente nel rapporto legale, economico e politico.

In questo senso, fra l’altro, sarebbe senza dubbio interessante e forse urgente studiare le nuove forme di comunità, virtuali, che sorgono, si sviluppano e poi, magari, svaniscono in Internet attribuendo così alle relazioni sociali, separate dalla vicinanza fisica quotidiana, una povertà di senso incorporea, priva di quel coinvolgimento complessivo della personalità di cui l’essere umano ha assoluto bisogno quando interagisce con la realtà dell’altro.

A loro volta, le comunità locali reali non sono sempre solo rose e fiori, ma, nel contempo, costituiscono un laboratorio psico-sociologico per eccellenza, nel quale motivazioni e attitudini individuali emergono e si confrontano senza alcuna mediazione meramente formale, dando spazio a sentimenti collettivi liberi da vincoli astratti e senza dogmi ideologici. La sussiegosa analisi politologica che già sta inondando la stampa circa gli effetti elettorali dell’attentato a Trump, in un’ottica sociologico-statistica che guarda ai grandi flussi elettorali senza degnare di uno sguardo gli individui che li pongono in essere, avrebbe tutto da guadagnare ascoltando e riascoltando la dichiarazione, appunto, di un individuo, un giovane locale il quale, intervistato da un telegiornale, ha dichiarato di aver sempre votato democratico ma che, ora, di fronte all’insulto della violenza, voterà per Trump. Ma, si badi bene, aggiungendo che lo farà non per simpatia ideale nei suoi confronti bensì per onorare la memoria di Comperatore, suo vicino di casa rispettato, benvoluto e, semmai, semplice avversario politico.

Tutto questo nulla toglie alla valutazione politica e all’analisi dei grandi fenomeni collettivi che, una volta realizzatisi, si devono certamente interpretare andando al di là delle vicende individuali. Ma non capire che il nucleo da cui hanno origine, nelle società di massa, la così chiamata opinione pubblica da un lato e l’orientamento o il ri-orientamento elettorale dall’altro, è l’individuo con le sue idee e le sue pulsioni che sono sempre, per definizione locali, significa perdere il contatto con la realtà e navigare in un mondo che, semplicemente, non c’è.

Per poi stupirsi, e tornare a commettere ulteriori errori a cominciare da quello più arrogante: la critica altezzosa dell’elettore ingenuo e senza cultura, dimenticando che è proprio su di lui, sui suoi valori, sulla sua visione immediata della realtà e sul suo bisogno di affidarsi a persone che avverte come leali vicini di casa, che si fonda la democrazia. Il resto sono solo grandi numeri che sicuramente caratterizzano la storia ma che, quasi sempre, si dimostrano altamente volubili, nel bene come nel male, a causa di qualche improvvisa, e intellettualmente non prevedibile, manifestazione individuale.

Aggiornato il 16 luglio 2024 alle ore 10:24