Strana storia questa della politica e della democrazia. Si è democratici se si va a votare, ma non esistendo nel caso italiano le primarie obbligatorie, accade che prima delle elezioni i giochi delle candidature si aprano e si chiudano nelle stanze inaccessibili delle segreterie politiche. Allora, a questo punto, qual è il valore minimo di soglia del numero dei votanti per dire che un’elezione è valida e non scatti l’obbligo della sua ripetizione? Venti, dieci per cento, o nessun limite verso il basso? Ancora: visto che, oggi, più del 50 per cento dei cittadini aventi diritto non va a votare, chi si incarica di interpretare gli umori (certo negativi) di quel non-voto? Innanzitutto, dove vivono quelli che protestano in silenzio, non sentendosi rappresentati da alcuno? Allora, facciamo l’ipotesi che una fascia rappresentativa di loro abbia radici prevalentemente urbane, come quella, per esempio, che risiede nel disagio negli ammassi periferici delle grandi città. Dopo di che, vale la pena provare a dare loro voce, alla maniera anti-woke, immaginando che quei milioni abbiano proprio questo profilo. Che cosa vede tutte le mattine e tutto il santo giorno la stragrande maggioranza degli italiani non abbienti, che vive al di fuori delle Ztl, quando prende i mezzi pubblici, ridotti in generale in uno stato deprecabile di funzionamento, affollamento e manutenzione? Che sono diventati come i panda, perché in base alla loro navigazione a vista appartengono a uno striminzito 10/20 per cento di autoctoni, contro l’80 per cento di passeggeri, in maggioranza colored, che vengono da tutte le parti del mondo, al netto dei turisti.
Tutti costoro (che di certo non provengono dai “barconi”!) li trovi che gridano ai cellulari, occupati in conversazioni tra di loro all’interno di vagoni e abitacoli chiusi, obbligando anche chi non vorrebbe a una full immersion in una babele di lingue incomprensibili, che tolgono a tutti i passeggeri in transito il diritto alla quiete pubblica. Ora, si chiedono tutti questi milioni di concittadini astenuti girando per le proprie città e utilizzando i mezzi pubblici: che cosa ci fa qui tutta questa bella gente? Com’è venuta? Chi dà loro lavoro? E qual è il vantaggio multicultural tanto vantato dai wokisti progressisti, se così torniamo indietro di secoli nella nostra civilizzazione e modernità? E come accade che si vedono crescere come funghi, in ogni quartiere, soprattutto in quelli storici centrali, miriadi di mini-bazar e negozietti di paccottiglie asiatiche gestiti da extracomunitari? E chi ha consentito senza battere ciglio che accadesse questa seconda gentrificazione, che stravolge la rappresentatività urbana dei ceti sociali e caratterizza quest’era alberghiera anarchica dei Bnb e degli affittacamere, messi al servizio di un demenziale turismo di massa mordi-e-fuggi? Ancora: con quali autorizzazioni spuntano come funghi migliaia di street food, gestiti per i servizi di ristorazione da un esercito di extracomunitari? Da dove viene quel fiume sotterraneo di capitali per tenere aperte tutte queste attività commerciali?
Si chiedono sempre questi 20 milioni: i suddetti lavoratori extracomunitari, che a stragrande maggioranza lavorano in nero e sono degli overstayer (persone straniere con permesso di soggiorno provvisorio scaduto e non rinnovato) a che cosa ci servono, dato che per di più sono rispedibili a casa loro senza colpo ferire, in quanto provenienti da “Paesi sicuri”? È vero o no che tutti i loro proventi vanno a finire in rimesse all’estero, senza che quei milioni di irregolari versino un solo cent alla fiscalità nazionale italiana, pur gravando interamente sul welfare (sanità, scuola, trasporti, soprattutto a causa dei ricongiungimenti familiari) di lavoratori e pensionati italiani che pagano le tasse? I sacerdoti in toga, illustri magistrati della democrazia santificata, che fanno? Perché non indagano? Ma è soprattutto alla responsabilità della sinistra storica che si richiama la protesta silenziosa dei venti milioni. Quella sinistra, tanto per capirci, che ha perduto da tre decenni il suo “Soggetto storico”, contrabbandando la lotta sociale, da tempo scomparsa dall’orizzonte del Sol dell’Avvenire, con la rivendicazione di sempre più “diritti”, che sarebbero di tutti, ma di cui nessuno è disposto a pagare per averli. Soprattutto non sono disposti i lavoratori ex proletari, passati da tempo dalla parte della destra o votatisi all’astensione elettorale di massa. E tutto ciò è accaduto anche grazie all’onda lunga delle delocalizzazioni industriali, di cui si sono avvantaggiati, guarda caso, tutti i compagni gialli asiatici dei post-comunisti occidentali.
Così, le scelte catastrofiche della sinistra europea e americana, avvenute tre decenni fa, sulla falsariga del totalitarismo wokista obamiano, sono divenute dogma inviolabile per i progressisti di tutto il mondo, con particolare rifermento alla piaggeria degli gnomi burocratici che governano l’Unione europea, sia all’interno della Commissione che del Parlamento Ue. Ora, per sfortuna di tutti, stiamo assistendo al crollo dei quattro pilastri della civiltà europea e occidentale: l’Onu; la globalizzazione; l’immigrazione senza frontiere; il multiculturalismo. Il primo, l’Onu, in quanto Organismo mondiale indiscusso del diritto internazionale, è divenuto una cassetta vuota degli attrezzi, sostituiti da una inutile quanto declamatoria maggioranza terzomondista, i cui proclami, editti, sentenze e mandati di cattura delle Corti internazionali rimangono totalmente privi di efficacia. E questo accade perché il mondo ha riscoperto l’uso della forza, con la guerra, la violazione impunita dei confini internazionali, i massacri delle guerre civili tra fazioni e milizie opposte che nessuno è in grado di fermare.
Infatti, da un lato, chi potrebbe farlo ha il diritto di veto in senso al Consiglio di sicurezza e, dall’altro, le Nazioni Unite non hanno una polizia internazionale (cioè, La Forza) a loro disposizione per far rispettare le decisioni dell’Assemblea e delle Corti internazionali. Per di più, l’America Latina, soprattutto negli Stati governati dalla sinistra, come Messico e Venezuela, vanta il titolo di Narco Continente del crimine, dominato dalle gang e dai narcotrafficanti. Tutti gli altri invece si ritrovano nella nebulosa geopolitica del Global South e hanno da tempo preso in odio, e ne hanno fatto il loro nemico planetario, il wokism occidentale del politically correct e il totalitarismo colonialista mascherato da diritto internazionale, modello Pax americana degli ultimi ottanta anni. Il secondo dogma è stato rappresentato dalla globalizzazione. Abbiamo trasferito centinaia di milioni di posti di lavoro in Cina e nei Paesi emergenti, lasciando che in patria restassero solo i “lavoretti”, come Uber, i b&b, Glovo e le legioni di rider. Fine della ricerca industriale avanzata e di quella fondamentale, con conseguente dequalificazione della filiera scientifica degli studi superiori. Questo, e molto altro, ci pare di aver ascoltato dai quei venti milioni di silenzi! A chi la risposta?
Aggiornato il 02 luglio 2024 alle ore 12:22