Giù le mani da Donald Trump. Giù i veleni, giù le pistole, giù i fucili tutti, compreso quello in stile Ar-15 utilizzato per l’attentato contro di lui durante il suo evento politico di massa. Giù le mani dal popolo in carne ed ossa lì presente, e in generale presente ai comizi d’ogni leader politico.
L’Ar-15 è una delle armi più utilizzate nelle sparatorie di massa nonché in mezzo alle masse. Invece nelle masse l’individuo dovrebbe utilizzare altri strumenti, per distinguersi e per agire propositivamente: dovrebbe utilizzare l’intelletto, e con esso l’ascolto, l’amore fattivo per la civiltà del benessere condiviso. Ogni individuo dovrebbe utilizzare il rispetto, nelle masse, verso tutti, nessuno escluso. Incominciando ad utilizzarlo verso Trump e verso le tante persone che lo seguono.
Giù le mani da Donald. Non sia mai il tempo della violenza che elimina il “nemico”, anche perché questa insensata e orrenda violenza non fa altro che fortificare lo spessore di chi la subisce nella plateale capacità di resistenza alle avversità, convogliando quindi più consenso morale e più manifestazioni d’affetto verso di lui, paradossalmente. Cosa immaginano i violenti nemici di Trump, che malauguratamente morto Trump sarebbe immediatamente deceduto anche il trumpismo? Illusi e violenti sono, e anche poco intelligenti, coloro che non riuscendo a condannare questo attentato al presidente Donald, ne condonano culturalmente il movente politico.
Sarebbe auspicabile che insieme a tutto il mondo della destra e del centrodestra uniti, insieme al centrosinistra istituzionale, fossero i movimenti, i partiti e partitini più radicali delle sinistre a esprimere solidarietà verso Trump, insieme alla condanna verso quel gesto di bruta e non casuale violenza. Vorrei che a nutrire e ad esprimere quella solidarietà verso Trump fossero quei centri sociali eccessivamente sinistroidi, quei movimenti tinti di un rosso aspro che non parla di socialismo ma che invece si esprime purtroppo con slogan di vendetta sociale. Vorrei che a condannare l’attentato a Donald fossero quegli anarchici che malamente, a costo del sangue, sognano una svolta falsamente libertaria nelle piazze delle nostre democrazie liberali. Vorrei che quei centri sociali anarchici o anarcoidi delle centrali periferie romane o torinesi – ma non solo – avessero la decenza, socioculturale nonché civica, di condannare dal loro punto di vista il metodo violento di eliminazione fisica dell’avversario, che appunto per loro diventa il personale nemico in carne ed ossa.
Pur rischiando d’esser preso d’assalto da squadristi anarchici liberticidi nella capitale italiana o nei capoluoghi di alcune regioni, non posso tacere nel denunciare quei covi di anti-civiltà che nutrono e ammaestrano odio e rancore verso le libertà figlie del libertarismo democratico moderato, figlie della Destra storica e della cultura sociale cristiana. Non possiamo più tacere. A Roma in alcuni centri sociali dalle parti di piazza Sempione, dalle parti del Tufello e non solo, così come senza dubbio nei circoli anarchici torinesi e d’altre città della nostra nazionalmente sudata libera Italia, ci sono poster di Gaetano Bresci appesi ai muri, banchetti con volantini e opuscoli in bianco-nero sull’anarchia militante e sul disprezzo verso la legalità democratica.
Ci sono i poster di Bresci, dicevo. Ma non è l’atto in sé di vederli appesi negli spazi sociali occupati degli estremisti che spaventa, quanto la loro cultura dell’attentatore anarchico sempre dietro l’angolo, chissà dove, chissà come, da solo o in gruppi organizzati: ciò spaventa, perché mina la pace e la sicurezza delle nostre socialità cittadine.
Perché Bresci? Ma anche Giovanni Passannante e Pietro Acciarito? Perché? Durante l’età monarchica dell’Italia unita, Passannante, Acciarito e Bresci furono tre anarchici imputati per reati di alto tradimento in riferimento – rispettivamente – ai fatti di attentato alla vita del re Umberto I di Savoia e di ferimento dello stesso nel 1878, all’altro episodio di attentato alla vita del medesimo re nel 1897, e all’assassinio dello stesso nel 1900.
Avendo realizzato la Repubblica italiana da quel 2 giugno 1946, certamente non grazie a questi metodi anarchici dell’epoca ma grazie invece a processi storici lenti e faticosi, grazie a fatti storici epocali e peculiari, grazie a Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi e a Goffredo Mameli e a tante e tanti altri, ormai, gli attuali anarchici non dovrebbero più fomentare quel metodo violento di disordine e caos ai danni delle vite umane di chi, di volta in volta, esercita il potere. Anzi, quel metodo dovrebbe essere disprezzato dagli stessi anarchici d’oggi, ove rispettino la vita umana come valore sacrosanto in sé per tutti, credenti e non credenti.
È spaventoso vedere poster di Gaetano Bresci in circoli dove giovani e non più giovani vivono la propria socialità, chiusi e sconnessi, isolati, avversi rispetto alla cultura liberale occidentale e agli sforzi istituzionali della sudata democrazia italiana che cammina sulle nostre gambe, attraverso la partecipazione cittadina. Ci aspettiamo un atto di condanna verso l’attentato a Trump anche da quegli ambienti, per poter stare sereni sui nostri territori italiani: romani, torinesi, milanesi, napoletani, eccetera.
Va ricordato a piena voce. La nostra vigente libertà è il collante di tutte le voci aperte al civile dialogo democratico. La nostra libertà – come individui cittadini di un popolo italiano e ital-europeo, transatlantico e filantropico – è la nostra dignità. Lo strumento di esercizio e garanzia di tale dignità è la legalità, è lo Stato di diritto demo-libertario dove popolo è libertà ma mai liberticidio omicida: soprattutto in questo tempo italico costituzionalizzato, nel proprio divenire neo-costituzionalizzante, che è il nostro umano divenire.
Aggiornato il 15 luglio 2024 alle ore 12:33