Il Parlamento europeo ha 720 componenti: il Ppe vanta 189 parlamentari, i socialisti 136, i conservatori e riformisti 83, i liberali 74. Seguono tutti gli altri raggruppamenti. A meno che non si volesse creare una maggioranza composita e molto frammentata, l’unica ipotesi possibile non sarebbe potuta che passare per un’alleanza tra socialisti e Ppe che può contare su una base di 325 seggi da cui partire, per poi aggiungere necessariamente una terza gamba. L’unica terza gamba è quella composta proprio dai liberali. Anche perché i conservatori non avrebbero mai formato una maggioranza con i socialisti, avendo dichiarato in molte occasioni di essere alternativi alla sinistra. Da questa breve disamina dei numeri si comprende quanto infondate e pecorecce siano le ricostruzioni che vorrebbero il Governo italiano fuori dai giochi nella partita dei cosiddetti ruoli apicali della Commissione europea. Le polemiche e i voti contrari da parte dell’Italia sulle nomine frutto dell’intesa a tre tra le principali famiglie politiche europee sono meramente di facciata così come lo è il muro di Ursula von der Leyen che è parsa fredda e ferma nel perseguire il proprio disegno strategico.
La verità è che una qualche forma di ristoro per l’Italia ci sarà sicuramente così come la collaborazione tra la Commissione e il nostro Paese sarà in continuità con il passato. In realtà, le recenti elezioni europee, nonostante la propaganda, non hanno cambiato il volto del Parlamento europeo il cui assetto rimane più o meno il medesimo. Va da sé che ad assetto invariato non possono che corrispondere alleanze invariate e meccanismi rodati da un blocco di potere unito e consolidato. Nulla è cambiato quindi nella politica continentale. I contraccolpi derivanti dalle Europee sono stati meramente interni ad alcune realtà nazionali, come Germania e Francia. Per il resto è cambiato ben poco tanto che la nomina di von der Leyen ha tolto dall’impaccio i conservatori che da oggi potranno gridare al complotto e il Ppe che non avrebbe potuto conciliare l’alleanza con i socialisti e il dialogo con i conservatori. Una exit strategy che pare concordata nonostante nessuno degli attori in causa lo ammetterà mai.
Aggiornato il 01 luglio 2024 alle ore 20:39