“Quando avrò portato a termine le riforme dirò alla presidente Meloni, cui sono grato per la fiducia che mi ha accordato, Nunc dimittis servum tuum, domina. Solo in senso politico, naturalmente. Potrò ritornare alle mie amate letture e, finché la salute regge, allo sport”.
Lo spiega il ministro della Giustizia, Carlo Nordio mel corso di un’intervista al Corriere della Sera. Il Guardasigilli, con l’occasione, precisa che la riforma non è un suo viatico per la Corte costituzionale (“non scherziamo. A parte che non ne avrei i requisiti”). Inoltre, sulla cancellazione dell’abuso di ufficio, nota: “Quando si elimina un reato, cessano le conseguenze della pena. Non è amnistia, ma un principio del diritto. Il nostro arsenale penale contro i comportamenti illeciti dei pubblici ufficiali infedeli è il più potente nella Ue. E molti atti illegittimi possono essere sanzionati con annullamento e risarcimento. Rimedi più efficaci, rapidi e deterrenti del reato eliminato”.
Inevitabile, a seguire, un passaggio sulle intercettazioni: “Il ddl non incide sull’efficacia delle intercettazioni. Si limita a tutelare dignità e privacy del terzo. Nelle riforme future, saranno conciliate le esigenze investigative con il diritto al segreto delle comunicazioni sancito in Costituzione come bene primario”.
Forza Italia, in ultimo, sostiene che la paternità della riforma è di Silvio Berlusconi. “Non vorrei peccare di vanità ma mi sono ispirato alle cose che scrivo da trent’anni – termina Nordio – ma le criticità della giustizia italiana e l’arretramento della politica rispetto all’invasività delle Procure, quelle sì, le predico dai tempi di Mani pulite. L’Anm lo sa benissimo, e per questo mi ha subito chiamato a rispondere davanti ai probiviri. Naturalmente li ho mandati al diavolo”.
Aggiornato il 12 luglio 2024 alle ore 13:24